Ospite di Klaus Davi, conduttore e ideatore del talk su Youtube ‘KlausCondicio’, Sigfrido Ranucci ha parlato a tutto campo dell’industria del vino e delle prossime inchieste che il suo programma Report condurrà su questo tema. Nella puntata andata in onda domenica 17 dicembre, con interviste ad esperti ed imprenditori del settore tra cui Lamberto Frescobaldi (Presidente Unione Italiana Vini), Ritano Baragli (Presidente Cantina Sociale Colli Fiorentini), Attilio Scienza (Professore di viticoltura presso l’Università degli studi di Milano), Giovanna Lomolino e Luigi Forlin (Azienda agricola Minos), si può evidenziare un attacco vero e proprio al mondo del vino italiano. La puntata su Rai 3 ha fatto il pieno di ascolti sfiorando il 10% di share con quasi 2 milioni di telespettatori collegati, tra i più alti in assoluto nel prime time della domenica sera, come ricorda questa nota dell’agenzia Klaus Davi & Co.
Le bordate di Ranucci al mondo del vino non sono mancate. A cominciare dai consorzi: «In Italia hanno un fatturato annuo di 14 miliardi di euro e sono ancora utili, ma il problema è che questi consorzi sono diventati veri e propri centri di potere che riescono ad ottenere favori in materia di controlli», ha dichiarato Ranucci durante l’intervista di Davi.
Gli episodi di raggiro per quanto riguarda il mercato del vino sembrano essere ormai all’ordine del giorno. «Il vero problema che noi di Report abbiamo voluto denunciare riguarda l’uso di sostanze che servono per correggere la qualità del vino già a partire dall’uva. Se non ha il giusto grado di zucchero oggi si aggiunge il mosto rettificato, poi ci sono i lieviti al sapore di frutti di bosco o agrumi che servono per dare retrogusto al vino e abbiamo ritrovato anche l’uso di argille e sostanze animali come la gelatina proveniente dai suini o l’albume. E ancora abbiamo riscontrato l’utilizzo di chips di legno rovere per dare il sapore di barricato al vino in poche settimane (di solito ci vogliono anni) e così via», ha spiegato Ranucci, che poi ha chiuso: «Nelle cantine italiane pensavamo di trovare romantici vinificatori che pigiano il mosto e invece c’è il piccolo chimico». L’obiettivo degli imprenditori, come spesso accade in questi casi, è ridurre il più possibile i costi e aumentare i guadagni. «Una delle regole più violate in assoluto riguarda la tendenza a vinificare l’uva da tavola. Si arriverebbe anche ad allungare le uve Glera, quelle che servono per produrre il Prosecco. Il tutto per abbassare i costi. Si tratta di un fenomeno diffuso e ben collaudato, con tanto di mediatori e luogo di appuntamento conosciuti da tutti i vinificatori. Quest’anno poi, per via della peronospora, il fungo flagello dei viticoltori che azzera i raccolti, si rischia che il vino imbottigliato venga allungato con uva da tavola», ha dichiarato il conduttore di Report.
Il rischio è quindi quello di andare contro ai vari disciplinari che regolano il mondo della produzione del vino: infatti qualora si trattasse di destrutturazione del mosto sarebbe una grave sofisticazione del prodotto vino. In qualche modo però gli imprenditori del settore se la stanno cavando: «Non possiamo definire tutte queste operazioni che ho citato come ‘sofisticazioni’ del vino se vengono utilizzati prodotti leciti. Io parlerei più di manipolazione delle uve – ha specificato il conduttore – il che è consentito dai disciplinari occasionalmente». In uno dei servizi dello scorso 17 dicembre Report ha mostrato anche l’importanza di un’espressione che si può trovare sulle etichette delle bottiglie. «Le norme europee sulle etichettature vengono rispettate, ma grazie al nostro approfondimento abbiamo imparato che se vogliamo un vino realizzato con uve di un determinato produttore bisogna scegliere la bottiglia con l’etichetta su cui c’è la scritta ‘imbottigliato all’origine’. Ma alzi la mano chi lo sapeva. Bisognerebbe allora insegnare a leggere le etichette», ha ammesso Ranucci.
L’obiettivo dell’inchiesta aperta dallo storico contenitore di Rai 3 non è assolutamente quello di distruggere un’eccellenza italiana. «In realtà il nostro fine è esattamente l’opposto – spiega Ranucci a Klaus Davi – stiamo cercando di evidenziare le criticità di questo mondo per migliorare un prodotto che è un’eccellenza italiana. E io non credo che all’estero siano dei ‘verginelli’ in tema di sostanze per migliorare il vino. Ma credo che l’abuso di queste sostanze mortifichi la qualità di chi invece cura al massimo tutte le fasi della produzione del vino. Alla fine poco importa se produci uva di qualità perché poi con un po’ di mosto rettificato, lieviti alla frutta, gelatine animali e chips riesci a produrre un vino alcolico, fruttato e barricato». Per chiarire ulteriormente il concetto Ranucci cita un’altra delle storiche inchieste condotte negli anni da Report: «È come nel caso della pizza napoletana. Quando denunciammo che per produrla si utilizzavano alimenti scarsi, che il fondo era bruciato e non si pulivano i forni, ci fu la ribellione a Napoli. Fummo contestati aspramente, ma mostrammo che un altro modo di fare la pizza era possibile, ossia con farine non raffinate, olio extravergine, forni puliti o a gas. Da lì è nata la pizza contemporanea che ha riportato i pizzaioli napoletani nel mondo. E alla fine sono stati loro stessi a riconoscere un ruolo decisivo all’inchiesta di Report», ha confessato il giornalista. Tornando alla questione vino, un altro dei problemi nella produzione attuale è che ormai si tende a puntare troppo sulla quantità piuttosto che sulla qualità: «Controllare tutti i furbi in questo mondo è impossibile.
E qualche anomalia nella gestione dell’ufficio repressione frodi c’è stata. Io credo però che il problema sia culturale – ha fatto notare Sigfrido Ranucci a Klaus Davi – Di vino ne produciamo troppo. Con i nuovi metodi di trattamento non butti neppure un acino d’uva andato a male. Bisogna tornare a puntare di più sulla qualità, ma si deve partire dall’amore della terra dove si coltiva». Infine il conduttore di Report ha espresso il suo punto di vista sull’andamento della stagione dello storico programma di Rai 3, in onda regolarmente da 27 anni: «Abbiamo chiuso l’anno 2023 con il botto. Lo spostamento di Report dal lunedì alla domenica è stata una questione molto delicata, ma la nostra squadra è stata straordinaria per impegno e qualità. Dopo la stagione scorsa, che è stata la più lunga, ci è stato chiesto di anticipare di circa un mese la messa in onda. Siamo stati pronti. Senza dubbio se fossimo rimasti di lunedì con questa qualità nei servizi avremmo probabilmente realizzato qualche punto in più di share. Però guardiamo anche i lati positivi: l’edizione della domenica sera ha un peso specifico più alto e inoltre sono saliti anche gli ascolti delle repliche. Da settimane siamo il miglior programma d’informazione sui social. Insomma, dopo 27 anni di storia Report continua a lasciare il segno. Questa è la sua incredibile forza», ha chiuso Sigfrido Ranucci rivolgendosi a Klaus Davi.