«Un evento di due o tre giorni vuol dire per noi operatori dai 6 ai 7 mila euro di incasso purtroppo in questo momento non è permessa la nostra attività e oltre a non incassare la scorta delle materie prime che abbiamo fatto a inizio stagione è ormai già da buttare; siamo ottimisti, ma guardiamo anche la realtà, tanti di noi non saranno in grado di sopravvivere se non si interviene con misure economiche di sostegno e per ora del nostro settore nessuno del Governo se ne occupa». La voce di Gioni e Pedro, due ragazzi che lavorano in stand a terra dove realizzano la Paella valenciana, anni di esperienza con sede a Padova. È una delle voci dei tanti operatori di strada, coloro che negli anni hanno colorato piazze e strade con il loro “street food”, il cibo di strada, e che con la crisi sono fermi al palo e non solo, ma non vedono prospettive ora che la stagione avrebbe avuto inizio. Loro sono una delle tante attività di cibo di strada che fanno riferimento a Streetfood Italia, l’associazione nazionale, la prima e unica, che da oltre dieci anni non solo organizza eventi (circa 30 ogni anno dal 2010) in giro per l’Italia e Oltralpe, ma che tutela loro come il consumatore con un disciplinare specifico. «Ci siamo fatti portavoce dei nostri associati, gli operatori di strada, già scrivendo una lettera di richieste al Governo Conte – spiega il fondatore dell’associazione e presidente, Massimiliano Ricciarini – per ora però nessuna risposta e anzi, il decreto “Cura Italia” non sembra aver ascoltato la voce delle migliaia di imprese del settore che rischiano di non riaprire più alla fine della crisi e se muoiono, per chi guarda solo all’aspetto economico e sorvolano sulla crisi vissuta sulla loro pelle, sono tanti milioni di euro di introiti in meno per lo stato».
Le problematiche espresse dagli ambulanti di strada. «Ad oggi solo a marzo, rispetto al 2019, registro già un mancato incasso di circa 4.000 euro» dicono Monia e Giuseppe di “Mordicchio on the road”, un food truck con sede a Zibido San Giacomo (Mi). Ancora peggio la situazione per Sandro di “Peri peri Food Truck” (cucina di strada siciliana) con sede nel Bresciano «solo nel mese di marzo e aprile avrei fatto circa 15.000 euro con questa situazione sono a zero perché è tutto fermo, siamo bloccati e non possiamo fare niente». Sabrina e Patrizio di Black Angus food truck producono carne e arrosticini di Angus con base a Pescara. «Lo scorso anno (2019) ad oggi si cominciava già a lavorare con dei buoni eventi, che avremmo dovuto ripetere anche nel mese di marzo di quest’anno, ma che sono evidentemente saltati come salteranno i prossimi in calendario, la perdita non è solo relativa ai mancati incassi (considerando che solo con il mese di marzo abbiamo perso in termini economici dai 20.000 ai 30.000 euro di incassi) c’è da affrontare anche il discorso perdite di materie prime deperibili che erano già in approvvigionamento e l’unica controfferta è dall’INPS di 600 euro che sinceramente non credo possano essere la soluzione, perché una azienda piccola come la nostra, oltre alle spese che sostiene per i singoli eventi, ha degli altri costi fissi ( assicurazioni, affitto magazzini, manutenzione mezzi, elettricità ecc) oltre al fatto che gli oneri fiscali pare siano stati semplicemente rinviati di poco e non cancellati e/o dilazionati a termini medio lunghi, come si doveva auspicare in una situazione del genere».
Marco di Wonderfood Truck (Pinsa romana) con sede a Roma dice che «il crollo del nostro fatturato è del 100%: 50 mila euro al mese e un totale di 6 dipendenti fra laboratorio e truck. Ho fatto richiesta per la cassa integrazione per i ragazzi (dipendenti) perché solo in questi giorni la regione Lazio ha permesso il via alla pratica, spero questi soldi arrivino presto». Francesco e Roberto di Brother’s food truck (hamburger di Scottona e marchigiana – sede Napoli) con food truck su roulotte «siamo in grave difficoltà. Ad oggi registriamo una perdita di circa 4000 euro netti se mettiamo da carnevale ad oggi per non parlare delle spese di affitto di casa 500 e box per il caravan 100 euro mensili piu tutte le spese per luce, acqua, gas e cibo per le nostre famiglie».
Andrea di MAD For BBQ (Food Truck con prodotti cotti con Barbecue stile USA, Rimini e ristorante a Santarcangelo di Romagna) «La nostra attività al momento sta attraversando, come tante, un serio momento di difficoltà sia economica che finanziaria. Le attività previste dal mese di marzo sono state tutte soppresse per motivi che sappiamo e, venendo da alcuni mesi di inattività, si sentono fortemente sugli equilibri finanziari che avevamo. I dipendenti sono in cassa integrazione, i soci titolari non percepiscono indennità, i dipendenti stagionali non sono stati assunti. I danni che stiamo riportando, oltre che economici e finanziari, si ripercuotono anche sull’occupazione e sulle attività di natura ludico sociale che si stavano instaurando con i clienti. A nostra volta i fornitori che ci rifornivano abitualmente stanno di conseguenza vivendo quello che stiamo vivendo noi che a loro volta si ripercuotono sull’occupazione e sul tessuto economico di un territorio che colpisce oltre che localmente anche le necessità di welfare di un paese già al limite dell’equilibrio. Speriamo finisca presto e che arrivi un serio aiuto da parte del governo e dall’Europa, aiuti che, se non pensati seriamente con effetti efficaci ricadranno su quelle abitudini e servizi che fino a poco tempo fa davamo per assodati»
Franco de La Bombetta di Alberobello (Apecar con Bombette di Alberobello, Bari, Puglia) «In questo periodo sono a terra. Il 6 gennaio ho portato a casa nemmeno 1000 euro con tutto quello da pagare fatto in un evento a Roma, ho tolto qualcosa dovendo partire dall’evento Arezzo (evento Streetfood Italia Truxelection a Campo di Marte 6-7-8 Marzo) fino a Novara e avevo in programma la bellezza di 10 fiere a dir poco buone con media di incasso di 5-6 mila euro, ad ora con 0 euro in cassa questa è la mia situazione».
