Il nuovo anno si aprirà con un nuovo aumento dei prezzi del vetro: è di circa il 20% l’ulteriore incremento chiesto dai fornitori di bottiglie in aggiunta al surplus (48%) già riscontrato nel 2022 rispetto all’anno precedente. Il vino italiano sembra in buona salute, ma i continui aumenti dei costi delle materie prime, a partire dall’energia e dal vetro, rischiano di rabbuiare il 2023, già a rischio recessione.
A valle della filiera, la grande distribuzione resiste ad ogni ritocco di listino e, in questi giorni, sta chiedendo una moratoria sui prezzi per almeno 4-6 mesi. Una richiesta insostenibile, considerando che già nel 2022 le aziende del vino hanno assorbito gran parte dei forti aumenti di energia e materia prime: oggi continuare così significa perdere marginalità e redditività.
L’intero settore è in profonda sofferenza e rifiutare oggi gli adeguamenti dei prezzi, già programmati, significa mettere a rischio la tenuta dell’intera filiera vitivinicola a monte della distribuzione. Secondo Federvini e Unione Italiana Vini (Uiv) è necessario avviare un dialogo schietto e fattivo lungo tutta la filiera perché serve condivisione e la collaborazione di tutti per affrontare la difficile situazione contingente.
“In questo modo siamo tra l’incudine e il martello – dichiara Micaela Pallini, Presidente di Federvini – ci chiedono di accettare aumenti anche del 20%-25%, come quello del vetro, che soprattutto oggi ci sembra ingiustificato visto che i prezzi energetici al momento sembrano sotto controllo, però vorrebbero che i nostri prezzi finali rimanessero invariati. È evidente che questa combinazione non può assolutamente funzionare e mette a rischio migliaia di piccole e medie aziende, dopo due anni di bassa redditività e costi crescenti”.
Per il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi: “La congiuntura che va sempre più delineandosi minaccia da vicino un settore come il nostro. Siamo a cavallo tra un’escalation dei prezzi alla produzione, un minor potere di acquisto da parte dei consumatori, con storici partner – come la grande distribuzione e l’industria del vetro – che mostrano rigidità poco costruttive. Sarebbe invece importante potersi concentrare tutti assieme su possibili soluzioni.
Il mondo del vino chiude il 2022 con più ombre che luci e con un 2023 che potrebbe, nel suo scenario negativo fatto di recessione e guerra, oltremodo peggiorare. Secondo l’elaborazione dei dati Istat da parte delle 2 organizzazioni italiane del settore, nel corso del 2022 il mondo del vino ha registrato aumenti dei listini molto contenuti nella grande distribuzione (non oltre il 6,6% di media), quindi largamente sotto gli attuali livelli di inflazione e molto inferiori rispetto a quasi tutti i comparti dell’agroalimentare del Belpaese. Un deficit, questo, a cui si aggiunge il contestuale decremento volumico della domanda di vino presso la grande distribuzione nei primi 11 mesi dell’anno (-6%).
In una filiera lunga e complessa come quella vitivinicola, ogni sua parte ha un ruolo ma anche una responsabilità essenziale per il successo del comparto. Fughe solitarie in avanti, condizioni ultimative, richieste improponibili: per Federvini e Uiv sono tutti elementi che mettono a rischio il tessuto produttivo italiano e la fiducia dei consumatori.