Che la si chiami bioplastica oppure plastica compostabile o biodegradabile, il vero problema di questo nuovo materiale da imballaggio, eco-friendly a monte, sta in sostanza a valle, ovvero nello smaltimento. Attualmente – scrive Fruitbookmagazine – questo packaging è incompatibile con alcuni sistemi di gestione dei rifiuti e non esiste uno standard internazionale che ne definisca il corretto fine vita. Ecco allora che la plastica certificata come compostabile domestica alla fine viene destinata alla discarica, o all’inceneritore, cosa di cui la maggior parte dei consumatori è ignara. A dirlo è uno studio dello University College di Londra, pubblicato sulla rivista Frontiers in Sustainability, secondo cui il 60% della bioplastica non si decompone del tutto e quindi è un problema se viene riutilizzata inconsapevolmente come compost per orti e giardini.
Lo studio, guidato dalla ricercatrice Danielle Purkiss, ha coinvolto 9.701 cittadini britannici per indagare il loro grado di consapevolezza relativo alla plastica compostabile e al suo corretto smaltimento. Di questi, 1.648 cittadini hanno smaltito la bioplastica nella compostiera domestica, per testare le prestazioni ambientali di questo materiale. I risultati dello studio mostrano innanzitutto che il pubblico è confuso sul significato delle etichette riportate sulle plastiche compostabili e biodegradabili, che spesso risultano fuorvianti, portando ad un errato smaltimento dei rifiuti. Dai dati raccolti è emerso inoltre che il 14% degli imballaggi in bioplastica campionati era certificato solo come “compostabile industriale”, mentre il 46% non aveva la certificazione compostabile. Delle plastiche biodegradabili e compostabili testate in diverse condizioni di compostaggio domestico, la maggior parte non si è completamente degradata, compreso appunto il 60% di quelle certificate ufficialmente come “compostabili domestiche”.
Per entrambi questi motivi, dice lo studio, il compostaggio domestico degli imballaggi biodegradabili o compostabili – essendo incontrollato – non è quindi ritenuto un metodo di trattamento dei rifiuti efficace o vantaggioso per l’ambiente nel Regno Unito.
Sebbene la lavorazione della plastica compostabile e biodegradabile sia regolamentata da processi di gestione dei rifiuti organici industriali, l’esistenza di sistemi di raccolta e compostaggio industriale per questo materiale è infatti rara nel Regno Unito, spiega lo studio. Le plastiche compostabili e biodegradabili sono attualmente incompatibili con la maggior parte dei sistemi di digestione anaerobica (AD) e dei sistemi di riciclaggio (WRAP, 2020). Quindi il loro destino è appunto o la discarica o l’inceneritore. Lo smaltimento degli imballaggi compostabili nelle discariche non è vantaggioso per l’ambiente, tuttavia – precisa lo studio – in alcuni casi in cui i processi di incenerimento utilizzano l’energia proveniente dal recupero dei rifiuti, l’incenerimento degli imballaggi compostabili può offrire alcuni vantaggi in termini di riduzione delle emissioni complessive. Il destino tipico della discarica o dell’incenerimento non viene però solitamente comunicato ai consumatori, per questo secondo i ricercatori britannici le affermazioni ambientali fatte per gli imballaggi compostabili e biodegradabili possono essere fuorvianti.