A contribuire al tagli degli sprechi alimentati è anche il ritorno con l’emergenza Covid della gavetta portata al lavoro per più di 1 italiano su 2 (53%), magari recuperando gli avanzi della sera prima. E’ quanto emerge dai risultati di un sondaggio condotto sul sito www.coldiretti.it diffusi in occasione della Giornata nazionale contro lo spreco alimentare che si celebra il 5 febbraio.
Il maggior tempo passato in cucina per i lockdown – spiega Coldiretti – e l’esigenza di ridurre al minimo i contatti per paura dei contagi si riflettono anche sulle abitudini alimentari, con una tendenza alla “autarchia” peraltro favorita anche dalle difficoltà vissute dalla ristorazione. Il risultato è che oltre la metà degli italiani dipendenti si porta il pranzo da casa per consumarlo sul posto di lavoro a distanza di sicurezza dai colleghi. Un altro 27% – continua la Coldiretti – va a casa a mangiare mentre un 2% si fa consegnare il cibo direttamente in ufficio e un ulteriore 5% va a prenderlo d’asporto. Appena il 4% delle persone approfitta della mensa aziendale – precisa la Coldiretti – e solo il 9% si reca nei bar e ristoranti nelle regioni in cui sono ancora aperti.
La scelta del cibo in gavetta è legata spesso al menu del giorno prima – rileva la Coldiretti – con la tendenza a recuperare gli avanzi, spesso ricorrendo alle ricette della tradizione popolare come polpette, frittate, pizze farcite, ratatouille. Non a caso il 55% degli italiani ha ridotto gli sprechi alimentari, secondo un sondaggio Coldiretti e a confermarlo è anche il calo della quantità di cibo finita nella spazzatura, passato dai quasi 31 chili del 2019 ai 27 chili nel 2020, secondo dati Waste Watcher. Questo significa 222.125 tonnellate di cibo ‘salvato’ e un risparmio di 6 euro pro capite, ovvero 376 milioni di euro a livello nazionale, in un intero anno.
Nonostante ciò il problema resta però rilevante se si considera che nel 2020 – spiega Coldiretti sono 5,2 milioni le tonnellate di alimenti finiti nella spazzatura tra quello che si getta tra le mura domestiche e ciò che riguarda tutta la filiera, per un valore complessivo di circa 9,7 miliardi di euro.
Non si tratta solo di un problema economico ed anche ambientale ma anche etico se si pensa che sono 4 milioni gli italiani costretti a chiedere aiuto per mangiare nel 2020, un numero praticamente raddoppiato rispetto all’anno precedente, secondo una stima della Coldiretti sulla base dell’ultimo rapporto di attuazione sugli aiuti alimentari distribuiti con il fondo di aiuto agli indigenti (Fead) relativo al periodo 1994-2020. La punta dell’iceberg della situazione di difficoltà in cui si trova un numero crescente di persone costrette a far ricorso alle mense dei poveri e molto più frequentemente – conclude la Coldiretti – ai pacchi alimentari, anche per le limitazioni rese necessarie dalla pandemia.