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Dom. Dic 22nd, 2024

Dall’esperienza della grande manifestazione benefica ‘Pane in Piazza’ che si teneva in piazza Duomo a Milano in primavera prima della pandemia, per sostenere un progetto dei Frati Cappuccini missionari di Milano in Etiopia, è nato il primo ‘Pane in piazza Forum’, di fatto che anche il primo convegno nazionale sul mondo del pane.

L’evento dal titolo “La panificazione e le sfide presenti e future per tutta la filiera” si è svolto sabato 19 marzo 2022 a Milano, nell’ambito della kermesse ‘Olio officina Festival’ al Palazzo delle Stelline per iniziativa di Cesare Marinoni e Luca Piantanida in collaborazione con il patron di ‘Olio Officina Festival’ Luigi Caricato.

L’evento tra l’altro ha ospitato il Globo di Pane, una sfera di quasi 2 metri di diametro e modellata con centinaia di forme di pane, realizzata da Cesare Marinoni con la collaborazione delle fornaie Milena Pizzocchero e Laura Gioachini.

Hanno moderato gli interventi Cesare Marinoni e Luca Piantanida.

Scenario
L’Italia è il Paese del pane: ne abbiamo 400 tipi diversi. In Francia il pane nazionale è uno, la baguette (però il migliore panificatore di baguette è italiano, Ezio Marinato, campione europeo e mondiale di panificazione).
E’ in atto però una crisi del settore. Nemmeno il lockdown ha spostato sensibilmente le vendite, mentre è aumentata la spesa del 7,4% in generi alimentari, ma soprattutto a vantaggio dello scatolame.
I numeri della crisi
La crisi è in termini di calo delle marginalità e del trend di consumo, a causa di abitudini alimentari, esigenze dietetiche ed eccessiva quantità dell’offerta. Nella sola Lombardia abbiamo 4000 imprese di panificazione come in tutta la Germania che però conta 82.797.000 abitanti su 356.900 km2 contro i 60.626.000 su 301.300 km2 nell’intero nostro Paese, dove si superano le 20.000 (contro 19.000 farmacie e 17.000 negozi di frutta e verdura). Nella filiera il pane dà sostegno a centinaia di migliaia di lavoratori.
Solo l’1% dei panificatori però ha laboratori di grandi dimensioni, circa il 18/20% ha strutture medie, il resto è costituito da piccoli artigiani.
Ecco perché vanno migliorati approccio imprenditoriale, capacità di investimento, per esempio in tecnologia, formazione, comunicazione e pianificazione del business.
Il fornaio tipo ragiona con il cuore e non sempre con la “cassa”.
Un realtà di piccoli artigiani
Nella categoria dei fornai si distinguono quindi le attività con spirito imprenditoriale rispetto a chi produce pane per volumi. Si distinguono le attività situate nei grandi centri e quelle nei piccoli centri. Tutti hanno un enorme valore sociale, ma si differenziano per offerta e diversificazione del prodotto. I prodotti sono numerosi e variano da regione a regione, da città a città. Anche la scelta delle materie prime e le tecniche di produzione fanno la differenza.
Pane BIO si ma non solo
I consumatori apprezzano i grani antichi (in Italia abbiamo solo 8/10 tipologie di pane IGP riconosciute), si prediligono pani a lunga lievitazione o con lievito madre anche se hanno un costo maggiore ma con un minor spreco del prodotto che si consuma per più giorni. E’ importante che il fornaio dia sempre spazio anche a pane bio, farine antiche, tradizione, lunga lievitazione, lavorazioni diversificate e differenziate per coprire le esigenze dell’intera giornata e di ogni tipo di consumo. Come per ogni buona prassi alimentare risulta fondamentale la biodiversità. Questo differenzia e valorizza il lavoro del fornaio nel proprio punto vendita, ma dev’essere migliorata la comunicazione. Nell’offerta complessiva è comunque necessario offrire sempre anche tipologie di pane economicamente meno costose.
Comunicazione sul punto vendita
La comunicazione passa anche attraverso l’arredo e il design: nell’arredo bisogna tenere conto dei comportamenti dei consumatori e quindi è importante che il locale per esempio sia instagrammabile. Tuttavia per 25-30 mq si può arrivare a spendere perfino 60-70mila euro per l’arredo. E’ un impegno decisamente importante per la maggior parte dei fornai che sono piccoli artigiani.
Normative
La normativa alimentare italiana è molto precisa e severa per etichettatura, valori nutrizionali, pane confezionato, pane precotto, ecc. Il pane artigianale non è in competizione con l’industria e la grande distribuzione essendo differente, ma non sempre risulta ben identificabile rispetto a quello industriale posizionato sugli scaffali, (legge Romanini, in Emilia Romagna normativa migliore). Questo incide sulla fiducia del consumatore che è sempre molto sensibile, riconoscendo nel pane un simbolo cristiano, di pace e del bene in genere (proverbi, Essere buoni come il pane). Il pane è in effetti l’alimento base dell’umanità fin dai suoi albori. Quindi c’è un valore non percepito del pane che influisce ogni volta che si parla di aumento del prezzo, anche se, dati alla mano, gli aumenti del prezzo al kg incidono 0,20/0,30 centesimi di € sul bilancio giornaliero familiare. Mentre si spende con maggior disinvoltura per un cellulare.
Materie prime
La diversificazione delle ricette, nuove esigenze organolettiche e richiesta di prodotti più curati hanno prodotto l’esigenza di farine con caratteristiche differenti e con un più alto valore proteico sin dagli Anni 60.
Aumento dei costi
Non sempre i mulini possono affidarsi a colture italiane, come l’attualità ci insegna, per cui molte materie prime arrivano dall’estero con notevole incidenza sui costi, che aggiunti ai costi dell’energia, imballaggi, trasporto, ecc. hanno obbligato i fornai italiani a rivedere al rialzo il prezzo del pane.
Serve un piano per la valorizzazione dei prodotti da forno e in particolare si deve implementare sia la formazione sia la comunicazione.
Formazione
Il convegno ha evidenziato la necessità di un miglioramento e di una crescita imprenditoriale per la categoria, quindi: migliore formazione dei formatori, migliore formazione dei fornai, migliore formazione dei quadri dirigenziali e sindacali, migliore formazione dei dipendenti di laboratorio e degli addetti alla vendita e sullo stesso punto vendita.
Ruolo dei media
Tuttavia uno sforzo assolutamente necessario va fatto per avere dai media una più corretta informazione sul mondo del pane che è essere molto complesso. Il pane viene veicolato invece come semplice “impasto di acqua farina e lievito”.
Serve inoltre una comunicazione mirata anche a fare cultura ben oltre le ‘dicerie’ come ‘il lievito fa male’. Nel pane in realtà tutto dipende dalla metodica della lavorazione. Per avere qualità bisogna avere “pazienza”, dedicare tempo affinché gli impasti possano sviluppare il “buono” di ogni processo produttivo. Come il buon vino o l’aceto balsamico, anche il pane lavora con batteri vivi e si affina con il tempo.
Tecnologie Industria 4.0
Maggiore e più curato è il tempo di lievitazione migliore sarà il prodotto finito e disponibile sulle tavole degli italiani. Il tutto senza dimenticare la grande evoluzione delle attrezzature moderne. Anche il mondo del pane deve usufruire delle tecnologie che Industria 4.O mette a disposizione.
Proposta associativa
Di fondo è necessaria una coscienza ed una collaborazione di filiera che superi gli individualismi. Solo le 20-25mila aziende di panificazione italiane sono rappresentate dalle associazioni, ma il mondo del pane è molto più vasto e articolato. Occorre un tavolo per trovare insieme le soluzioni.

