Automazioni, robotica, struttura aziendale, raccolta e analisi di dati e modelli di business che esulano dal servizio in sala come l’e-commerce o lo sviluppo di merchandising. Sono alcuni degli aspetti che caratterizzeranno i ristoranti nei prossimi 30 anni emersi al Forum della Ristorazione in corso a Bologna, all’interno di Fico, organizzato dall’agenzia RistoratoreTop e dall’Osservatorio Ristorazione per circa 300 operatori del settore chiamati a confrontarsi sul tema degli scenari futuri. Se sul piano del cibo assisteremo a pochi cambiamenti rispetto alla situazione attuale, nonostante una progressiva verticalizzazione e specializzazione dell’offerta gastronomica, con numerose contaminazioni provenienti dall’estero, la vera rivoluzione investirà la figura dei ristoratori e il loro approccio al business, chiamati a trasformarsi in una vera e propria struttura aziendale, a prescindere dalle dimensioni del locale, per stare al passo con le trasformazioni del mercato e delle abitudini di consumo accelerate negli ultimi mesi dalla pandemia.
Dalla tre giorni di manifestazione, che ha visto intervenire anche il tre stelle Michelin Heinz Beck, Antonio Civita di Panino Giusto e Teo Musso di Baladin, è emerso che nei prossimi anni continueranno a crescere i locali “accessible cool”, ovvero ristoranti accessibili ai più, ma vissuti dagli utenti come tendenti al lusso grazie ad un importante lavoro sull’immagine e sulla qualità percepita, i locali etnici o forme di fruizione dei pasti “all-in-one”, cioè piatti unici accompagnati al massimo da un antipasto e da un contorno, e i locali definiti “accessible convenience”, accessibili a chiunque, dal buon rapporto qualità-prezzo per il consumatore ma dalla bassa marginalità per il ristoratore, che tenderà a lavorare più sulla quantità di scontrini battuti piuttosto che sul loro valore medio. In questo contesto di forte contaminazione e di adeguamento dell’offerta al potere di acquisto di una società sempre più delineata da una marcata forbice socio-economica, si consolideranno i settori agli antipodi: il lusso e i baluardi della tradizione gastronomica italiana, come le osterie e le trattorie della suddetta fascia “accessible convenience”.
“Continueranno a proliferare anche le dark kitchen, le cucine non aperte al pubblico e costruite per il delivery – spiega Lorenzo Ferrari, fondatore dell’Osservatorio Ristorazione – ma nulla sostituirà mai la ristorazione tradizionale, dove regna sovrana l’esperienza vissuta in presenza e la ricerca di atmosfere e sapori cristallizzati nel nostro immaginario”.
Ciò che invece cambierà radicalmente nel ristorante del futuro sono la figura del ristoratore e i meccanismi di funzionamento dei suoi locali. Dalle analisi emerse in occasione del Forum, l’attività ristorativa non potrà prescindere da 7 aspetti fondamentali: la strutturazione interna, simile ai modelli aziendali, con al centro produzione (cucina e sala), amministrazione e finanza, marketing; il lavoro sul brand, sul marchio e la sua identità, ovvero l’insieme delle sensazioni, delle percezioni e delle immagini residue che aleggiano nella mente del cliente; il marketing, che sarà sempre più internalizzato e che serve non solo ad acquisire, stupire e fidelizzare i clienti, ma anche ad attrarre talenti e personale qualificato, aspetto già oggi cruciale per la categoria; la tecnologia, compresa l’automazione, sostituirà buona parte dei processi manuali e ripetitivi, a basso valore aggiunto, mentre le strategie e le decisioni complesse continueranno ad essere appannaggio degli esseri umani; il modello di business, che sarà sempre più antifragile, ovvero in grado non solo di resistere ai periodi di stress, ma di crescere e migliorare se messo di fronte a stravolgimenti: l’era pandemica ha visto implementare a tappeto delivery e take away, ma i prossimi decenni saranno il palcoscenico di altri modelli alternativi oggi diffusi embrionalmente, quali il personal brand del ristoratore, l’ecommerce, la bottega, i sistemi di affiliazione, il merchandising e persino la consulenza; il piano di espansione per i ristoratori che intendono crescere, declinabile in categorie codificate e ibridabili: franchising, aperture dirette, local domination (numerose attività diverse sullo stesso territorio), brand (lavorare su personaggio o marchio), cherry picking (apertura mirata del locale giusto nel territorio giusto), destination (locale raggiunto da clienti di tutto il mondo per il suo marchio, non per l’area geografica che lo ospita); raccogliere, analizzare e monitorare dati per prendere le decisioni, anche i dati dei clienti che ne autorizzano l’utilizzo.
