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Gli americani al ristorante hanno scoperto il piacere (e il costo) del buon pane

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Non c’è più solo la bottiglia di vino (o l’acqua premium che si paga quanto un’opera d’arte) a far letteralmente lievitare il costo di una serata fuori casa: ci si e’ messo anche il pane, portato in tavola con una gamma di proposte molto speciali che possono far alzare il conto anche di una ventina di dollari.

Non e’ una stravaganza solo di New York o di Los Angeles, scrive Ansa. Da Dauphine a Washington, un ristorante ispirato alla cucina di New Orleans, fettine di brioche di patata dolce arrivano con biscotti al latticello e una mezza baguette a un costo di dieci dollari a cestino.

Bird Dog a Palo Alto serve una challah ibrida ebraico-giapponese, mentre Audrey a Nashville propone mini boule di pane degli Appalachi lievitato al sale. Il pane, quello buono, non e’ una novita’ nei ristoranti di un certo livello, ma adesso – ha scoperto il New York Times – e’ diventato una voce di menu’ come l’antipasto, il secondo o il dolce. Come da Hav & Mar, il ristorante di Marcus Samuelsson nel quartiere di Chelsea a Manhattan che mette sotto la voce “I Nostri Pani” offerte che vanno dai biscotti al siero di latte e farina di teff al pane di mais dolce, il tutto a un costo di 19 dollari, mentre da Nura, nella zona trend di Greenpoint a Brooklyn, il cestino del pane ne costa 21, ma ad addolcire il prezzo salato ci pensa l’assortimento di salsine con cui fare la scarpetta.

“All’inizio avevo paura che i clienti si spaventassero, perche’ chiaramente non sono a buon mercato. Ma alle rimostranze seguono subito i complimenti. Ci dicono che ne valeva la pena””, ha detto al New York Times Sam Short che cura per Nura la produzione di pane e dolci. La giustificazione dei ristoratori e’ che, se e’ vero che la farina costa poco, il pane richiede molto lavoro: da Hav & Mar la fornaia Farheen Jafarey comincia a lavorare alle sette del mattino ed e’ da sola sei giorni alla settimana. A volte il processo prende giorni, come per il pane degli Appalachi di Audrey la cui preparazione comincia la sera prima e continua l’indomani quando da 100 a 200 forme vengono fermentate, sgassate, formate, testate e finalmente messe in forno: ogni pagnotta – spiegano – viene manipolata da cinque dipendenti prima che il cestino arrivi nelle mani del cameriere. Il fenomeno e’ relativamente nuovo.

Secondo Michael Werrell di Audrey tutto e’ nato col boom del pane fatto in casa durante la pandemia: “E’ stato allora che, cercando ricette in rete e scambiandosi consigli, gli americani hanno scoperto la passione per il buon pane”. E se la mania di improvvisarsi fornai e’ stata superata con la fine dei lockdown, non e’ sparito il livello di esperienze collettive che non fanno piu’ accettare per passabile il banale pane a cassetta.

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