Casi di successo:

Adriano Del Mastro, giovane panificatore Biologico a Monza: pane BIO si ma non solo. Si avvale di una filiera selezionata che lavora solo per il suo negozio. E’ un esempio di come differenziarsi senza stravolgere il proprio lavoro, anzi valorizzando la propria passione, la propria conoscenza e la tradizione.
Marina e Luca Piantanida, sessant’anni di storia, da piccoli panificatori artigiani in un paesino, Coggiola, nelle valli biellesi, con forno ereditato dal padre, a produttori anche di prodotti gluten free che stanno andando in tutto il mondo per l’ottima ricetta salutare e gustosa: nascono dall’obiettivo di condivisione e di aggregazione a tavola di tutti i commensali senza distinzione tra celiaci e non. Una ricetta che unisce ed integra chi ha intolleranze anche gravi alle altre persone grazie a un prodotto che piace a tutti.
Teo Musso: nel cuore della terra del vino, le Langhe, ha creato il regno della birra artigianale italiana al 100% (è stato tra i primi a coltivare luppolo in Italia, oggi produce anche tutte le materie prime) vincendo così sia la sfida del vino sia quella delle multinazionali della birra. Dice: l’originalità premia sempre ma bisogna comunicarla e ci vuole tempo per creare un marchio. Ora propone Briciola, la birra fatta con il pane avanzato. Viene venduta solo nei negozi che forniscono la materia prima.
Le donne e il pane: sempre al fianco ma anche protagoniste assolute.
Testimonianza di: Sorelle Giusto, Sabrina e Claudia, che da Varazze hanno mostrato la lavorazione della focaccia ligure. Pina Mazzara di Trapani, grande protagonista di Pane in Piazza, che con le sorelle gestisce il panificio di famiglia ed ha mostrato tante lavorazioni artigianali di pani e dolcetti. Sara Parisi Vicedomini, che gestisce con il marito un panificio in provincia di Cuneo che è la prima scuola di pane artistico in Italia. Mirella Tomasiello di Venticano (Avellino) coinvolta dalla passione dell’arte bianca dal marito ed ora vera e propria promotrice della loro attività.
Fausta Giorilli, sempre al fianco di Piergiorgio, professionista e figura storica del settore, instancabile interprete ed immensa organizzatrice di mostre, fiere e promotrice della formazione in Italia.
Marina Piantanida, che converte le ricette della tradizione alla base dei prodotti dell’azienda di famiglia, trasformandole in “senza glutine” senza modificare il gusto, la consistenza e la forma. Le ricette per tutti.
Sintesi delle singole relazioni

Fabio Nistri, consulente Ricerca e Sviluppo- settore Panificazione

“Dal grano al pane. L’importanza della tecnica e della selezione delle materie prime”.

