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Mar. Nov 19th, 2024

La Food Citizenship, o cittadinanza alimentare, consiste in una maggiore interazione fra il mondo produttivo e i cittadini/consumatori per accrescere la consapevolezza dell’impatto che i diversi sistemi di produzione agricola possono avere sull’ambiente. Raggiungere una maggiore sostenibilità significa ripensare e ridisegnare i sistemi agroalimentari, orientandoli verso il diritto al cibo, la valorizzazione della territorialità e la protezione degli agroecosistemi dal degrado. E’ quanto emerge nello studio Food Citizenship as an Agroecological Tool for Food System Re-Design (La cittadinanza alimentare come strumento agroecologico per la riprogettazione del sistema alimentare) effettuato dal Crea, con i suoi centri Agricoltura e Ambiente ed Alimenti e Nutrizione, appena pubblicato sulla rivista internazionale Sustainability. E’ quanto riporta Adnkronos.

La distribuzione di un questionario on-line con 35 domande ha permesso di investigare su due principali tematiche: la prima riguarda il livello di consapevolezza delle conseguenze delle nostre scelte alimentari sull’ambiente, la conoscenza soggettiva percepita del cibo biologico, del costo del cibo biologico e dei fattori più rilevanti negli acquisti alimentari; la seconda, la profilazione dettagliata del consumo di frutta e verdura biologica fresca e di quarta gamma. Al questionario hanno partecipato oltre 500 cittadini distribuiti sul territorio nazionale da Nord a Sud (il 43% nel Nord, il 38% nel Centro e il 19% nel Sud) e residenti soprattutto (oltre l’80%) in città piccole e grandi. Sono state intervistate principalmente donne (l’80%), nella fascia di 50-69 anni (il 60%), con un livello di istruzione medio (diploma di istruzione secondaria, il 47%) e alto (laurea, il 41%).

L’elaborazione ha permesso di individuare due principali gruppi a seconda della maggiore (il 55,4% del totale del campione) e minore (il 44,6% del totale) attitudine a riconoscere l’impatto ambientale delle proprie scelte alimentari. Il gruppo con un approccio più responsabile nei confronti dell’ambiente è risultato, anche, più consapevole che le proprie scelte di spesa alimentare possono ridurre l’impatto negativo sulla biodiversità e sul riscaldamento globale. Ne fanno parte le classi di età più giovani (il 9% di età 18-29 e il 37,2% di 30-49 anni contro, rispettivamente, il 6,2% e il 26,3% dell’altro gruppo). I più attenti alle conseguenze delle loro scelte hanno, inoltre, manifestato una maggiore sensibilità nei confronti degli aspetti sociali dei propri acquisti alimentari, rivelando, in particolare, una minore attrazione nei confronti delle offerte promozionali (solo il 23%, infatti, ne ha riconosciuto l’importanza, contro il 40% dell’altro gruppo).

I più attenti sono anche quelli che consumano più ortaggi e verdura biologiche (31,4% li consumano sia diverse volte al mese che diverse volte a settimana,) e da più tempo (50% contro il 22,4%) e con una maggiore disponibilità a pagare un prezzo più alto, rispetto ai prodotti alimentari convenzionali (76,3% contro il 67,3% sono disponibili a pagarli il 25% in più; l’8,8% contro il 2,6% anche il 50% in più).

“Lo studio della consapevolezza alimentare dei consumatori – ha commentato Fabio Tittarelli, ricercatore del Crea Agricoltura e Ambiente e coordinatore dello studio – è il primo passo verso un cambio di paradigma che porta le persone a percepire se stessi non più come semplici consumatori volti a soddisfare dei bisogni personali, ma come dei cittadini che consumano cibo, associando all’acquisto di cibo una dimensione etica e sociale a garanzia di tutti gli attori della filiera. È in questa ottica che l’implementazione del concetto di Food Citizenship può essere considerato uno strumento dell’agroecologia, utile per ri-disegnare l’attuale sistema agroalimentare”.

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