“Si tratta di approcci che saranno presto necessari – prosegue Ferrari – non necessariamente per prosperare, ma anche solo per sopravvivere, dato che il settore ristorativo richiede già oggi competenze complesse e tanta flessibilità, come dimostrato dagli impatti della pandemia. Gli ultimi venti mesi hanno modificato radicalmente da un lato abitudini di scelta e fruizione dei locali, dall’altro l’offerta, la reperibilità e le modalità di accesso”.
Tra le ricerche presentate al Forum, l’analisi dati della web app Plateform, installata su 770 ristoranti in Italia, ha preso in considerazione gli ordini di 1,69 milioni di coperti processati da gennaio ad ottobre 2021 mettendo in luce che il 33,57% delle prenotazioni oggi arriva da web (con mediamente 43,98 ore di anticipo), il 54,4% da telefono (con 1,5 giorni di anticipo) e solo il restante 12,03% da clienti di passaggio. Cresce progressivamente anche il numero di clienti che intende dare un’opinione rispetto all’esperienza vissuta al ristorante: uno su tre compila i sondaggi proposti dal locale, mentre uno su 25 lascia una recensione sugli appositi portali o sui social, che insieme rappresentano lo strumento di scelta del ristorante per il 37,9% delle persone (dati Osservatorio Ristorazione). I dati di Plateform post-riaperture nel 2021 raccontano anche un prevedibile calo degli ordini di delivery e take away, con -61,5% da marzo a giugno, e di una altrettanto prevedibile crescita esponenziale delle prenotazioni in presenza, con +988%.
“Questi dati, apparentemente banali, vanno a corroborare l’identikit delineato in occasione del Forum – conclude Ferrari – perché restituiscono un quadro chiaro dell’attuale scenario, completamente diverso rispetto a quello pre-pandemico e illuminante rispetto agli sviluppi nell’immediato futuro: la tecnologia e la capacità di adattarsi sono strumenti fondamentali per la sopravvivenza del ristoratore, mentre, per quanto riguarda i clienti, l’esperienza al ristorante rimane cruciale e prescinde dai cambiamenti strutturali del locale”.
Secondo Teo Musso, fondatore di birra Baladin, “il ristoratore svolgerà il ruolo cruciale di custode e promotore per le generazioni oggi più giovani di momenti e forme di socialità che tengano acceso il contatto umano, già insito nel corredo genetico di un locale aperto al pubblico. Contatto umano minacciato dall’eccesivo e scriteriato utilizzo di dispositivi elettronici per comunicare virtualmente”.
Heinz Beck, del ristorante la Pergola di Roma, punta invece l’accento sulla sempre crescente tendenza, non solo nell’alta cucina, a “calcolare l’apporto nutrizionale delle materie prime, scelte con maggiore attenzione e utilizzate nella loro interezza per evitare sprechi, in ottica di cura della filiera produttiva territoriale, attenzione all’ambiente e alla salute del consumatore, diventato molto sensibile rispetto al concetto che il cibo consumato al ristorante non viene proposto solo come esperienza di gusto, ma anche di nutrizione”.
Il Forum della Ristorazione, giunto alla seconda edizione dopo l’evento pilota di marzo 2019, è realizzato con la collaborazione di Cassa in Cloud e Apg Consulting con lo scopo di delineare, dati e analisi concrete alla mano, trend attuali e futuri della categoria con la partecipazione attiva degli operatori del settore.