La fermentazione farà il futuro del pane ma anche dei formaggi, etc
La fermentazione produce sostanze che fanno bene, sono perfino antidepressive ma il panificatore deve essere attrezzato e preparato.
Alcuni mulini di eccellenza stanno lavorando su tipi di granì per le lunghe fermentazioni o fermentazione dati da lievito madre. Sono argomenti ormai leggendari mentre servirebbe approfondimenti scientifici anche a livello universitario. Servono ricerca sviluppo.
La tradizione insomma è importante ma va recuperata utilizzando tecnologie moderne anche di trasformazione.
Come valorizzare il lavoro del fornaio perché i clienti ne capiscano il valore?
Oggi la figura del fornaio sta tornando di moda come quella dello chef, non è più l’omino col grembiule bianco e la barba lunga.
Abbiamo provato a creare una corporazione ma non ci siamo riusciti, troppe gelosie e diatribe
Forse le nuove generazioni avranno un diverso atteggiamento.
Quello del panettiere è un lavoro faticoso, si fa di notte ma è molto gratificante se fatto con passione.
I panificatori devono dedicare agli investimenti la giusta considerazione come tutte le aziende: i costi sono ammortizzabili nel tempo quindi con un’incidenza spalmabile.
Si tratta di un normale passaggio da artigiano a imprenditore e dovrebbe avvenire per tutti. La ricaduta è anche in termini di ottimizzazione ed efficientamento e questo alla fine permette perfino di non alzare il costo al consumer.
Va comunque sottolineato che gli aumenti relativi al costo del pane incidono molto poco nel paniere della famiglia rispetto alla carne o anche alla verdura.
Fondamentali sono le tecniche di lavorazione che permettono di creare prodotti con una maggiore “shelf life”
Adriano Del Mastro, giovane panificatore biologico di Monza.

“La riscoperta dei grani antichi nella panificazione”.

Ho 34 anni e un panificio a Monza con 15 ragazzi che producono vecchie e nuove varietà di pane.
Facciamo ricerca e diamo anche sostegno alle piccole filiere.
Avevo iniziato come cuoco poi ho scelto la panificazione perché c’è più condivisione del sapere. Noi facciamo pani antichi ma non possono coprire il 100 per cento della produzione, occorre offrire varietà: farina 00, integrale, etc. C’è bisogno di biodiversità
Il grano antico poi è difficile da lavorare.
Filiera: abbiamo chiesto a piccoli agricoltori in Abruzzo, da dove vengo, e a Monza di coltivare solo per noi grano Solina e grani moderni, Bologna, Rebel… Quattro ettari in tutto ci danno circa 80 quintali di farina.
Abbiamo certificazione BIO ma non tutti possono comprare pane biologico.
E chi lo fa deve sanificate tutto.
Noi serviamo un quartiere dove tutti ci conoscono e ci apprezzano
Il 95x 100 però vuole pane alveolato, croccante, bianco.
Come comunicare il nostro valore aggiunto?
Metto a 5,50 al kg il pane BIO cioè faccio meno ricarico ma serve per raccontare la storia dietro il pane tradizionale. Che ha pure meno glutine se è lavorato bene.
Certo servirebbe più informazione in genere sul pane.
Si dicono tante imprecisioni.
Tipo: non mangiare pane con lievito di birra. Invece il lievito di birra è dannoso se usato male.
Io ho acquistato un’attività che esisteva dal 1930 e mi sono sentito responsabile di questa eredità.
Gli arredi? Sono importanti ma è un investimento in più.
Con 10mila euro fai poco, l’ insegna in plastica
Per 25-30 mq si può arrivare a 40-50mila euro per l’arredo.
Io ho investito di più nel prodotto, nella formazione e sui costi.

Piergiorgio Giorilli, maestro panificatore di Varese. Figura storica del settore, maestro di tanti percorsi di crescita professionale e personale dei panificatori più noti e di successo.

“Pani d’Italia: storia, tradizioni e ricette”

Sulla formazione: “Già Antonio Marinoni, padre di Cesare (e Presidente del mondo panario a livello mondiale, ndr) voleva fare una scuola per formatori in panificazione. E dopo trent’anni ne parliamo ancora. Siamo in ritardo!
Ho insegnato per 25 anni nelle scuole professionali e ho conosciuto quelle di altri Paesi dove non basta essere panificatore per poter insegnare. In Svizzera devi studiare anche pedagogia, per insegnare.
Ma bisogna riconoscere ai formatori stipendi adeguati.

