Comodo per i consumatori, problematico e controverso per i lavoratori, non un grande affare per gli azionisti. Il business del food delivery fino ad ora sembra avere soddisfatto soltanto le aspettative e i bisogni dei suoi clienti, che con pochi tocchi sullo smartphone si assicurano un pasto a domicilio risparmiandosi il tempo ai fornelli.
Anche l’andamento dei loro titoli riflette la mutata dinamica degli affari. Dopo anni di forte crescita legati alla pandemia, quando il consumo dei cibi a domicilio è cresciuto a dismisura, con le azioni delle società che hanno toccato i massimi, ora invece tutte le società viaggiano su livelli lontanissimi dai massimi di qualche anno fa.
Gli investitori però, sottolinea il Ft, non sarebbero però orientati a continuare a sostenere il business alla cieca. “La volontà degli investitori di finanziare le perdite è cambiata”, evidenzia l’analista di Ubs Jo Barnet-Lamb, citato dal quotidiano londinese, aggiungendo che ora vogliono che questo business “si dimostri sostenibile e in crescita”.
Ai numeri raccolti da Ft – e ripresi da Msn.com – mancano i dati di Uber Eats, visto che Uber – pur quotata – non diffonde i dati scorporati della sua attività di food delivery. Tuttavia la società ha raggiunto lo scorso anno il suo primo utile della storia a livello operativo.
Il settore resta comunque ampiamente sotto pressione. Da un lato una competizione molto serrata dal lato dei prezzi, con le aziende costrette a ridurre le commissioni per guadagnare terreno sui concorrenti, dall’altra la crescente vigilanza dei Paesi sulle condizioni di lavoro dei rider e sul controverso rapporto con l’algoritmo che ne regola l’attività.
Non mancano comunque i segnali di ottimismo. In aprile Just Eat, Deliveroo e Deliver Hero hanno spiegato tutte di puntare quest’anno un free cash flow positivo, traguardo già raggiunto dalla loro rivale DoorDash.