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Lun. Dic 23rd, 2024

L’innovazione e la qualità sono i due fattori indispensabili per un futuro di crescita sostenibile delle filiere agroalimentari. Questa – secondo Adnkronos – la sintesi dell’evento ‘L’innovazione per filiere agroalimentari sostenibili: strumenti, best practices, politiche a supporto’, organizzato da Nomisma, in collaborazione con Philip Morris Italia e con il contributo scientifico di Food Trend Foundation. Il workshop, introdotto e moderato da Paolo De Castro, presidente del Comitato Scientifico di Nomisma, ha inteso approfondire attraverso importanti contributi di esperti e testimonianze di top manager di imprese, il ruolo che l’innovazione può avere nel rendere ‘sostenibili’, nei diversi risvolti economici, sociali ed ambientali, le filiere agroalimentari italiane.


Tra le case history di successo sono state illustrate quelle del pomodoro da industria e del tabacco, dove negli anni sono stati avviati importanti investimenti in innovazione, mediante accordi di filiera, finalizzati a garantire maggiore stabilità e sicurezze agli agricoltori.

Il contesto attuale caratterizzato dal conflitto russo-ucraino e dai continui shock sul mercato energetico e delle commodity, a cui si aggiungono gli obiettivi della transizione ecologica imposti dal Green Deal, rischiano di mettere a dura prova un sistema produttivo fortemente colpito da tensioni inflattive e difficoltà di approvvigionamento. Secondo l’ultimo Eurobarometro, basato su un’indagine realizzata tra fine febbraio e marzo scorso, un cittadino europeo su due, quando si tratta di indicare le principali responsabilità attribuite agli agricoltori, mette al primo posto la produzione di cibo sostenibile e di alta qualità, mentre per un altro 26% diventa prioritaria la garanzia di fornitura costante di alimenti. È quindi del tutto evidente che qualità dei prodotti agroalimentari, food security e sostenibilità devono procedere di pari passo, insieme a investimenti in innovazione per rendere le filiere italiane sempre più competitive e sostenibili.

Nel panorama italiano, molte filiere di per sé non sono autosufficienti. Posto pari a 100 l’indice di autosufficienza (misurato dal rapporto tra produzione e consumi), filiere come quella del frumento (sia tenero che duro), del mais, delle carni (sia bovine che suine), del latte sono tutte sotto tale valore. Lo dimostra anche il trend nell’import di prodotti agricoli che negli ultimi venti anni è cresciuto di oltre l’80%, arrivando a toccare i 16,3 miliardi di euro nel 2021. Non si tratta però di un rischio di ‘food security’ per i consumatori italiani: le importazioni sono necessarie a garantire in via complementare una piena funzionalità di quelle catene del valore in grado di sostenere il nostro export di food&beverage e derivati del tabacco che nello stesso periodo è più che triplicato (+216%), passando da 14 a oltre 44 miliardi di euro.

“In uno scenario di guerra – spiega Paolo De Castro presidente del comitato scientifico Nomisma – i consumatori chiedono agli agricoltori cibi sostenibili e di qualità. Ma in Italia per alcune filiere non è autosufficiente; mi riferisco alle filiere relative all’ortaggio, lattiero caseario, orzo, carne suina e salumi, olio di oliva, mais carne bovina, frutta in guscio. Questo comporta una significativa dipendenza dall’estero soprattutto per rispondere ad una forte crescita dell’export di food&beverage e derivati del tabacco. L’innovazione ci salverà, ma in Italia ancora poche aziende agricole, solo l’11%, investe in innovazione”.

D’altronde, gli obiettivi indicati dall’Europa per una neutralità climatica impongono agli agricoltori riduzioni significative entro il 2030 nell’utilizzo di agrofarmaci e antibiotici (-50%) nonché di fertilizzanti (-20%). I target della strategia ‘Farm to fork’ collegata al Green Deal sono ambiziosi e non certo ‘a costo zero’ per l’agricoltura comunitaria, visto che anche lo stesso Centro di Ricerca della Commissione Europea (JRC) ha valutato come l’applicazione tout court di tali tagli nei mezzi tecnici potrebbe portare ad una riduzione della produzione agricola dell’Ue compresa tra il 10 e il 15% rispetto ai livelli attuali.