Storia del pane
Il primo pane a lievitazione nella storia fu in Egitto, cotto su pietre o carbone
Anche i greci impararono la lievitazione della pasta e avevano già 50 tipi di pane
I Romani costruirono forni a cupola per la cottura
Nel Medioevo il pane era già simbolo della nutrizione umana
Nel Rinascimento fu introdotto il lievito di birra
Ultimi due secoli si è passati dall’ impastamento manuale a quello con le macchine.
Negli Anni 60 i lieviti si preparavano la sera, si usavano farine più deboli e lievitazioni più corte: era l’era del pane bianco
La stanza climatizzata a 18 gradi dava costanza di lavorazione per tutto l’ anno.
E’ la temperatura ideale per tutti i processi
Camera di cottura: se avevi un forno da 14 metri bisognava correre
Il forno non doveva mai restare vuoto, importante per il vapore.
Oggi usano forni con camere sovrapposte e temperature diverse per pani diversi ma introducendo pane crudo dove c’è già pane cotto il sapore è più buono perché il 95×100 dei pani ha bisogno di vapore quando viene infornato. Per questo una volta il forno non si lasciava mai vuoto. Oggi il lavoro è meno pesante, la tecnologia aiuta moltissimo.
L’Italia è il paese del pane, abbiamo 400 diversi pani regionali, gli italiani tengono alla tradizione.
In Francia per esempio vi è un solo pane nazionale, la baguette. Ecco perché la produzione costa meno. In Italia più si diversifica, maggiore è l’incidenza dei costi.
Da noi ogni campanile ha il suo pane anche se alcuni pani sono simili chiamati con nomi diversi.
Valle d’Aosta e Valtellina usano farina di segale.
La Liguria ha il pane di Chiavari, la farinata, la focaccia ligure…
La Lombardia ha pani di piccolo formato, michetta, francesino…
In Veneto c’è il tramezzino, la ciopa il muntasu.
In ogni caso nella produzione è importante la qualità costante e si ottiene con precisione nella lavorazione.
Fare pane è cosa delicata, serve metodo, se siamo capaci di fare bene la
biga (preimpasto, ndr), la qualità sarà costante. Conoscere, capire le differenze e gli utilizzi ha un’incidenza pazzesca sui risultati finali. Non è possibile generalizzare le ricette; ad esempio come utilizzare la “pasta di riporto” (pasta dell’impasto precedente, ndr): ci vuole metodo e coerenza.

Ruolo della donna: nella panificazione spesso il successo è della coppia.
La signora Fausta Giorilli ha ricevuto un premio da Marinoni, una michetta d’argento.

Ezio Marinato, docente di panificazione, uno dei massimi esperti italiani di panificazione, già campione europeo e campione mondiale dei panificatori. Gestisce il suo panificio a Cinto Caomaggiore (VE) e tra i suoi prodotti più conosciuti c’è il panpolenta. E’ stato Socio Richemont e consulente di industrie che producono attrezzature e macchine per la panificazione, attualmente insegnante nei più autorevoli centri di formazione italiani.

“Le scuole di panificazione e l’importanza della formazione”

Ci sono le scuole professionali e i corsi brevi. Manca una linea comune. Bisogna formare i formatori. Ai giovani dobbiamo dare i mezzi perché ognuno crei la propria idea di pane.
Manca per esempio, l’analisi sensoriale, la formazione sanitaria, che sono fondamentali.
Perché le associazioni di categoria a livello nazionale non spingono in questa direzione? Perché manca coesione per aiutare la categoria
L’obiettivo è una scuola unica
Io mi sono formato a Cividale del Friuli poi ho seguito corsi di tutti i tipi per mia curiosità. La svolta è stata il club Richemont Italia (fondato da Giorilli nel 1996, è parte di un’organizzazione internazionale, senza scopo di lucro, che sostiene l’attività dei suoi soci ai vertici nel settore della panificazione e della pasticceria, ndr): fare squadra è importante, da soli non si va da nessuna parte.
Il formatore deve non tarpare le ali, ma dare entusiasmo. Importante che gli allievi non perdano la poesia.
Bisogna adeguarsi ai giovani altrimenti avremo sempre meno fornai.
Tutti cercano collaboratori, ma poi lo stage non è gestito bene per formare nuove leve
Il datore di lavoro dovrebbe avere più “pazienza” perché i ragazzi non hanno il ritmo di lavoro, non hanno la visione completa del laboratorio, sostanzialmente devono completare la loro formazione.
Sta crescendo l’offerta di giovani panificatori che aprono i loro forni.
Testimonianza di Del Mastro: vengo da formazione mancata, in Abruzzo mancavano opportunità e anche a livello nazionale c’era poco. Oggi abbiamo alcuni stegisti ma servirebbe come in Francia una scuola che conformasse il ruolo. Nella realtà le scuole non bastano, non tutti corsi possono avere attrezzature modernissime, quindi poi bisogna arrangiarsi.
Testimonianza di Suor Carla Carelli per 26 anni alla direzione di una scuola professionale regionale. Allievi di Suor Carla hanno aperto panifici anche in Africa, in Zambia ed Etiopia.
Il mondo della scuola è diverso da quello del lavoro, l’insegnante di biologia deve coordinarsi con il docente di panificazione, altrimenti si insegna con terminologie diverse, generando confusione.
Le scuole regionali esistono ed oltre all’attestato danno le basi per questo lavoro.
Testimonianza di Giuliana Marinoni: chi vende spesso non è chi produce e deve essere in grado di comunicare valore quindi serve formazione anche per chi sta al banco (di solito si tratta di commesse, figure femminili)
Noi diamo delle schede ma ai miei collaboratori farei frequentare anche corsi se fossero disponibili. Meno oneroso che investire su design e arredi.
Marinato dice che in Friuli corsi del genere sono attivi.
Piantanida dice che le federazioni nazionali hanno fondi specifici per formazione.

