“L’attuale sistema alimentare globale non solo non funziona, ma ha dei risvolti criminogeni: è il primo responsabile del cambiamento climatico e – considerando tutto il ciclo dagli allevamenti all’agricoltura estensiva, dalla trasformazione alla distribuzione e consumo – incide per il 35% sulla produzione di anidride carbonica”. A sostegno di questa tesi il sociologo e fondatore dell’associazione Slow Food e Terra Madre, Carlin Petrini, ha portato dei numeri inequivocabili all’incontro “Emergenza climatica e transizione ecologica” organizzato al Meeting di Rimini.
“Il 33% del cibo al mondo va sprecato – ha ricordato Petrini – infatti ogni anno buttiamo via 1,5 miliardi di tonnellate di cibo edibile. Per produrre 1,5 miliardi di tonnellate di cibo sono stati utilizzati almeno 200 milioni di ettari di terra fertile e miliardi e miliardi di litri di acqua. Siamo in presenza di una persistenza di carenza di cibo: secondo gli ultimi dati Fao siamo passati da 850 milioni di persone senza cibo a oltre 900 milioni, e si contano almeno 25 milioni di morti di fame, in maggior parte bambini. È una vergogna planetaria, non si può più far finta di niente. Dovrebbe essere uno dei primi elementi in cui la politica planetaria deve per forza intervenire. Assistere in questo modo passivo è da irresponsabili”. Lo spreco riguarda i nostri comportamenti che vanno cambiati – ha aggiunto il sociologo – ma il cambio dei nostri comportamenti non è l’avvio di un periodo di mortificazione, ma l’avvio di un periodo di liberazione”.
Un aspetto completamente sconosciuto della transizione ecologica è quello legato agli istituti bancari che investono nelle energie fossili, come ha spiegato Gaël Giraud, Economista, gesuita, docente alla Georgetown University di Washington.
“Se domattina decidessimo che le energie fossili – carbone, petrolio e gas – sono completamente vietate, il prezzo di mercato di questi fossili nel bilancio di alcune banche sarebbe pari a zero dopo due settimane. Questo significherebbe la morte di tutte le banche”. Questo come conseguenza delle decisioni prese negli ultimi cinquant’anni. “Non è solo delle banche, ma è colpa collettiva – ha ricordato Giraud -. Per le banche la transizione ecologica significherebbe la morte. Ecco perché la maggioranza delle banche sta dicendo che la transizione ecologica è una cosa complessa, da affrontare con calma, lo sta dicendo ai politici e alle imprese” per generare timore tra la “gente che avrebbe paura a provocare la morte del sistema bancario”.
Secondo il gesuita “entro qualche anno” da Bruxelles si deciderà di applicare la stessa soluzione presa dopo la crisi finanziaria del 2008: creare una banca ‘spazzatura’ (bad bank) pubblica per ogni paese che compra gli attivi fossili. Il debito di questa banca si trasformerebbe in un debito pubblico pagato dai cittadini”. Un’alternativa sarebbe quella di “chiedere alla Bce di giocare il ruolo di ‘banca spazzatura’ per tutta la zona euro”. Un’opzione giudicata possibile a livello tecnico ma non a livello politico perché – ha fatto notare padre Giraud – “gli europei potrebbero chiedere alla Bce di fare lo stesso per salvare ospedali e scuole. Questo dibattito non lo vogliono. Ma io penso che sia un’attitudine antidemocratica non poter discutere dentro lo spazio pubblico europeo dell’uso democratico del potere di creazione monetaria della Bce”.