Breaking
Dom. Dic 22nd, 2024

In un mercato globale sempre più volatile, le aziende devono quotidianamente confrontarsi non solo con variabili come l’aumento delle materie prime o le instabilità geo-politiche, ma anche e soprattutto con la complessità intrinseca ai nuovi modelli di sviluppo sostenibile.

In Italia, secondo i dati appena diffusi da ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), l’attenzione alla sostenibilità è alta, ma cresce lo scetticismo e i progressi in termini di raggiungimento degli obiettivi ESG2030 sono decisamente insufficienti. Quali sono, dunque, per le aziende le azioni più efficaci e gli investimenti su cui puntare per affrontare con successo un reale processo di transizione verso la sostenibilità?

Per rispondere a questi interrogativi è stato condotto il sondaggio “Sostenibilità. A che punto è il food italiano?” realizzato per il secondo anno di fila da Food, brand di Gruppo Food, media company specializzata nella comunicazione btb nel settore food&beverage, in collaborazione con Porsche Consulting e presentato a Milano il 24 ottobre scorso in occasione dell’evento Food Social Impact – Ecosistemi in transizione. Food Social Impact è l’Action Tank di Gruppo Food, nato per promuovere e valorizzare la diffusione di pratiche responsabili e comportamenti sostenibili lungo l’intera filiera agroalimentare, un settore che in Italia rappresenta il 15% del PIL (Ismea, 2022).

La presentazione del sondaggio, avvenuta nella cornice del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, è stata un’occasione di confronto tra industria e retail per esaminare le sfide e le best practice nel processo di transizione verso la sostenibilità. La survey, condotta nel periodo luglio 2023-ottobre 2023, ha svolto un’indagine su oltre 18.500 player. L’obiettivo era fotografare le attività già intraprese sul fronte della sostenibilità per arrivare a un’analisi del valore attribuito a questo tema all’interno delle aziende. Tre gli ambiti presi in considerazione: Nutrizione, Ambiente, Persone.

Tra i risultati più interessanti, il fatto che il 62,5% delle aziende intervistate continuerà a investire in sostenibilità ambientale nonostante le difficoltà. Tre i principali ambiti di intervento: Circular economy, riduzione dei consumi energetici, controllo delle emissioni di CO2. Nel complesso, secondo i dati della survey, la sostenibilità ha ormai assunto pari rilevanza rispetto alla profittabilità e la maggioranza delle aziende è disposta a investire in innovazione per portare avanti il processo di transizione. Sarà determinante anche saper attrarre i talenti e consolidare le competenze di alcune figure professionali oggi sempre più strategiche, come il Sustainabiliy manager destinato ad assumere un ruolo prioritario all’interno delle aziende.

I player dell’industria, del retail e del terzo settore sono stati chiamati a riflettere su questi temi, presentando nuovi progetti di filiera virtuosi, nuove linee di prodotto incentrate su salute e benessere della persona, iniziative sul packaging e attività di formazione e sostenibilità sociale. Tra i partecipanti: RiceHouse, Riso Gallo, Porsche Consulting, Loacker, Selex, Banco Alimentare, PENNY Italia, PAM, Number1, Sustainability Makers, Nestlé Italia, con interventi suddivisi nei tre ambiti presi in considerazione dalla survey: Ambiente, Persone, Nutrizione.

I RISULTATI DEL SONDAGGIO

Difficoltà e sfide: pesa la mancanza di budget per il 40% degli intervistati

Alla domanda su quali sono/saranno le principali difficoltà che le aziende e il retail prevedono di incontrare nei prossimi 3/5 anni nel proprio processo di evoluzione, il 65,6% degli intervistati ha indicato il costo elevato delle materie prime, seguito dalle lentezze legislative/burocratiche (53,1%). L’aumento dei costi sembra non solo preoccupare le aziende, ma anche condizionare pesantemente le scelte di investimento, visto che quest’anno ben il 43,8% degli intervistati inserisce la mancanza di budget tra le nuove difficoltà da superare. Emerge poi il problema del reperire competenze e figure professionali adeguate (31,2%) già evidenziato nel precedente sondaggio condotto nel 2022.

Nonostante le difficoltà, il 62,5% delle aziende si è dichiarato comunque intenzionato a investire in sostenibilità ambientale e la sfida nel medio termine (3-5 anni) secondo il 50% degli intervistati sarà riuscire a gestire la propria transizione in modo da mantenere comunque alti i profitti.

Parola d’ordine: innovazione di prodotto

La partita si giocherà indubbiamente sulla capacità di fare innovazione di prodotto (cruciale per il 43,8% degli intervistati), di attrarre i talenti (34,4%) e di inserirsi in nuovi mercati (28,1%). Meno urgente, ma comunque importante, sarà anche lo sviluppo e l’accelerazione dei processi di digitalizzazione e automazione della filiera (secondo il 28,1% di chi ha risposto al sondaggio). Meno prioritario ma, in ogni caso, necessario sarà lavorare sull’inserimento di servizi integrativi (25%), sulla riorganizzazione dei processi (23%), sulla ricerca di nuovi canali di sviluppo (21,9%), sulla gestione agile del lavoro (16,7%) e sulle politiche di cessione e acquisizione aziendali (13,3%).

Le soluzioni per migliorare la sostenibilità dei processi produttivi

Alla richiesta di indicare le soluzioni ritenute più efficaci per migliorare la sostenibilità dei processi produttivi il 66% indica la circular economy e la riduzione degli sprechi; il 59% è orientato verso la ricerca di fonti energetiche rinnovabili, il 31% sui processi di controllo e compensazione delle emissioni di CO2 e il 28% sulla gestione differenziata dei rifiuti.

