“Un caffè per favore”. Si fa presto, a dire “mi fa un caffè”, specialmente se dietro al banco c’è un giovane professionista che viene dalla formazione di nuova generazione. L’Espresso Italiano, uno dei prodotti mito del Made in Italy nel mondo, è sempre più un bene nelle “mani”, è il caso di dirlo, di professionisti, i baristi, che oltre a farlo di qualità lo sanno anche raccontare al consumatore finale. Del resto l’Istituto Espresso Italiano (l’organizzazione che raccoglie molti protagonisti del settore) negli ultimi anni ha puntato soprattutto nella formazione la propria attenzione. Nell’anno della pandemia formazione, qualità e ospitalità hanno saputo fare la differenza. L’Istituto Espresso Italiano ha condotto una indagine tra i propri associati raccogliendone storie di successo.
Chi è il barista del futuro? «Il barista ha il delicato compito di accogliere il cliente, capire le sue esigenze e soddisfarle nel migliore dei modi, unendo di fatto la filiera produttiva del caffè con quella del consumatore, un compito difficile, specialmente in un periodo nel quale la qualità e il valore economico si fondono, integrati da un approccio sempre più ecosostenibile del nostro pianeta ed è qui che le torrefazioni possono svolgere un ruolo di supporto decisivo per una svolta importante nella vita professionale dei baristi, grazie alle loro risorse formative ed ai loro prodotti bio e green». È la definizione di un giovane professionista, Christian Herrera, head barista presso il Costadoro Social Coffee Factory, che è arrivato dall’Ecuador a questo ruolo dopo percorsi formativi, assaggiatore di caffè dello IIAC (Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè) e corsi di latte art, partecipando a diverse selezioni regionali fino a qualificarsi alle finali nazionali di diversi circuiti di gara. «È quasi maniacale la ricerca dell’espresso perfetto da servire ai clienti a rispetto del loro denaro e del prodotto che lavoriamo e serviamo – sottolinea Laura Vesco, Store Manager del locale speciale di Costadoro – speriamo di tornare il prima possibile ad aprire le porte a più persone possibili per convogliare il messaggio del caffè di qualità grazie all’aiuto dei nostri bravi e preparati baristi».
In tempi di crisi c’è persino chi apre nuove attività. E’ il caso dello storico Gamberini 1907 di Bologna che di recente, grazie alla preziosa collaborazione con il gruppo Filicori Zecchini, ha aperto un nuovo caffè-pasticceria a Firenze. «Cementando una collaborazione di lunga data, che per molti anni ci ha visti fornitori di Gamberini 1907 a Bologna, senza riserve abbiamo appoggiato la loro scelta coraggiosa di aprire un locale a Firenze, nel bel mezzo di uno dei momenti più difficili per il nostro settore, convinti più che mai che l’unico modo per uscire da questo difficile periodo è puntare tutto sulla conoscenza e sulla qualità dell’offerta nonché sull’attenzione da dedicare al cliente», commenta Luca Filicori, AD dell’azienda.Formazione come risposta alla crisi Covid-19. A Forlì Paolo Hu, nella sua pasticceria Amadori, è riuscito a combattere la crisi del Covid-19 anche grazie a un percorso di affiancamento con la torrefazione Essse Caffè. «All’inizio le problematiche erano tantissime, dagli aspetti tecnici, a quelli economico-finanziari fino alla gestione del personale e della comunicazione del mio locale – dice il giovane barista titolare della pasticceria – la scelta di collaborare con Essse Caffè si è rivelata fondamentale perché non solo ho trovato un prodotto eccellente, ma un vero partner con il quale condividere e affrontare il mio ambizioso e difficile progetto e grazie al suo centro di formazione, composto da veri professionisti, quali docenti, esperti e consulenti, le mie problematiche si sono trasformate in opportunità. Essse Caffè in questo anno di pandemia ci è sempre stata vicina e ci ha fornito un quadro generale della situazione in continuo cambiamento, ci ha dato consigli su come muoverci in questo difficilissimo scenario sia a livello pratico che a livello strategico, ma soprattutto mi ha dato utili suggerimenti su come approcciare il tipo di mercato che ci riserverà il futuro, una volta usciti da questa difficile condizione». «Ho avuto il piacere di condividere con Paolo le sue realizzazioni imprenditoriali, e la stessa possibilità l’ho avuta con tantissimi altri clienti di Essse Caffè, imprenditori competenti e soddisfatti, che forse, in questo momento di crisi, soffrono un po’ meno rispetto a tanti altri anche grazie agli strumenti che abbiamo messo a loro disposizione», commenta Vito Campanelli, brand ambassador di Essse Caffè.
Gli italiani vogliono tornare a godersi il caffè al bar. Il Covid-19 non riesce ad alterare significativamente l’immagine assolutamente positiva che gli italiani hanno del bar. Secondo una indagine realizzata durante il primo lockdown da YouGov per Istituto Espresso Italiano infatti questo rimane per il 25% del campione intervistato l’occasione per passare tempo con gli amici e i colleghi (prima della crisi erano il 33%) e per un altro 25% un momento di pace e relax (stessa percentuale di prima dell’emergenza). Italiani tra l’altro disposti a pagare un prezzo maggiore per il caffè al bar: il 72% si dichiara pronto a farlo in presenza di una maggiore sicurezza del luogo di consumo, il 68% in presenza di una qualità migliore. Al primo posto tra gli accorgimenti più apprezzati l’igienizzazione continua dei tavoli (42% del campione intervistato) e la pulizia di stoviglie con prodotti particolari (29%).
Il comparto bar: un settore che traina l’economia italiana. Con oltre 149mila bar sparsi in Italia, ogni giorno vengono serviti in media 175 caffè, cioè il 32,5% di fatturato del bar. Il mercato del caffè (bar, ristoranti e hotel) sfiora i 2 miliardi di euro all’anno. In sei regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Campania) si concentrano i due terzi delle imprese del settore. Il 54,2% di queste imprese è una ditta individuale e la variabilità regionale intorno a questo valore è assai sostenuta. La forbice va dal valore minimo dell’Umbria (43,1%) a quello massimo della Calabria (77,3%). Il 31,3% delle imprese sono società di persone, mentre la quota delle società di capitale è di poco al di sopra del 13%.