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Ven. Dic 27th, 2024

Se per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte una tassazione di bibite e merendine «è praticabile», per i produttori di bevande l’ipotesi è letteralmente irricevibile. Gli industriali delle bibite si dicono preoccupati da «ricette economiche incentrate sull’aumento della pressione fiscale anziché su tagli di spesa pubblica. Da non costruttivi approcci demagogici in cui si diffondono informazioni non corrette, come la dannosità di un bicchiere di aranciata, contrarie alle imprese che investono e creano occupazione in Italia».
Assobibe, l’Associazione italiana degli industriali delle bevande analcoliche in una nota snocciola i numeri che raccontano il danno di una eventuale tassazione. Secondo le stime elaborate sugli effetti dell’ultima proposta di tassa sulle bevande zuccherate avanzata dalla senatrice Ruocco (M5S) nell’ultima Legge di Bilancio, l’esito porterebbe a una contrazione delle vendite pari al 30%, minori consumi finali per l’11% del valore, 10.000 occupati a rischio nelle imprese che operano a monte (fornitori agricoli e non), nella produzione-imbottigliamento, e a valle (commercio). Con conseguente minor gettito Iva (-11%) e minor gettito da tasse da lavoro-reddito (-15%).

Con questa ipotesi, dicono dall’Associazione, circa l’80% delle Pmi passerebbe da un utile a una perdita con un risultato operativo negativo ed evidenti rischi per una quota significativa di piccoli produttori. «Non si comprende –
sottolineano – la motivazione per valutare penalizzazioni ulteriori al mercato di bibite zuccherate già in contrazione
costante da 10 anni (-25% di litri venduti) e assoggettata da una aliquota Iva del 22% rispetto alla media Ue applicata al settore del 16%». Non solo: «È difficile favorire crescita e occupazione con la demonizzazione o la discriminazione di singoli settori industriali, dimenticando peraltro le garanzie costituzionali su concorrenza e proporzionalità delle misure».

Sulla stessa linea anche l’industria alimentare che non intende far cadere nel nulla i passi avanti fatti nella produzione dolciaria, merendine comprese, negli ultimi dieci anni. «L’industria dolciaria ha investito moltissimo per arrivare a produrre prodotti bilanciati che tengono conto specialmente della salute dei bambini da 3 a 12 anni», spiega Mario Piccioluti, Direttore generale di Unione italiana food, l’associazione che rappresenta 400 aziende produttrici in Italia anche di merendine (comprese Ferrero, Barilla e Bauli).

«I risultati raggiunti nella riformulazione delle merendine a fine 2017 hanno superato gli obiettivi condivisi con il Ministero della Salute – sottolinea – oggi una merendina italiana contiene in media circa 8,8 grammi di zuccheri, cioè -30% rispetto a 10 anni fa. Il contenuto di grassi saturi medio di una merendina è di 3 grammi, -20% rispetto a 10 anni fa». «Ma quello che è importante capire – conclude Piccioluti – è che non è efficace porre una tassa per colpire un’errata nutrizione. Dal punto di vista scientifico non esistono cibi buoni o cibi cattivi, esistono invece abitudini alimentari sbagliate e stili di vita non appropriati, che si contrastano con l’educazione alimentare e l’informazione al consumatore».
(Fonte Messaggero)

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