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Mer. Dic 25th, 2024

(…) “Il Verdicchio è probabilmente il più grande vitigno autoctono bianco italiano”. Così il giornalista Eric Asimov apre alla sua passione e alla sua reverenza verso questo vitigno, citando Ian D’Agata e il suo ” Uve da vino autoctone d’Italia”. “Questa affermazione può sorprendere chi ha provato solo vini verdicchio neutri o acquosi – continua – a volte anche imbottigliati” in maniera improbabile, ma questo vino, sottolinea il giornalista, è uno dei protagonisti della rinascita dei vini bianchi italiani degli ultimi 20 anni. “Una vera rivelazione”, se ci si approccia ai vini contemporanei, scevri dai vecchi manierismi del “discreto numero di cattivi vecchi vini” che ancora si può trovare in giro. Un amore profondo e convinto che porta direttamente nella grande mela una delle punte di diamante della nostra viticoltura, con uno sprint deciso. Nell’articolo vengono citate tre etichette di Verdicchio, lasciate come “compito a casa” della Wine School del NYT: i lettori acquistano il vino e lo provano, qualche settimana dopo si apre la discussione con il giornalista e via all’approfondimento. Un Verdicchio Deal, o quasi. Un racconto d’Italia, sicuramente.
Il New York Times celebra il Verdicchio: “Il più grande vino bianco italiano”
I vigneti della cantina Collestefano

L’Italia del centro: il Verdicchio fin dal 700 a.c.è stato considerato, a ragione, uno dei più grandi tesori delle Marche, terra di comuni, di nobiltà – notoriamente appassionata di vino – e oggi terra di cantine all’avanguardia e di vini estremamente contemporanei, come non perde occasione di ricordare Asimov. Sapido, minerale, con una grande persistenza aromatica e olfattiva sono parte del dna di questo vino con una grande capacità di invecchiamento, rara da trovare in queste modalità in un bianco. Accanto alla denominazione principale (Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc) c’è la più piccola, ma altrettanto preziosa, denominazione del Verdicchio di Matelica Doc, nata nel 1967 e da allora espressione fiera di un territorio che si divide tra la montagna e il mare, portando nella bottiglia la fierezza e il carattere di una terra orgogliosa e antica come le Marche. A differenza del Verdicchio di Jesi, variegato e leggiadro a causa della vicinanza con il mare, il Verdicchio di Matelica è strutturato, con i piedi ben piantati per terra e tanta storia da raccontare a causa dei suoli più pesanti nella struttura geologica: pochi chilometri e mille volti per lo stesso vino.

Tre sono le etichette principali citate nell’articolo del New York Times come esempio e banco di prova per approfondire la conoscenza di questo vino. Verdicchio di Matelica Le Salse 2018 in primis, della Cantina Belisario, presente sul mercato italiano con cinque differenti tipologie di Verdicchio, sempre vinificato in purezza, sempre pluripremiato. Segue Il Verdicchio di Matelica 2018 di Bisci: terreno e vinificazione in regime biologico, uva raccolta a mano, pressatura soffice per un vino che regala tutti i sentori più classici della sua storia. Fiori bianchi, ananas, mela. Chiude in bellezza un cult della denominazione, il Verdicchio di Matelica 2019 dell’azienda Collestefano: riconosciuto come uno dei migliori della denominazione è un punto di riferimento.
Chiudono la ideale Top 11 del NYT le seguenti cantine: La Staffa, Villa Bucci, Pievalta, Garofoli, Fontezoppa, Fattoria San Lorenzo, Velenosi e Umani Ronchi.


Fonte https://www.repubblica.it/sapori/2020/07/16/news/vino_new_york_times_celebra_verdicchio_di_matelica-262089060/

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