Per l’Italia è fondamentale garantire sicurezze alle proprie filiere e agli agricoltori perché, oltre a garantire l’approvvigionamento dei diversi prodotti agroalimentari, sono in grado di generare quel ‘valore’ richiesto dai consumatori di tutto il mondo, necessario a preservare la competitività dell’intero sistema agroalimentare nazionale. Di questo ne è convinto Stefano Vaccari, direttore generale del Crea che sottolinea come “in un momento complesso come quello attuale non dobbiamo dimenticare che l’agricoltura italiana è la prima d’Europa in termini di valore aggiunto. Noi produciamo valore, non cibo. Questo significa che innovazione e formazione sono i naturali binari per correre sul mercato mondiale. Il Crea nel 2021 ha sviluppato oltre mille progetti di ricerca, tasselli potenti di crescita per l’agroalimentare. Abbiamo ora bisogno di concentrare gli sforzi della ricerca agricola su pochi, chiari campi di azione, come la genomica, l’agricoltura di precisione, la sostenibilità e le agroenergie. Oggi le risorse pubbliche scientifiche, specie quelle del Pnrr, sono estremamente frammentate non governate dal mondo agricolo: su questo speriamo che vi sia un cambiamento di rotta”.

“Nei prossimi 12 mesi – avverte – non c’è nessun rischio di crisi alimentare a causa delle quantità prodotte, ma molti rischi sono dati dalle incertezze dei mercati finanziari”. Vaccari osserva poi che “il sostegno pubblico all’agricoltura italiana proviene soprattutto dall’Unione europea e meno dallo Stato e questo penalizza le aziende agricole che non riescono a organizzarsi con l’Ue”.

“La vera innovazione – sostiene – è potenziare le conoscenze dell’imprenditore, creare valore vuol dire più imprenditoria; per l’imprenditore agricolo vuole dire essere ancora più dinamico sul mercato. Avere anche più consapevolezza di diventare da custode del territorio a custode del ciclo di vita”.

“Proprio nel sistema mondiale attuale – sottolinea Alessandro Apolito capo servizio tecnico gabinetto di presidenza e segreteria generale Coldiretti – c’è bisogno di una corresponsabilità la cui parola chiave è filiera. Nel settore dei cereali, ad esempio, c’era un trend di decrescita che però da quando le aziende hanno creduto nelle filiere 100% italiane si è interrotto. Alla base della sostenibilità c’è, inoltre, il pilastro fondamentale che è il prezzo equo. Abbiamo un’opportunità importantissima con il Pnrr e secondo Coldiretti bisogna puntare sulla sovranità alimentare, energetica e su un migliore utilizzo dell’acqua”.

“La transizione ecologica – sottolinea – deve vedere protagonista tutto il settore agroalimentare. Per farlo è necessario continuare a sostenere gli investimenti delle aziende, puntando su innovazione e agricoltura 4.0 per ridurre l’uso delle risorse e aumentare la produttività. I contratti di filiera del Pnrr vanno in questa direzione e Coldiretti, insieme a Filiera Italia, è pronta a presentare tanti progetti operativi e sostenibili”.

Rispetto a tali obiettivi, non mancano anche casi di successo che dimostrano come tali strumenti possono favorire la diffusione di processi innovativi in grado di permettere, al contempo, una sostenibilità a 360° (ambientale, sociale ed economica) per tutta la filiera. E’ quello che ha illustrato al convegno Gianmarco Laviola, amministratore delegato di Princes industrie alimentari che ha dichiarato come “promuovere la sostenibilità nell’industria del pomodoro non significa solo introdurre tecnologie avanzate nelle nostre produzioni ma investire nel ruolo della filiera per dare prospettiva di crescita al comparto, soprattutto in un contesto di grandi tensioni internazionali e di pressione sui costi delle materie prime. Princes industrie alimentari si impegna in questa direzione per tutelare e sostenere il pomodoro etico e 100% made in Puglia in tutto il mondo, sia attraverso uno specifico e rivoluzionario accordo di filiera stretto con Coldiretti sia con iniziative concrete sviluppate con le rappresentanze dei lavoratori e le associazioni che combattono il fenomeno dello sfruttamento del lavoro”.

