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Ven. Nov 8th, 2024

L’Ue prepara la sua rivoluzione del packaging: più riuso, più vuoti a rendere e riciclo. In tempo di cene take away e acquisti su Amazon, l’Europa scommette tutto sulla nuova era dell’economia circolare per abbattere i rifiuti del packaging e svela la sua proposta di regolamento con target vincolanti al 2030 e 2040. Diremo dunque addio ad articoli della nostra quotidianità come le bustine di zucchero nei bar e i flaconcini di shampoo in hotel. Protesta però l’industria europea, con l’Italia e la Francia in prima fila a promettere battaglia al tavolo dei negoziati e l’ex numero uno di Confindustria, Antonio D’Amato, che taccia la Commissione europea di “populismo e demagogia”. E’ quanto riporta Tgcom24.

Nella giornata “verde” dell’Ue, che ha lanciato anche un’etichetta di sostenibilità per le plastiche biodegradabili, le crepe tra Bruxelles e Roma si allargano anche al mercato delle emissioni di CO2 (Ets), con il governo italiano che boccia l’accordo per inglobare il settore marittimo.

Lo scontro sui rifiuti da imballaggio si consuma tutto sul campo della dicotomia riuso-riciclo. Nel 2020 – sono le cifre riportate da Palazzo Berlaymont – ogni europeo ha generato quasi 180 chili di rifiuti: carta e cartone sono i principali colpevoli, con 32,7 milioni di tonnellate prodotte nel 2020, seguiti da plastica e vetro, circa 15 milioni di tonnellate a testa. E senza interventi i servizi del capo delle Politiche ambientali Ue, Frans Timmermans, stimano che nei prossimi otto anni gli scarti da imballaggio aumenterebbero del 19%, mentre per la plastica si parla addirittura di un +46%.

La rivoluzione europea del packaging – Uno scenario del genere affosserebbe gli obiettivi green del Vecchio Continente. Uno scenario che Bruxelles intende scongiurare con la sua rivoluzione del packaging: entro il 2030 il 20% delle bevande take-away fredde e calde dovrà essere servito in imballaggi riutilizzabili o con bicchieri o borracce portate dai clienti, per arrivare all’80% nel 2040. Per i piatti pronti da asporto dei ristoranti il target è del 10% nel 2030 e del 40% nel 2040. E per i colossi delle consegne a domicilio partoriti dalla gig-economy, come UberEats e Deliveroo, il traguardo è del 10% di riuso entro il 2030 e il 50% entro il 2040.

Dalla plastica alla carta, al bando le vecchia confezioni – Bandite le confezioni monouso nei locali di bar e ristoranti e addio anche ai flaconcini di shampoo e sapone negli hotel, mentre le bottiglie di vino sarebbero salve dai sistemi di vuoto a rendere molto amati nel Nord Europa. E per i nuovi imballaggi di plastica è prevista una quota obbligatoria minima del 30% di contenuto riciclato. Tutte azioni che dovrebbero portare l’Europa a tagliare la spazzatura di pacchetti e pacchettini del 15% pro-capite per ogni Paese membro entro il 2040. Ma che, dal punto di vista dell’industria di settore Ue, mancano di una valutazione scientifica e, nelle parole di Europen, rischiano “di andare contro gli obiettivi del Green Deal, riportando indietro le lancette dell’orologio del riciclo e compromettendo la funzionalità degli imballaggi nel proteggere i prodotti” con criteri di sicurezza e igiene.

La posizione dell’Italia, regina del riciclo nell’Ue – L’argomentazione appare ancora più vera per l’Italia, regina del riciclo in Ue, dove i vertici di governo e Confindustria sono ormai da settimane in agitazione. Uno scontro portato sul podio della sala stampa dallo stesso Frans Timmermans, che presentando il pacchetto si è avvalso del suo perfetto italiano per essere certo che il messaggio arrivasse forte e chiaro a Roma: “In Italia moltissimo già è stato fatto sul riciclo, vogliamo ancora di più, non di meno, non c’è competizione” con l’approccio del riuso e “nessuno” a Bruxelles “vuole mettere fine alle pratiche che funzionano bene o mettere in pericolo gli investimenti” nel settore. Una rassicurazione inutile per l’ex presidente di viale dell’Astronomia, secondo il quale la proposta “rischia di mettere in difficoltà la tenuta stessa del sistema” produttivo, e per Fratelli d’Italia che ha già annunciato il suo netto “no”.

Lo scontro sul mercato delle emissioni di CO2 – Nell’attesa che le trattative entrino nel vivo, gli opposti si scontrano anche sul mercato Ue della CO2 (Ets): l’intesa chiusa dai co-legislatori estende il sistema a tutte le navi Ue dal 2026. Un accordo “storico” per il Parlamento europeo bollato invece come “troppo ideologico” dal ministro Raffaele Fitto, preoccupato per le ripercussioni nazionali. In questo caso, però, i giochi sono fatti: non si può più tornare indietro.

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