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Sab. Dic 21st, 2024

Ecco quali sono i cibi che ci porteremmo anche su un altro pianeta e quali invece quelli da limitare per ridurre l’impatto su salute, comunità locali e ambiente.

 È indubbiamente in atto da tempo una trasformazione della consapevolezza sulla nostra alimentazione che potrebbe rappresentare quella svolta che serve al pianeta per tornare ‘in forma’. Uno studio realizzato da Nestlé[1] evidenzia come abbiamo preso atto di una nuova visione riguardo al cibo e a come questo contribuisce alla nostra salute e a quella del Pianeta.

Nel 2019 la Commissione EAT-Lancet, composta da 37 scienziati e ricercatori da 16 Paesi, ha pubblicato un rapporto sul Global Planetary Health Diet[2], da cui si evince che la produzione di cibo e il nostro stile alimentare sono la principale causa mondiale dei cambiamenti climatici, inoltre venivano date precise indicazioni su quali cibi, e in che quantità, dovrebbero far parte della nostra dieta quotidiana. Ovvero frutta e verdura devono costituire metà del piatto, mentre un terzo sarà dato da cereali integrali e che la maggior parte delle proteine devono arrivare da legumi e frutta a guscio.

Lo studio Nestlé su Cibo e Futuro è il passo successivo che esplora la percezione dei consumatori sui diversi cambiamenti in atto e sui cibi che daranno la svolta necessaria per restituire vigore alla Terra. La bella notizia è che lo studio Nestlé ha effettivamente rimarcato un cambiamento oggettivo nella popolazione, perlomeno italiana, con una risposta positiva che lascia ben sperare.

Il primo punto che lo studio Cibo e Futuro ha osservato riguarda i cibi che vengono considerati fondamentali per l’umanità, cioè quelli che vorremmo portare su un altro pianeta in quanto del tutto irrinunciabili per il nostro benessere. Questa è la top five da portare su Marte: verdure 62%, frutta 59%, riso e cereali in generale, 42%, legumi e acqua a pari merito con 40%.

Alla domanda, a quale dei cibi considerati del futuro si pensa di adattarsi in tempi rapidi, gli italiani preferiscono giocare facile e rispondono per la maggior parte: le alternative vegetali 57%, le radici 39%, le alghe 37%, le micro-proteine (di origine fungina) 21%.

Ma quando viene chiesto loro ‘Quali cibi avresti più difficoltà ad accettare/introdurre nella tua alimentazione’, il feedback è quasi unanime: gli insetti per il 74%.

Cambiando tema, viene chiesto agli intervistati di fare un semplice ma importante esercizio: indicare quali cibi reputano più impattanti sull’ambiente in relazione ai diversi fenomeni quali i cambiamenti climatici, l’erosione delle foreste, la gestione dei rifiuti, l’estinzione di alcune specie animali, lo spreco dell’acqua, lo sfruttamento dei lavoratori e la salute umana. Carne rossa, bevande gassate e alcolici sono tra gli alimenti che destano maggiore attenzione e che dunque dovrebbero essere assunti con moderazione.

Stando ai dati dell’Osservatorio Nestlé, la carne viene assunta per il 57% dalle 2 alle 4 volte a settimana. Un consumo quindi abbastanza appropriato e corretto, che potrebbe essere un valido compromesso fra la nostra salute e quella dell’ambiente.

Chi segue diete particolarmente rigide e non bilanciate è più soggetto ad incorrere in carenze, anche gravi”, dichiara il Dott. Giuseppe Fatati, Presidente dell’Osservatorio Nestlé. “Oltre alle proteine nobili, la carne contiene vitamina B12, essenziale nei processi di formazione dei globuli rossi e per le cellule del sistema nervoso”.

La ricerca Cibo e Futuro di Nestlé è un occhio sul futuro ma non solo, realizza quanto sia necessaria – e ormai impressa nell’immaginario di tutti – la ricerca di un nuovo equilibrio nelle abitudini e nei sistemi alimentari. Lo studio Nestlé permette anche una lettura positiva nei confronti dei nostri connazionali: chi infatti era ancora fermo allo stereotipo degli italiani dipinti in alcuni film dei passati decenni come simpatici pasticcioni, attenti solo a soddisfare il piacere del palato, dovrà ricredersi. Dalla ricerca Nestlé emerge una nuova Italia a cui piace sì mangiare sano e mangiare bene, ma anche in modo sostenibile, con la volontà di salvaguardare l’ambiente il più possibile e di ridurre gli effetti del cambiamento climatico. Un Paese ben avviato verso la sostenibilità alimentare, insomma, ma sempre sulle tracce delle proprie tradizioni alimentari.


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