Paolo Zunino, AD Gruppo Waico, che ha unito le aziende Vitella, Starmix, Effedue.

“L’innovazione tecnologica a supporto del panificatore”

Come Waico, forniamo attrezzature per guidare la modernità. Quello che fa la differenza rispetto al passato non è più la qualità delle macchine, ma la costanza della qualità nel tempo. Per questo è fondamentale automatizzare: il mondo del pane deve adeguarsi al tempo della Industria 4.0, un sistema di lavoro in cui i dispositivi si parlano tra loro.

Le macchine servono anche per riorganizzare la produzione secondo i nuovi stili di vita e di acquisto. Per esempio, le rosette sono vendute di più il sabato, mentre la pizza tutto il giorno in orari diversi: l’organizzazione fa la differenza anche nell’ottimizzare i costi di gestione.

Ormai è innegabile che quando si fa un investimento sia necessario pensare in digitale.

In Italia, l’adeguamento tecnologico è distribuito a “macchia di leopardo”. Questo dipende da tanti fattori, sia culturali sia di formazione. Solo l’1 -2 per cento dei panifici è costituito da grosse realtà industriali, quasi tutti nel Nordest o nelle grandi città, come Milano, Roma o Napoli, dove troviamo un più alto numero di abitanti. Nel Sud dell’Italia molte attività hanno dimensioni medio alte anche se prevalgono i panifici artigianali, uno sotto ogni campanile.

Anche all’estero, specie nei Paesi più ricchi, oggi il prodotto artigianale è di tendenza, perché associato a un concetto di cura della salute.

In Africa e nel Sudest asiatico, invece, l’industria panaria è particolarmente forte in quanto il consumo del pane è legato al nutrimento vero e proprio.

Mattia Veggetti, interior designer specializzato nell’HORECA titolare della VeggettiArredamenti. E’ scomparso di recente il padre Carlo che creò il marchio Il fornaio, diffusosi poi in tutto il mondo.

“Nuove tendenze di design per i punti vendita”

Siamo specializzati nella progettazione e sviluppo di arredi su misura: alberghi, negozi, ristoranti, bar garantendo funzionalità e spiccato valore estetico.
Dal punto di vista del taglio degli spazi, a seguito dell’emergenza sanitaria, l’impostazione del locale è pensata anche per garantire un flusso alle consegne delivery. L’obbiettivo è quello di evitare l’interferenza tra i rider e i clienti che vogliono consumare all’interno del locale. Ulteriori accorgimenti che consigliamo nei nostri progetti sono la suddivisione delle aree in maniera da creare piccole salette con tavoli e sedie evitando un unico spazio; un altro consiglio è quello di inserire delle casse automatiche all’interno dei banchi così da evitare il contatto con banconote e monete.
Per la presentazione dei progetti in remoto, durante il primo lokdown abbiamo creato un sistema di render in realtà virtuale immersiva, inviando un app e un visore 3d il cliente potrà entrare virtualmente nel suo locale, in presenza i nostri clienti visualizzeranno il loro progetto mediante un visore professionale in modo da ottenere un ulteriore definizione dell’esperienza immersiva.
Una recente realizzazione: Bollani ad Assago.
Progettazione a cura di Piutrend
Realizzazione a cura di Veggetti Arredamenti
Metratura 300mq
Ci siamo trovati a dover progettare uno spazio con il soffitto alto più di 6 metri in un unico open space, l’idea è stata quella di creare un bancone centrale come fosse un chiosco suddividendo le varie categorie di somministrazione. Attorno a questa isola centrale abbiamo sviluppato diverse soluzioni di tavoli e sedie, alternate in altezze e stili (sedie, sgabelli e divani lounge). E’ stato molto importante decorare e allestire pareti e complementi (utilizzando giardini verticali, rivestimenti in onduline metalliche e insegne al neon soffiato), così da rendere il locale fotografabile dai clienti, con l’obbiettivo di creare un effetto “WOW” e di conseguenza “instagrammabile”.

