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Mar. Nov 19th, 2024

E’ sempre più in crescita il bubble tea, noto anche come boba, lo snack-drink a base di tè e latte guarnito con perle di tapioca gommose o gelatine di frutta e sciroppi, creato a Taiwan intorno al 1980 e che continua a conquistare i palati di tutto il mondo.

Il mercato globale del “tè con le bolle” nel 2022 vale infatti 2,75 miliardi di dollari e si prevede un’interessante crescita per i prossimi anni con un Cagr del 9% (2023-2030) che va a sostituire quello al 7,8% previsto nel 2021, per il periodo 2020-2027. A fare il punto è Growth Capital, advisor in Italia per aumenti di capitale e operazioni di finanza straordinaria per startup e Pmi, che presenta la seconda edizione del “Bubble Tea Market Report 2023”. “L’aumento della prospettiva di crescita indica un mercato che non ha ancora raggiunto la fase di maturità, ma che continuerà a svilupparsi nei prossimi anni”, spiega Andrea Casati, Vice-President di Growth Capital.

Casati sottolinea che “a guidare il mercato continuano ad essere i Paesi Apac: solo a Taiwan, nel marzo 2023, si contano circa 21.000 boba shops, mentre gli Usa si posizionano al secondo posto con oltre il 35% di market share”. A controllare il mercato in Asia e Usa sono soprattutto i grandi franchising: tra le principali catene asiatiche spicca Gong Cha, presente anche in America, mentre tra le statunitensi sono da citare Sharetea, arrivata anche in Asia, e Quickly. L’Europa, con un valore di 300 milioni di dollari nel 2022, rappresenta l’11% del mercato mondiale e si attesta come uno dei mercati con il più alto tasso di crescita potenziale e la mancanza di un leader di riferimento lascia grande spazio per l’espansione delle catene europee.

L’attrattività del mercato europeo per il tè con le bolle è dimostrata dal fatto che alcune catene asiatiche abbiano recentemente approcciato i paesi Europei, sia tramite gestione diretta (Dos) che in franchising, anche se con linee di prodotti allineate ai gusti asiatici che rischia di penalizzarle. Per questo, Growth Capital prevede per il futuro o l’affermazione di un brand europeo o l’acquisizione di player locali da parte di una o più catene asiatiche, che tuttavia, per una efficace penetrazione del mercato, dovrebbero o cambiare brand, per identificarsi con quelli occidentali, o adattare la loro offerta ai gusti occidentali.


Per quanto riguarda l’Italia, secondo le stime di Growth Capital ripresa da Adnkronos, nel 2022 il mercato avrebbe raggiunto i 42 milioni di euro, ovvero oltre il 15% del mercato europeo, e potrebbe crescere a un Cagr del 18% nei prossimi 5 anni (raggiungendo 98 milioni di euro al 2027), per poi allinearsi alla crescita mondiale. In meno di due anni è cresciuto in maniera considerevole (51%) il numero di bubble tea store presenti in Italia: se a dicembre 2021 erano 156, distribuiti per la maggior parte nei più grandi capoluoghi di regione del Paese (Milano, Roma e Torino), a marzo 2023 sono stati censiti 236 punti vendita. A livello geografico, la maggior parte dei locali (157) si trova nelle grandi città come Milano, Roma, Torino, Firenze, Bologna, Napoli e Genova, mentre i restanti 79 store sono situati tra 23 città di medie dimensioni.

Le nuove aperture si sono concentrate soprattutto in vie ad alto flusso pedonale e ad alta densità di uffici, per favorire la natura prêt-à-porter del bubble tea, e nei quartieri cittadini noti come “China Town”, facendo leva sull’origine asiatica della bevanda. “La forza del brand e la capacità di attrarre e comunicare con la Gen Z e i Millenials sui social network rimangono fattori fondamentali che le catene di bubble tea devono considerare per affermarsi sul mercato”, sottolinea Andrea Casati di Growth Capital.

“Notiamo inoltre – indica Casati – la tendenza a inserire il bubble tea tra le offerte di esercizi commerciali al di fuori degli store focalizzati su questo prodotto, come catene di yogurt e gelati o di poké, ma anche bar generalisti e supermercati”. Questo secondo Casati “contribuirà a inserire sempre più la bevanda nelle abitudini dei consumatori, ma allo stesso tempo creerà la necessità – da parte delle catene di bubble tea – di contrastare la produzione di drink simili, ma spesso di minor qualità”.

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