L’iniziativa è stata presentata durante l’annuale Simposio “Le Stelle della Ristorazione” – in cui APCI è stato presente come Event Coordinator – a Torino, il 18 e il 19 marzo, all’interno della manifestazione Horeca ExpoForum.
La sostenibilità è da sempre uno dei valori fondamentali dell’azienda,cheda sempre è impegnata in progetti e attività volti al rispetto dell’ambiente. Per questo motivo, Olitalia ha deciso di perseguire l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale e promuovere una cultura ecosostenibile, facendosi portavoce di un tema molto importante nel settore: il corretto smaltimento degli oli esausti.
Infatti, l’impatto della scorretta gestione degli oli esausti può avere degli effetti pericolosi sull’ambiente, mettendo in pericolo la vita della flora e della fauna in terreni, falde acquifere, mare e corsi d’acqua. Per dare qualche esempio: l’olio esausto, se versato nella rete fognaria, danneggia le condutture e i depuratori gravando sui costi di gestione degli impianti. Secondo il Rapporto Ambientale Conoe 2018, 1 kg di olio vegetale esausto smaltito impropriamente inquina una superficie di 1.000m – pari quasi alla superficie di una piscina olimpionica! – costa 0,60€/Kg circa per il pretrattamento delle acque da depurare, costa 0,50€/Kg circa per evitare l’intasamento dei sistemi di pompaggio.
La corretta gestione degli oli esausti ha quindi dei benefici sia economici sia ambientali. Il primo passo per prevenire danni economici e ambientali avviene proprio in cucina, con la differenziazione dell’olio esausto dal resto dei rifiuti organici. Infatti, se opportunamente raccolti e trattati, questi oli possono diventare una materia molto preziosa da cui ricavare nuove risorse come il biodiesel, ma anche vernici, candele e sapone! Il biodiesel è un biocarburante rinnovabile che riduce di circa il 40% le emissioni di CO2 rispetto al gasolio fossile. Ne esistono di diversi tipi, tra cui quello ottenuto da scarti organici, come grassi e oli vegetali esausti.
Proprio il biodiesel ottenuto da questi ultimi – detto di seconda generazione – è quello più ecologico, poiché, diversamente da altre tipologie, non deriva da coltivazioni ad hoc (soia, palma, cereali o colza) e quindi non entra in competizione con l’agricoltura alimentare.