Giovanni Bizzarri, AIBI- Associazione Italiana Bakery Ingredients

“Pane sociale: il nuovo ruolo dell’arte bianca”

La società deve molto all’arte bianca. Solo quanto l’umanità imparò a ‘domesticare’ i cereali potè vivere in aggregati sociali abbandonando il nomadismo per la vita stanziale. Iniziò a raccogliere, conservare, vendere. Nascono i clan, le tribù e i ruoli sociali: l’esercito per difendere le ricchezze, la religione per protezione e per celebrare la natura; si poteva anche avere più figli. Un singolo individuo poteva procacciare cibo per la collettività. chi raccoglieva, chi immagazzinava, chi vendeva,…
Avvenne prima in Mesopotamia. Poi anche in altre zone del mondo e sempre con i cereali perché hanno un ciclo produttivo di pochi mesi, sono una coltivazione facile da elaborare e dà un’ottima resa per metro quadrato. Il primo pane risale a 10mila anni fa in Giordania. Sono state trovate delle bricole in uno scavo.
Per millenni i cereali sono stati il maggior nutrimento
Più del 50 % delle calorie assunte oggi dalla popolazione mondiale provengono da 5 cereali: grano, riso, mais, orzo, sorgo. Per questo il pane è presente nell’immaginario collettivo con un forte valore simbolico positivo anche nei proverbi: Buono come il pane
La pandemia e la guerra hanno riportato al centro dell’attenzione l’ arte bianca per l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia.
Nonostante questo, la filiera riesce in parte ad ammortizzare gli aumenti.
I consumatori sono sensibili al costo del pane, si acquista con maggior facilità e con relativa approvazione dei prezzi un cellulare ma se il pane aumenta si lamentano.
Il pane oggi non fa più da accompagnamento ma si identifica come alimento completo.
Nella piramide alimentare dei prodotti “green”, il pane viene collocato come il primo dei prodotti trasformati che consumano meno risorse ambientali. E’ un valore aggiunto che andrebbe fatto percepire.
Nella filiera il pane dà sostegno a centinaia di migliaia di lavoratori italiani
La numerosità dei punti vendita in Italia: farmacie 19mila, 17 mila frutta e verdura,
contro i più di 20mila i panifici.
Dobbiamo investire in energia pulita. Occorrono comunicazione e formazione per aumentare il valore percepito del pane.
Testimonianze dal mondo della Panificazione:

Marina e Luca Piantanida: Perché facciamo i fornai e l’evoluzione della nostra produzione verso il gluten free a Coggiola (Biella)

Rappresentiamo la storia di un’attività che festeggia sessant’anni. Mio padre aveva intorno fabbriche con migliaia di lavoratori. Non aveva problemi, sfornava e vendeva. Con la crisi tessile di qualche anno fa, Coggiola ha perso 2500 posti di lavoro, più di 6000 in valle. Ma come quasi sempre succede, da una crisi può nascere un’opportunità. Le nostre ricette sono uniche e originali, sono di nostra creazione come la “Polenta Imprigionata” (un frollino montato realizzato con la farina di mais), lo inventò mio padre 45 anni fa. Oggi lo abbiamo strasformato in senza glutine, senza aggiungere amidi, senza utilizzare addensanti, senza utilizzare fibre, senza cambiare forma consistenza e gusto. Vuole essere una testimonianza per tutti i colleghi nell’affrontare con approccio diverso le difficoltà. L’originalità, la fantasia e la passione fanno la differenza in ogni settore. Partiamo dal concetto fondamentale che uno stile di vita sano e diversificato offre un miglioramento al nostro fisico ed alla nostra permanenza sulla terra; partiamo dal fatto che un’alimentazione diversificata garantisce la possibilità di assimilare nutrienti benefici per il nostro corpo e con queste premesse offriamo ai nostri clienti nuovi prodotti senza glutine di alta pasticceria. Le antiche ricette del nostro panificio che valorizzano anche il territorio come il Canestrello di Crevalcuore che proponiamo in diverse versioni e gusti, ma anche innovativi ed originale come nelle versioni al Rhum ed al Gin; due spiriti unici al mondo aromatizzati con il vero tartufo di Alba. Ma le ricette sono varie sia dolci che salate.
Abbiamo voluto creare un prodotto che in tavola piacesse a tutti e a basso indice glicemico. Un prodotto condivisibile che possa creare integrazione e non separare le persone.
Video testimonianze di donne fornaie: Claudia Giusto (Varazze, Savona), Pina Mazzara (Trapani), Sara Parisi (Cuneo), Mirella Tomasiello (Venticano, Avellino)..

Teo Musso, fondatore mastro birraio del Birrificio agricolo Baladin, nella terra di Carlin Petrini che ha firmato anche l’introduzione della sua biografia (Feltrinelli); è considerato il patron della birra artigianale italiana, fatta solo con materie prime italiane. Al convengo ha presentato e offerto la Birra “Briciola” realizzata con gli avanzi di pane e venduta solo nei negozi che forniscono gli stessi. E’ tra i fondatori di Unionbirrai.

