“È con grandissima soddisfazione che accogliamo la notizia dell’autorizzazione, da parte delle Autorità giapponesi, di due stabilimenti italiani a riprendere l’esportazione di prodotti a base di carne suina cotti verso il Giappone” ha dichiarato il Presidente di ASSICA, Francesco Pizzagalli.
Sarà quindi possibile tornare ad esportare prosciutti cotti, mortadelle e wurstel dopo due anni di stop a causa della peste suina africana in Italia (PSA).
“Desidero esprimere i più sentiti ringraziamenti al Ministero della Salute italiano e alla nostra Ambasciata a Tokyo che per due anni hanno lavorato con dedizione e impegno straordinari, negoziando con le Autorità giapponesi nuove condizioni per l’export di prodotti suini dall’Italia, banditi a seguito del riscontro della Peste suina africana sul nostro territorio da gennaio 2022. Il clima di fiducia e stima che da sempre caratterizza le relazioni tra le Autorità italiane e giapponesi è stato in questi anni consolidato e anche rafforzato tanto che l’Italia è il primo Paese non indenne da Peste Suina Africana che ottiene dal Ministry of Agriculture, Forestry and Fisheries (MAFF) la possibilità di esportare prodotti a base di carne suina”.
Dopo l’accordo di maggio 2023 tra il nostro Ministero della Salute e il MAFF sui requisiti sanitari da soddisfare per l’export di prodotti cotti e la successiva missione in Italia da parte di ispettori veterinari giapponesi, giunge finalmente la notizia della riapertura del mercato ai prodotti della salumeria italiana. “Si tratta di una decisione molto importante che speriamo sia di esempio per gli altri Paesi terzi che dal 2022 hanno adottato restrizioni all’importazione dei prodotti suini italiani. Il prossimo obiettivo è, ovviamente, l’ampliamento della lista degli stabilimenti italiani autorizzati all’esportazione di prodotti cotti e successivamente la riapertura del mercato ai prodotti stagionati, in particolare prosciutti crudi stagionati oltre i 400 giorni” ha concluso il Presidente Pizzagalli.
Secondo i dati Assica nel 2021, prima della chiusura del mercato, si erano esportate circa 2.700 tonnellate di salumi per un valore di oltre 31 milioni di euro. Valori che ponevano il Giappone quale terzo Paese di destinazione per i nostri salumi fuori dalla Unione Europea.