«Commercianti ambulanti e organizzazione eventi sono dimenticati dalle istituzioni a partire dal Governo fino alle Associazioni di categoria – chiosa Ricciarini – eventi di successo organizzati da noi dal 2010 girando l’Italia e riempiendo hotel e aumentando l’indotto, equivalgono a incassi degli operatori del settore e milioni di euro versati all’erario ogni anno dalle tante partite iva di commercio ambulante (in progressivo aumento di numero) e organizzatori: micro imprese e PMI. Idem per gli eventi organizzati da associazioni di categoria come Confcommercio e Confesercenti e da altre realtà entrate ad operare nel comparto sempre in maggior numero dal 2014 ad oggi. I mercati settimanali e rionali in tutta Italia e circuiti di Eventi come Mercato Europeo e Mercato internazionale coinvolgono dai 100 ai 200 operatori ambulanti ad evento iscritti al circuito Anva e Fiva. Quelle stesse associazioni, con un certo peso politico, presumiamo si stiano battendo per tutelare il settore ma ad oggi non ci è dato sapere quali forme di sostegno prevede il governo per tutti noi organizzatori e associazioni di categoria e relative attività di commercio ambulante iscritte. A leggere i vari decreti usciti compreso il DL “Cura Italia” nessuna tutela è prevista e purtroppo se questo è l’andazzo si prevedono chiusure di attività e relativo mancato introito nelle casse dello stato. Ben venga la tutela della salute in primis ma non si tratta di tapparsi gli occhi e pretendere a prescindere di continuare a organizzare eventi prevedendo assembramenti e contagi in aumento esponenziale, bensì si tratta di pretendere forme di tutela per tutte le attività del comparto senza differenze e senza esclusione alcuna in attesa di ripartire una volta rientrato l’allarme Covid-19. Altrimenti che futuro c’èper il settore? Che futuro c’èper l’Italia?»
L’Associazione Streetfood è la prima realtà in Italia che ha inventato nel 2010 il format di un calendario di decine di eventi street food sul territorio italiano e anche Oltralpe (Costa Azzurra tra il 2017 e 2019). Partendo da Marciano della Chiana (AR) oggi è a tutti gli effetti una carovana di auto-negozi (food truck) e stand selezionati in base a un “decalogo del buon artigiano del Gusto” che viaggiano in lungo e in largo portando la qualità della cucina di strada tradizionale e storica di varie regioni italiane a casa degli Italiani. «Il fenomeno Cibo di strada o “Street Food” – evidenzia ancora Ricciarini – a tutti gli effetti ha dato lavoro a sempre più numerose attività ambulanti e itineranti e chef di ristoranti che si sono reinventati adattando il proprio menù a un consumo “per strada”. Parimenti sono nate o si sono specializzate realtà del comparto metalmeccanico costruttrici di autonegozi (food Truck) che hanno migliorato la qualità e il design al servizio delle succitate attività ambulanti».
Streetfood Village, un modello nazionale. Il format ideato da Associazione Streetfood è stato di ispirazione se non addirittura emulato in toto da sempre più numerose realtà emergenti organizzatrici di eventi sullo stesso tema indicativamente dal 2014 ad oggi. Realtà più o meno improvvisate, che hanno generato un certo disordine sia in termini di proposta gastronomica che di livello organizzativo, ma hanno ampliato e potenziato inevitabilmente l’indotto. Una rete sempre più fitta di aziende del settore ha portato flussi di persone in numerose città italiane, attivando così la conoscenza del territorio, gli acquisti presso i negozi locali sia di prodotti agroalimentari tradizionali che di altre merceologie. Gli hotel hanno ospitato sia gli operatori partecipanti che i visitatori provenienti da varie parti d’Italia che hanno così acceduto a ristoranti, pizzerie, bar ed enoteche locali con indubbio beneficio economico.
I numeri dell’associazione. Oggi, dopo dodici anni di attività, l’Associazione può vantare numeri importanti per il settore. A partire dagli eventi che negli anni hanno toccato oltre 140 città italiane, portando in degustazione centinaia di cibi di strada italiani e non solo, raggiungendo, si stimano, circa 9 milioni di appassionati negli oltre 460 eventi messi in piedi. A questi eventi vanno aggiunti, oltre alla somministrazione di cibi “certificati”, anche attività culturali collaterali, come le visite guidate ai centri storici delle città che hanno ospitato i cosiddetti “Streetfood Village”, ma anche convegni, seminari e master di approfondimento. Oltre a questo sono decine le tesi di laurea alla quali l’associazione ha contribuito, centinaia i professionisti aiutati a entrare in questo settore partendo da zero.