“Pane e sostenibilità, dal pane raffermo nasce la birra”

Il mio paese ha meno di 1000 abitanti, nel territorio del vino, le Langhe.
Ho iniziato 36 anni fa con piccolo locale di birra e sembrava assurdo proporre birra nella patria del vino.
Ho lavorato per alzare il percepito del prodotto birra.
Il mercato era dominato dalle multinazionali. Ho puntato sulla originalità che premia sempre. Bisogna stimolare nuovi pensieri. Poi però bisogna comunicare. Per costruire un marchio ci vuole tempo e identità vera. Non può essere solo una invenzione del marketing. Bisogna far si che se ne parli.
Nel 1996 ho compiuto una rivoluzione a pochi km da Bra, da Barolo, etc, avviando il birrificio agricolo Baladin a Piozzo, in provincia di Cuneo, oggi è il più grande e importante birrificio italiano artigianale, di birra viva, non pastorizzata. Nasce come brewpub (produzione e mescita diretta). Ho condiviso il percorso con Petrini.
Nel 2005-2006 altre rivoluzioni come il bicchiere tecu, il calice da birra: oggi ne vendiamo 2 milioni nel mondo.
Nel corso della sua storia, il birrificio cambia sede più volte seguendo la crescita delle esigenze produttive: dalle poche decine di metri quadrati rubati al pub, al più ampio spazio ricavato nel pollaio dei miei genitori per giungere alla moderna e ampia sede attuale ospitata nel Baladin Open Garden. Tutti i luoghi che hanno ospitato il birrificio hanno un elemento in comune: l’area di produzione è considerata come uno spazio aperto per accogliere e per raccontare.
Il birrificio Baladin è visitabile percorrendo una passerella sopraelevata che conduce attraverso sale allestite per raccontare ogni momento di produzione e per lanciare, attraverso disegni e frasi, i tanti messaggi che compongono il mondo Baladin. Perché la Birra è Terra! Questo concetto guida da sempre il progetto imprenditoriale Baladin. Far capire che la birra è un prodotto derivante dall’agricoltura è al centro del nostro messaggio. Per sostenere con i fatti le parole, da anni abbiamo intrapreso un percorso di trasformazione dell’approvvigionamento delle materie prime. Nel 2012 è stato raggiunto un obiettivo fondamentale: trasformare in agricolo il birrificio assumendosi la responsabilità di tutta la filiera produttiva, partendo dalla terra e dalla sua coltivazione. Abbiamo avviato le prime coltivazioni di luppolo in Italia 14 anni fa.

Simbolo di questo percorso è Nazionale: la prima birra blodale 100% italiana prodotta con acqua delle Alpi Marittime, orzo e luppolo dei campi piozzesi, lievito coltivato nel laboratorio interno e alcune spezie di origine nazionale.
Baladin è anche Briciola, progetto di Teo Musso in collaborazione con l’Associazione
Autonoma Panificatori della Provincia di Cuneo: è la naturale espressione di un incontro tra artigiani che condividono una visione: creare prodotti che rappresentino il pensiero, l’anima e l’amore per il proprio lavoro, indipendentemente dall’essere panettieri o mastri birrai.
L’idea della birra Briciola si basa sulla volontà di recuperare una parte di pane invenduto, una briciola, trasformandolo in un ingrediente per produrre una birra artigianale.Baladin si avvale anche di un laboratorio di panificazione nelle carceri di Cuneo. Due detenuti sono poi anche stati assunti.
Anticamente la birra veniva definita “pane liquido” per le sue caratteristiche di alimento quasi completo. In effetti tre sono gli ingredienti comuni col pane: acqua, cereale e lievito. La birra ha un quarto elemento, il luppolo.
Il nome ‘Briciola’ – spiega Musso – è stato scelto perché anche una sola briciola di pane non va sprecata e il nostro intento, simbolico, è di dare un esempio in questo senso. La volontà è di creare un prodotto locale che, di fatto, sarà distribuito esclusivamente nella provincia di Cuneo e solo attraverso le panetterie aderenti all’iniziativa o sull’eCommerce Baladin.
Il pane conferito al birrificio di Piozzo viene utilizzato secco e in parte tostato come sostituto del frumento in abbinamento al malto d’orzo. Completa la ricetta un mix di spezie italiane, il luppolo locale e il lievito Baladin. Ad aggregare il tutto, l’acqua delle Alpi Marittime. Il risultato è una birra molto piacevole, di facile beva e dal bassocontenuto alcolico di 4,8% vol.
Si presenta di un bel giallo paglierino con una schiuma fine e bianca. Al naso spicca immediatamente il profumo di pane “appena sfornato” che si completa con note erbacee e agrumate. Il basso grado alcolico determina la leggerezza di questa birra che invita all’assaggio e stupisce per la sua delicatezza che racconta un perfetto equilibrio di note di cereale, luppolo, fiori e agrumi.
Baladin Briciola è disponibile esclusivamente in lattina di alluminio che adotta, in ottica di eco sostenibilità, l’apertura totale 360® End che consente di rimuovere completamente il “tappo” così da trasformarla, a tutti gli effetti, in un bicchiere. Inoltre, l’alluminio è un materiale riciclabile, per natura, all’infinito.Dati tecnici:
Palato = 12
IBU = 27 – 30
EBC = 10 – 12
Alcool = 4,8% vol.
Temp. di Servizio = 8/10°C
Formato: lattina da 33 cl dotata di apertura totale
Abbinamenti consigliati:
Ottima per accompagnare, in un pic-nic all’aperto, “panini” farciti con formaggio o salumi.

