Zaghini:”Siamo cresciuti, ma abbiamo davanti sfide e ostacoli impegnativi”
Nel 1951, il 1° giugno, a Stresa, tecnici e operatori caseari europei siglarono una “Convenzione”, nella quale fissarono norme precise in tema di denominazione dei formaggi con indicazioni sulle loro caratteristiche e soprattutto vennero distinti il formaggio “di Grana Lodigiano”, che poi divenne il “Grana Padano”, e il “Parmigiano-Reggiano”.
Quella data diede l’avvio ad una rivoluzione nella tutela della produzione di storici formaggi nel Vecchio Continente e in Italia, che ha portato all’attuale regolamentazione delle denominazioni d’origine protetta e facendo salire negli anni i prodotti caseari italiani ai vertici nei mercati dei cinque continenti.
In particolare il Grana Padano DOP, che si lavora in gran parte della pianura padana, dal Piemonte al Veneto, dal Trentino alla provincia di Piacenza, con oltre 5,2 milioni di forme prodotte nel 2020, è il formaggio a denominazione d’origine protetta più consumato nel mondo.
Avrà quindi un posto di primo piano al convegno sul tema “1951 – Convenzione di Stresa: 70 anni di Denominazione d’Origine” che l’AFIDOP, l’Associazione dei Formaggi Italiani a Denominazione d’Origine Protetta, ha organizzato per venerdì 22 ottobre all’ex Monastero di Astino, a Bergamo, nell’ambito di “FORME Future – Antichi saperi e nuove conoscenze”.
Tra i relatori infatti vi sarà Renato Zaghini presidente del Consorzio Tutela Grana Padano che nacque il 18 giugno del 1954, su iniziativa di Federlatte (Federazione Latterie Cooperative) e di Assolatte (Associazione Industrie Lattiero-Casearie), per riunire tutti i produttori, gli stagionatori e i commercianti del formaggio, due mesi dopo l’entrata in vigore in Italia delle prime norme sulla “Tutela delle Denominazioni di origine e tipiche dei formaggi”.
“Da allora il Grana Padano e i suoi produttori sono cresciuti enormemente, tenendo il passo di evoluzioni nel gusto, ma anche delle normative che si sono succedute, nella qualità, nella lavorazione, nella promozione e nella valorizzazione del prodotto – sottolinea Zaghini – Oggi oltre 2 milioni di forme di Grana Padano DOP vanno all’estero, facendo apprezzare fuori dai confini nazionali un prodotto che nel 1951 era difficilissimo definire e tutelare in Italia. Per centrare questo obiettivo si dovette comunque attendere il 1996, con il riconoscimento delle DOP da parte dell’Unione Europea, che cambiò le regole sui controlli, ma aprì nuove opportunità che il Grana Padano DOP e i suoi produttori hanno saputo cogliere con impegno e investimenti ingenti”.
Iniziò un percorso per costruire certezze, che però oggi non sono ancora tali. “Abbiamo ottenuto un riconoscimento che comunque, ogni giorno, ci impone un impegno intenso per ribadirlo e non vederlo vanificato – conclude Zaghini – All’estero l’avversario si chiama Italian Sounding, che costa miliardi di euro di perdite a vantaggio di imitazioni che possiamo combattere solo dove ci siano accordi tra la UE e altri paesi. In Italia dobbiamo invece ancora vedere riconosciuta la tracciabilità completa, anche negli ingredienti. Un terzo dei pasti è consumato nella ristorazione, dove il cliente non sa quali prodotti siano utilizzati nella realizzazione dei piatti, perché non è prevista l’indicazione nei menù, e quindi nel piatto si usano spesso formaggi similari. Per superare queste situazioni occorre avere chiari gli obiettivi di 70 anni fa anche nel mercato globale. La ricerca di sostenibilità ci spinge in quella direzione. Ma se ci vanno i produttori da soli appare arduo raggiungere la meta”.