“Il comparto agroalimentare è estremamente variegato e in ognuno dei singoli settori sono diverse le dinamiche e i meccanismi relativi ai contratti e alla contrattazione sindacale e dunque anche all’eventuale impatto positivo e/o negativo di un eventuale reddito minimo”. Lo dice all’Adnkronos/Labitalia Guglielmo Gennaro Auricchio, presidente giovani di Federalimentare, export manager e responsabile per la sostenibilità del Gruppo Auricchio.
“E’ certo – sostiene – che alcune filiere già ora hanno un costo del lavoro al limite della sostenibilità economica, anche se al contempo è vero che in alcuni casi ancora oggi si verificano fenomeni di sfruttamento terrificanti come il caporalato che sono sicuramente da combattere”.
“Per il settore agroalimentare il costo del lavoro è un grande problema, la tassazione sul lavoro non permette agli imprenditori di garantire ai propri dipendenti, soprattutto i ruoli ad alto valore aggiunto e le risorse più performanti, stipendi competitivi quanto quelli che si possono vedere all’estero in ruoli comparabili, sia amministrativi che operativi. Su questo è certo che il tema della riduzione del cuneo fiscale possa essere una leva efficace, anche se è un tema decisamente complesso”. Lo dice all’Adnkronos/Labitalia Guglielmo Gennaro Auricchio, presidente giovani di Federalimentare, export manager e responsabile per la sostenibilità del Gruppo Auricchio.
“Per il settore agroalimentare le tematiche relative al lavoro e ai lavoratori sono sicuramente tra le più calde in assoluto. Innanzitutto, il fabbisogno di lavoratori competenti ed uno dei problemi principali; come gran parte dei settori è sempre più difficile trovare operatori, soprattutto specializzati, in particolare per quei ruoli visti dagli esterni come lavori poveri e che però sono tutto fuorché poveri in termini di competenze richieste ed anche compensi”. Lo dice all’Adnkronos/Labitalia Guglielmo Gennaro Auricchio, presidente giovani di Federalimentare, export manager e responsabile per la sostenibilità del Gruppo Auricchio.
“Su questo – spiega – tanto ci sarebbe tanto da fare in termini di sviluppo di centri di competenze che facciano conoscere ‘il mestiere’ e formino operatori competenti per i ruoli che oltretutto sono spesso quelli più intimamente legati al know-how che contraddistingue la tradizione alimentare italiana”.