Video testimonianza di Mons. Angelo Pagano Cappuccino Vescovo di Harar: Etiopia Il progetto del panificio artigianale St. Augustin in via di realizzazione con il contributo di ‘Pane in Piazza’, ha un primo tassello nel laboratorio e dal lavoro dei due ragazzi (Aby e Teddy) che in Italia si sono formati per trasmettere loro volta la panificazione. Si allega comunicato stampa

Tavola rotonda: Dove sta andando il mondo della panificazione?

Davide Trombini, presidente Assopanificatore FIESA (Confesercenti)

Il pane è un simbolo cristiano e di pace.
Immobilismo dei governi che non hanno portato a completo compimento i decreti attuativi della legge Bersani del 2006.
Proposta di un bollino di ‘Pane fresco di alta qualità’
Chiede maggior valorizzazione dei grani antichi che nel Centro Sud sono tanti
In Italia abbiamo 250 tipiologie di pane solo 8/10 riconosciuti IGP.
Contro la crisi e il calo del trend dei consumi e della marginalità serve un piano di valorizzazione dei prodotti da forno. E’ anche un problema di diete, di intolleranze.
Le materie prime arrivano dall’estero
Problema di fiducia del consumatore
Dobbiamo implementare tecniche comunicative
Occorre una strategia di riposizionamento
Il pane comunque è una presenza fissa in tavola ma oggi si consumano 90 gr al giorno contro i 230 negli Anni 90.
La stagnazione dei consumi alimentari in casa interrotta da lokdown: si è tornati a consumare i pasti in casa: si è speso 7,4% in più per gli approvvigionamenti
Il maggior vantaggio però è stato per i prodotti in scatola
Per il pane invece meno.

Roberto Capello, Presidente Fippa, Federazione italiana panificatori pasticceri e affini
Costo materie prime e energia e cambio abitudini alimentari sono tra le problematiche che influiscono maggiormente sui consumi giornalieri di pane. Per le Associazioni nazionali e’ necessario un cambio di mentalità, un cambio di approccio, basta chiedere soldi al governo, e’ come prenderli dalla tasca destra e metterli nella tasca sinistra.
Vanno proposte delle soluzioni che auspichiamo possano aiutare nel tempo la categoria ed i consumatori nostri clienti.
Bisogna insegnare al consumatore ad acquistare il pane: oggi il pane nelle case viene sprecato.
Dare cultura ai produttori: produrre meno perché sono cambiati gli stili di vita. In casa solo una stanza aveva il riscaldamento, oggi e’ tutto climatizzato questo ha comportato ad esempio che per equilibrare la temperatura corporea, il nostro fisico consumava il 30 per cento di calorie ingerite mangiando mentre oggi non serve più. Di conseguenza se per una persona potevano servire 3000 calorie al giorno oggi ne utilizziamo solo 2500/2600. Quindi è cambiata anche la funzione del pane nell’alimentazione. Da alimento principale per il sostentamento e scorta di energia ad alimento di compresenza.
Occorre produrre piccole quantità nell’arco della giornata è con strutture più piccole per dare un prodotto prossimale al momento del consumo, cosa che comporta anche a risparmio energetico.
Nella panificazione in Lombardia in prevalenza le donne che stanno invadendo il machismo della produzione perché il lavoro si sta spostando nella giornata e poi perchè la donna sa cosa serve nella famiglia, il pane accompagna il cibo, non deve riempire la pancia.
In Etiopia la gente mangia il pane perché ha fame, ma da noi no.
Le associazioni non servono più per rappresentare gli interessi degli associati ma fare l’interesse del consumatore e di riflesso dei loro associati.
L’operazione della riduzione del sale nel pane per esempio ha un valore sociale.
In Lombardia abbiamo 4000 imprese di panificazione come in tutta la Germania che e’ più grande dell’Italia con più abitanti. E ogni fornaio pensa di essere il top ma non sa quanto costa un dipendente al minuto. Chi fa formazione spesso e’ un insegnante occasionale, divenuto tale per gli eventi. Ovviamente vanno affrontate anche queste tematiche per una nuova visone della panificazione attuale. I singoli dovrebbero uscire dalla zona comfort e affrontare argomenti ostici. Conoscono il libretto di istruzione del proprio forno ma non del 40% dei propri costi. Nelle scuole bisognerebbe insegnare anche fisica, biochimica, economia…. Le ricette le trovi in giro. Durante il lokdown i cittadini facevano pane in casa e allora hanno capito che quello del panettiere più buono.
Maurizio Vezzani- UIL- Enti bilaterali
Come valorizzare il pane artigianale?
E’ nato da poco un Bollino di qualità che prevede dei minimi della qualità del pane organolettici e sociali
Ci sono fondi per formazione allievi e formatori
Non c’è futuro senza formazione
Sviluppo Artigianato alimentare
Gli strumenti ci sono ma non arrivano le informazioni

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