Il Food & beverage è un business in grado di generare 64 mld di euro aggiuntivi. E come quindi ripartire, e su quali basi, è il quesito centrale che sta tenendo banco durante la quinta edizione del Forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage” promosso da The European House – Ambrosetti e in corso in forma digitale oggi venerdì 4 e domani sabato 5 giugno.
Un appuntamento che va in scena a Bormio per una due giorni densa di confronti e dichiarazioni di esponenti di spicco del settore agroalimentare italiano, a cui si aggiungono quelle di sportivi, nutrizionisti ed esperti economici.
Il comparto è vitale per un Paese, l’Italia, capace di generare oltre 64 miliardi di euro di valore aggiunto. Per intenderci, tre volte rispetto all’automotive di Francia e Spagna e più del doppio della somma dell’aerospazio di Francia, Germania e Regno Unito, ma soprattutto un settore che ha saputo reggere meglio di chiunque altro il duro impatto della pandemia, riportando nel difficile 2020 una flessione tutto sommato contenuta nel valore aggiunto (-1,8%).
Ad aprire oggi il Forum di Bormio Valerio De Molli, Managing Partner e Amministratore Delegato di The European House – Ambrosetti, con la presentazione del Rapporto “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage”.
Dalla ricerca sono emersi indicatori strategici sul futuro del comparto agroalimentare, nonché un sentiment che lascia ben sperare se si guarda avanti. Innanzitutto, lo studio ha mostrato che il Covid, nel 2020, “non si è fatto sentire negativamente sul fatturato di ben sette aziende su dieci, che hanno dimostrato di avere registrato un aumento del proprio giro di affari mentre oltre la metà ha mostrato ottimismo dichiarandosi fiducioso sulla possibilità di crescere anche nel 2021”.
I dati hanno poi evidenziato come la situazione a livello di canale sia profondamente cambiata: se la GDO ha segnato un rialzo del 2,2%, l’Horeca al contrario ha subito una pesante contrazione pari al 36,5%, tornando ai livelli del 2002. Da segnalare poi la rinata vitalità dei negozi di prossimità, che hanno incrementare la propria quota di mercato al 18,9%.
Sul fronte e-commerce, lo scorso anno le vendite sul web del settore food&grocery hanno contato solo per l’1,7% del totale acquisti, ma con una crescita nel 2020 del 56%. Complice le chiusure degli esercenti del fuori casa, il food delivery ha generato un valore pari a 706 milioni di euro, con l’obiettivo quest’anno di compiere un ennesimo balzo in avanti e registrare un giro di affari di 1 miliardo di euro.
Da notare che il servizio di delivery ha raggiunto il 100% nei Comuni con almeno 50 mila abitanti e che i pagamenti sette volte su dieci sono stati effettuati con modalità cashless.
Il quadro generale delle vendite oltreconfine è stato positivo e il valore record di 46,1 miliardi di euro è risultato in crescita dell’1,8% rispetto al 2019. Inoltre, per la prima volta negli ultimi dieci anni, la bilancia commerciale italiana è risultata avere un saldo positivo pari a 3,1 miliardi di euro.
Il Rapporto ha comunque nuovamente richiamato l’attenzione sul gap che l’Italia sconta come export nei confronti di altri paesi europei. Significativo il fatto che un mercato strategico come quello cinese non sia ancora tra i primi dieci destinatari di prodotti agroalimentari italiani, al contrario di ciò che succede per altri paesi dove il Paese del Dragone è tra i principali approdi a livello internazionale.
Nel Rapporto si è anche esaminata la questione Brexit, sulla quale gravano incognite e timori. Con una quota del 12% sul totale, il Regno Unito risulta uno dei mercati prioritari per l’export di prodotti alimentari italiani. I primi dati sono però preoccupanti: nel mese di gennaio e di febbraio 2021 le esportazioni sono risultate in calo del 15% rispetto allo stesso periodo del 2020.
Al Forum di Bormio occhi puntati poi sul rapporto salute e cibo: basti sapere che un italiano su tre conduce una vita sedentaria, mentre il 45,5% risulta sovrappeso, con una quota di bambini delle scuole primarie, pari al 29,7%, risultata in condizione di eccesso ponderale (il 9,4% è obeso).
In quest’analisi, molte aspettative sono state poste sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), che prevede lo stanziamento di 5,46 miliardi di euro destinati allo sviluppo di una filiera agroalimentare sostenibile e di progetti di economia circolare.
L’89,5% delle imprese generano un fatturato annuale inferiore ai 10 milioni di euro e contribuiscono ai ricavi – spiega lo studio – per una quota del 15,2%, a differenza delle grandi imprese (con un giro di affari superiore ai 50 milioni di euro) che, pur essendo solo il 2,6% delle realtà complessive, contribuiscono da sole a generare circa il 60% dei ricavi totali del settore.
La dimensione ridotta, sostiene lo studio, ritarda e crea più resistenze a investire.
Fonte Agi