Il divieto di produrre e vendere il cibo sintetico, creato in laboratorio, deciso dal Governo con il ddl approvato nel Consiglio dei ministri di ieri, mette a riparo 580 miliardi di euro di valore della filiera agroalimentare nazionale, un quarto del Pil nazionale.
E’ quanto emerge da un’indagine della Coldiretti sui danni provocati dalla diffusione degli alimenti sintetici alla filiera agroalimentare made in Italy diffusa in occasione di Cibus Connecting Italy a Parma, dove centinaia di agricoltori hanno organizzato un ‘blitz’ con la distribuzione di salame, prosciutto, parmigiano e porchetta dopo la decisione dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni su proposta del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e del ministro della Salute Orazio Schillaci, di schierarsi contro latte, bistecche e pesce in provetta.
Secondo l’associazione è a rischio anche l’occupazione della filiera agroalimentare che vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio oltre a 10mila agricoltori impegnati nella vendita diretta con Campagna Amica. Un patrimonio messo a rischio dal cibo sintetico, dalle indicazioni allarmistiche sul vino, ma anche dalle etichette con il semaforo ingannevole del Nutriscore che boccia le eccellenze tricolori.
“Servono rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare, riducano la dipendenza dall’estero e garantiscano un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’esigenza di “raddoppiare da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all’agroalimentare nel Pnrr spostando fondi da altri comparti per evitare di perdere i finanziamenti dell’Europa”.
Coldiretti: bene il ddl contro il cibo sintetico, mezzo milione di firme
Lo schema di disegno di legge del Governo contro il cibo sintetico risponde alle richieste di mezzo milione di italiani che hanno firmato la petizione promossa da Coldiretti per salvare il Made in Italy a tavola dall’attacco delle multinazionali, sottoscritta anche dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nell’esprimere soddisfazione per aver posto all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri il Disegno di legge “Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici”.
Le firme a supporto della nuova normativa sono state raccolte lungo tutto il Paese da Coldiretti insieme a Campagna Amica, World Farmers Markets Coalition, World Farmers Organization, Farm Europe e Filiera Italia. La petizione ha ricevuto l’adesione anche di altri Ministri e Sottosegretari, Parlamentari nazionali ed europei, Governatori, Sindaci, personalità della cultura dello sport e dello spettacolo, rappresentanti istituzionali di Regioni e Province, imprenditori e numerosi Vescovi.
Dopo l’autorizzazione per il consumo umano concessa dall’autorità alimentare americana Fda ai filetti di “pollo” creati in laboratorio dalla Upside Foods e a quelli della Good Meat, il rischio è una diffusione anche nell’Unione Europea dove già quest’anno – denuncia la Coldiretti – potrebbero essere introdotte le prime richieste di autorizzazione all’immissione in commercio che coinvolgono Efsa e Commissione Ue. Dopo la carne la sperimentazione si è estesa al pesce ed al latte mettendo a rischio la naturalità degli alimenti più presenti nella dieta.
“Ringraziamo il Governo per aver accolto il nostro appello a fermare una pericolosa deriva che mette a rischio il futuro della cultura alimentare nazionale, delle campagne e dei pascoli e dell’intera filiera del cibo Made in Italy e la stessa democrazia economica” ha aggiunto Prandini nel sottolineare che “le bugie sul cibo in provetta confermano che c’è una precisa strategia delle multinazionali che con abili operazioni di marketing puntano a modificare stili alimentari naturali fondati sulla qualità e la tradizione. La verità è che non si tratta di carne ma di un prodotto sintetico e ingegnerizzato, che non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali – conclude Prandini, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare e, inoltre, non è accessibile a tutti poiché è nelle mani di grandi multinazionali”.