Relativamente alle azioni più rilevanti su cui investire, il 56% del campione intervistato appoggia la selezione attenta dei fornitori, il 44 % indica l’ottimizzazione della logistica, il 43% è a favore dei sistemi di tracciabilità, il 25% è orientato verso la filiera corta con produttori locali e il 22% verso la filiera corta in termini di numeri di intermediari.

Anche sul fronte del packaging si sta facendo molto. Il 65,6% degli intervistati ritiene l’impiego di materiali riciclabili tra le soluzioni più efficaci adottate sino ad oggi, assieme alla riduzione del numero degli imballi (59,4%) e alla diminuzione del contenuto di plastica (34,4%). Per il momento solo il 3% è favorevole alla totale eliminazione del pack e alla conversione al prodotto sfuso.

Il pillar Persone sempre più importante

Complessivamente, gli intervistati confermano che, in termini di azioni e investimenti, il pillar Persone è al primo posto nelle priorità, seguito da Ambiente e Nutrizione.

Oltre a quanto previsto già dalla normativa, tre saranno i principali fronti su cui si concentreranno gli interventi: l’equilibrio di genere (48,3%), l’equità di salario (41,4%) e le politiche diversity&inclusion (41,4%). Al quarto posto le pari opportunità (34,5%).

Work life balance (60%) e Benefit (36,7%) saranno le due politiche di welfare su cui continuare a puntare per consolidare le relazioni con i propri dipendenti. Interessante notare come un 33% circa abbia indicato anche l’introduzione di servizi in azienda, quali asilo nido, palestra e aree wellness. All’ultimo posto, invece, gli investimenti su mensa e buoni pasto (30%).

Nutrizione: l’importanza delle etichette

Venendo all’ambito della Nutrizione, il tema dell’etichettatura resta cruciale, a fronte anche delle battaglie tra i vari sistemi recepiti nei mercati Europei ed extraeuropei. Il 62,5% dei player intervistati ritiene fondamentale l’indicazione relativa alle certificazioni dei prodotti e delle materie prime, indubbiamente ritenute non solo una leva di marketing, ma anche una garanzia di trasparenza nei confronti del consumatore finale. Non meno importanti e decisamente utili anche l’indicazione degli ingredienti naturali (50%) e funzionali (46,9%) così come i claim nutrizionali (40,6%) con la consapevolezza che oggi il consumatore è sempre più attento nelle proprie scelte di acquisto. In particolare le aziende sembrano aver compreso che quello degli alimenti funzionali o nutraceutici è un trend che dischiude interessanti opportunità, trattandosi di un mercato che ad oggi vale circa 380 mld di Euro a livello globale e che è destinato a raddoppiare entro il 2030. Secondo il 25% degli intervistati, infine, è importante inserire in etichetta la provenienza locale così come quella biologica (21,9%).

Gestione degli sprechi: donazioni, app digitali e comunicazione al consumatore

Il panel degli intervistati è stato chiamato a riflettere anche sul tema del food waste, una delle questioni cardine del nostro tempo visto che solo in Europa la Commissione Europea stima uno spreco di 89 milioni di tonnellate all’anno, ben 179 kg per ciascun cittadino.

Gli interventi volti alla riduzione degli sprechi alimentari sono indispensabili per le aziende, se vogliono allinearsi agli obiettivi dell’Agenda 2030. Dal sondaggio di Food è emerso che la corretta gestione delle eccedenze, attraverso la donazione a enti e associazioni, è al centro delle strategie intraprese dal 43,8% degli intervistati. Il 37,5% è poi a favore dell’introduzione di un’etichetta anti-spreco (proposta avanzata dalla Commissione Europea già a gennaio ma ancora in fase di studio; ndr) che allunghi la vita dei prodotti chiarendo la differenza tra “consumare entro” e “consumare preferibilmente entro”.

Secondo il 31,2% degli intervistati un altro valido supporto ai comportamenti virtuosi nell’acquisto e nel consumo dei cibi sono le piattaforme digitali e le App anti-spreco, assieme a specifiche campagne di comunicazione rivolte al consumatore

Il 21,9% dei player, inoltre, si è attivato attraverso soluzioni di vendita in canali alternativi, come gli spacci aziendali e i punti spesa per i dipendenti, mentre il 15,6% si concentra sul lancio di iniziative di monitoraggio dello spreco e miglioramento dei processi core.

Promuovere la sostenibilità nutrizionale

Approfondendo il discorso relativo alle buone pratiche di comunicazione, volte a promuovere la sostenibilità nutrizionale, il 45,2% degli intervistati ha scelto di supportare centri di ricerca e progetti dedicati, il 32,3% sta facendo ricorso a figure di professionisti come medici e nutrizionisti e il 19,4% ha attivato o sta attivando collaborazioni con influencer e brand ambassador.

Un limite allo sviluppo di mercato dei prodotti con un contenuto di sostenibilità può essere il prezzo, tanto più in un momento come quello attuale di crisi dei consumi, nonostante l’incremento generalizzato di una sensibilità rispetto al tema. Dalla survey emerge che alle aziende non è chiaro se quanto dichiarato dai consumatori sull’essere disposti a premiare prodotti e aziende sostenibili si traduca poi effettivamente in atti d’acquisto.

Le conclusioni

A fronte delle problematiche e delle relative soluzioni individuate dai partecipanti al sondaggio, resta evidente che una reale svolta si avrà nel momento in cui la profittabilità da un lato e la sostenibilità e l’innovazione dall’altro non saranno vissute come forze divergenti, ma come elementi chiave di un unico ecosistema che se sostenuti con competenza e visione concorrono agli obiettivi di crescita delle aziende nel lungo periodo.

Related Post