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Dom. Dic 22nd, 2024

Iniziata in Campania la prima raccolta della nuova varietà di clementine tardive made in Italy. Si chiama “Perrina” ed è frutto di una mutazione spontanea della clementina “comune”, individuata dall’agronomo calabrese Francesco Perri (da cui prende il nome) che ne è in termini tecnici il “costitutore” e sperimentata per decenni insieme all’istituto di ricerca pubblico CREA OFA. Matura dalla seconda metà di gennaio fino agli inizi di febbraio ed è nata dagli investimenti di Op Armonia, una delle principali aziende agrumicole italiane con sede e stabilimenti a Battipaglia (SA).

Nella campagna di raccolta 2023-24, la prima per questa varietà, sono previsti 80 mila kg di frutti che provengono dai 20 ettari di agrumeti di ultima generazione nelle campagne del salernitano, tra Eboli e Battipaglia. Si tratta dunque di una produzione limitata, che verrà commercializzata attraverso il marchio Dolce Clementina nella fascia premium e sarà in commercio nella Gdo italiana a partire da metà gennaio 2024.

La Perrina colmerà il gap con le produzioni estere.

“Questa varietà tardiva – spiega Marco Eleuteri, presidente di Op Armonia – colmerà il buco produttivo creato dall’obsolescenza varietale della clementina comune. Grazie al programma di miglioramento varietale della clementina italiana, sono stati realizzati dal 2017 ad oggi, centinaia di ibridi attualmente in osservazione nei nostri campi sperimentali, e c’è una buona probabilità di individuare qualche nuova varietà di clementine e mandarino-simili con caratteristiche qualitative superiori a quelle delle varietà presenti sul mercato, o quantomeno, con caratteristiche distintive rispetto alle attuali: si pensi alle nuove varietà di agrumi “easy pealer” a polpa pigmentata, verso i quali c’è un grandissimo interesse sul mercato agrumicolo internazionale”.

I maggiori competitors nel segmento delle clementine sono i paesi del bacino del Mediterraneo, primo tra tutti la Spagna, poi le produzioni del Nordafrica (Marocco ed Egitto), così come di Israele, Turchia e Grecia. L’Italia in questo segmento di produzione, negli ultimi 30 anni ha perso progressivamente rilevanza internazionale; dall’essere un esportatore netto di clementine/mandarini, nell’ultimo decennio è diventato importatore netto. “Proprio alla luce di questa debacle – sottolinea Eleuteri – assume ancora maggiore importanza l’attività di ricerca e innovazione, senza la quale sarebbe impensabile qualsiasi intento di rilancio del settore“.

Il panorama della produzione italiana di clementine.

Negli ultimi tre anni la superficie in ettari di clementine è passata dai 25.696 ettari coltivati a 24.859 ettari (Fonte dati Istat) per una produzione stimata nel 2023 a 6.339.626 quintali, sostanzialmente stabile rispetto allo scorso anno, ma in calo rispetto ai precedenti.

Tra gli agrumi, quello delle clementine, rimane il segmento più interessante per richiesta di mercato, I cambiamenti climatici relativi agli ultimi anni hanno particolarmente destabilizzato le produzioni, con la campagna 2022-2023 che si è particolarmente contraddistinta per le basse rese produttive e per una stagionalità ridotta dettata da una breve shelf life (durata della vita del prodotto) degli stessi frutti.

“La campagna in corso, 2023-2024, – spiega l’agronomo Francesco Perri – si protrarrà fino a fine gennaio è caratterizzata da un buon livello gustativo, ma in alcuni territori agrumicoli ha registrato un’alta percentuale di calibri ridotti dovuti alla persistente siccità e alle alte e anomale temperature da oltre sei mesi”.

Attualmente il 90% circa della produzione clementicola italiana è rappresentato dalla varietà “comune”, una varietà antica, che purtroppo negli ultimi anni ha presentato criticità produttive crescenti, evidenziando chiari segnali di obsolescenza dovuti principalmente al cambio climatico in atto. Se, infatti, fino ad una decina di anni fa, anche attraverso l’aiuto di pratiche agronomiche, tale varietà poteva essere raccolta e distribuita lungo un arco temporale di circa 3 mesi (novembre-gennaio), negli ultimi anni tale periodo si è andato progressivamente accorciando riducendosi progressivamente a 6/7 settimane (ultimo triennio), con una conseguente maggiore concentrazione della produzione in un periodo più limitato di tempo, con gravi conseguenze sia in termini di quotazioni commerciali, sia in termini di attrattività dell’offerta commerciale, che ha mostrato la necessità di nuove varietà in gdo di coprire il periodo lasciato scoperto dalla varietà comune (dalla seconda metà di dicembre alla fine di gennaio).

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