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Mar. Lug 23rd, 2024

Secondo un sondaggio su 2.000 persone, il 48% delle ragazze e delle donne si vergogna a parlare del ciclo. Per questo un’azienda svedese, Intimina, ha lanciato una scatola di cereali «a forma di utero»: l’obiettivo è quello di incoraggiare le famiglie a discutere più apertamente del ciclo a colazione. I cereali in realtà riproducono l’intero sistema riproduttivo femminile, sono colorati di rosso, come il sangue, e hanno il gusto di lampone. E’ quanto riporta Dagospia dal Daily Mail.

Si tratta in realtà di una trovata pubblicitaria: il prodotto non sarà sugli scaffali dei supermercati, ma verrà inviato gratuitamente a chi ne farà richiesta all’azienda.

Ricerche precedenti hanno già dimostrato che lo stigma del ciclo può indurre i ragazzi a prendere in giro le ragazze a scuola, mentre quasi la metà delle donne afferma di aver provato «vergogna per il ciclo».

La campagna sui cereali arriva dopo che la scorsa settimana la Spagna è diventata il primo paese europeo a proporre un congedo mestruale retribuito e illimitato per le donne che soffrono durante quei giorni. Danela Zagar di Intimina: «Le mestruazioni sono normali e parlare di mestruazioni dovrebbe essere normale. Ma a causa del continuo stigma sulle mestruazioni, le conversazioni sul ciclo rimangono difficili e imbarazzanti per le persone, anche con i propri cari».

«Non c’è scena più normale e quotidiana di tutta la famiglia seduta insieme al tavolo della cucina a parlarne durante un pasto. E se le conversazioni mestruali fossero veramente normalizzate, allora non sarebbero fuori da questo tavolo – o fuori da qualsiasi tavolo».

La scatola di Period Crunch è illustrata con un diagramma del sistema riproduttivo femminile per aiutare a educare i bambini. La dott.ssa Shree Datta, ginecologa del King’s College Hospital, ha dichiarato: «Sono felice che Intimina abbia preso il toro per le corna e sviluppato Period Crunch per aumentare la consapevolezza dello stigma sociale in corso intorno ai periodi».

«I periodi sono una parte naturale di ciò che siamo, quindi è profondamente preoccupante sentire che così tante persone rimangono a disagio a discuterne, quando sono solo un’altra parte della nostra salute».

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