Un’altra interessante case history dove attraverso accordi di filiera si sono raggiunti obiettivi di sostenibilità e di innovazione volta a migliorare il prodotto agricolo verso le nuove esigenze del mercato e di conseguenza a generare quel valore riconosciuto ai prodotti italiani è quella del tabacco: la filiera del tabacco ha infatti l’opportunità di esplorare nuove soluzioni innovative, che permetteranno di intraprendere più velocemente il percorso di transizione ecologica e digitale, anche alla luce della nuova riforma della Pac e in linea con il nuovo Green deal europeo.

“I termini sostenibilità e transizione – afferma Cesare Trippella head of leaf Eu Philip Morris Italia – ora sono comuni ma 11 anni fa erano visti con molto scetticismo. Una filiera quella del tabacco innovativa che coinvolge 25mila lavoratori. Nel 2011 abbiamo cercato di ottimizzare al massimo la filiera con un verbale di intesa con il ministero dell’Agricoltura per garantire ai nostri produttori di avere la certezza del prodotto che verrà commercializzato”.

“Continuiamo – assicura – a mettere al centro il nostro impegno finalizzato ormai da tempo a garantire una visione di medio e lungo termine e investimenti sulla transizione eco-energetica e digitale, supportando la sostenibilità ecologica e sociale per una filiera ottimizzata ed efficiente, con al centro le persone. E’ importante investire sul capitale umano che vede il 60% costituito da donne. Stiamo facendo un corso per rimanere nella successione generazionale all’interno delle aziende di famiglia. Tutti i nostri campi sono geolocalizzati e la tracciabilità è un must della nostra attività e tutte le nostre aziende sono verificate periodicamente dai nostri tecnici”.

“In un contesto macroeconomico sempre più complesso e in continuo cambiamento – avverte Trippella – credo sia fondamentale garantire stabilità e certezze ai coltivatori e alle filiere agricole. Come Philip Morris, il nostro impegno verso la filiera tabacchicola guarda al futuro e lo abbiamo già dimostrato con il rinnovo degli accordi con il Mipaaf. La nostra azienda è all’avanguardia anche dal punto di vista degli investimenti per la transizione energetica, ecologica e digitale della filiera tabacchicola: in linea con la visione innovativa di un mondo senza fumo, Philip Morris Italia già dal 2011 ha intrapreso azioni strategiche volte a tali transizioni, ottenendo successi nella riduzione di CO2, nell’uso responsabile della risorsa idrica, nonché nella digitalizzazione della filiera”.

A livello politico Raffaele Nevi responsabile Agricoltura Forza Italia precisa di “essere preoccupato perché ho l’impressione che la guerra invece di farci riflettere e ripensare le nostre priorità fa proseguire come nulla fosse. L’Europa è strategica e fondamentale per l’agricoltura e c’è necessità di una strategia di lungo periodo e di costruire un nuovo recovery fund.

“Credo – aggiunge Mino Taricco capogruppo Partito Democratico nella IX Commissione permanente – Agricoltura e produzione agroalimentare al Senato – che il cambiamento di consapevolezza in atto sulla sostenibilità nelle sue varie forme rafforza il pensiero dei cittadini su questo argomento. Il tema delle filiere è una delle frontiere del futuro e il loro rafforzamento può essere davvero uno strumento per un salto di qualità. Questi temi sono centrali e all’ordine del giorno su cui stiamo lavorando in commissione e sui quali il nostro impegno rimarrà fortissimo”.

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