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Sab. Nov 23rd, 2024

C’è un numero magico su Google, che ritorna praticamente sempre nelle analisi delle ricerche eseguite sul motore di ricerca e che può allo stesso tempo significare speranza o disperazione per un sito. Il numero è 45,46 e, come ha spiegato al We Make Future di Bologna Ivano Di Biasi, CEO e co-founder di SEOZoom, rappresenta “la percentuale di traffico che generalmente ottiene una pagina web se si posiziona al primo posto su Google per una keyword, ma anche il dato di Traffic Share su un intero cluster, che vuol dire che la pagina è sempre al primo posto per qualsiasi ricerca correlata”.

E quindi, in termini pratici, 45,46% è il muro contro cui la maggior parte dei siti si infrange se non adottano tecniche SEO nuove oppure, con una strategia mirata, diventa il traguardo da raggiungere per conquistare visite e visibilità su Google.

Nel suo intervento nel corso della più importante manifestazione italiana per i temi della tecnologia e del digitale, Di Biasi ha presentato i risultati di una ricerca eseguita utilizzando i Big Data di SEOZoom, che ha consentito di far luce sui più recenti comportamenti di Google riguardo al posizionamento dei siti nelle sue pagine dei risultati.

“Il risultato mi ha veramente lasciato a bocca aperta”, ha confessato Di Biasi, che ha studiato milioni e milioni di keyword, domini e URL su Google, eseguendo con SEOZoom l’analisi di tutte le keyword e delle loro SERP. Per la prima volta, infatti, è emersa “una serie di pattern ricorrenti sul motore di ricerca confermati dai dati”: grazie allo strumento Traffic Share, in particolare, è stato possibile studiare il “volume di ricerca complessivo” di tutte le keyword che Google considera correlate all’intento di ricerca di un utente, e quindi non solo il classico volume di ricerca di una keyword mostrato dagli altri SEO tool.

Questo ha offerto insight molto più veritieri sugli effettivi rendimenti dei siti e, soprattutto, ha fatto emergere alcuni schemi ricorrenti sul motore di ricerca. In particolare, Di Biasi è riuscito a rivelare che:

1.Google posiziona sempre gli stessi siti ai primi tre posti. La TOP 3 su Google è sempre identica nel tempo e le posizioni non cambiano; al contrario, il ranking di chi è in basso è estremamente instabile e ruota vertiginosamente, ogni giorno, con conseguenti variazioni di visibilità e clic.

2.I primi tre siti, insieme, conquistano circa il 77% di tutti i clic degli utenti. In pratica, oltre sette utenti su dieci finiscono su una delle prime tre pagine mostrate dal motore di ricerca. Tutti gli altri siti sono quindi costretti a dividersi appena il 23% dell’intero volume di ricerca.

3.I siti della TOP 3 conquistano le stesse posizioni non solo per una singola keyword, ma per tutte le parole chiave correlate all’intento di ricerca. Ed è qui che emerge il valore di 45,46% su interi cluster, che è appunto la quota di traffico che segnala che la pagina è sempre al primo posto su qualsiasi keyword! Questo include anche le keyword long tail, che una volta erano la “speranza” dei siti più piccoli alla ricerca di visibilità.

“Ho scoperto un pregiudizio dell’algoritmo di Google, che sembra essere diventato pigro e posiziona le pagine in maniera praticamente fissa”. Ad esempio, come mostrato nelle slide dell’intervento, nel settore cucina “i contenuti di GialloZafferano sono sempre migliori di tutti su tutto, quelli di Cucchiaio.it sono sempre leggermente al di sotto e poi quelli di fattoincasadabenedetta sono sempre sotto i primi due, ma comunque migliori di tutti gli altri esistenti”, ha detto Ivano Di Biasi al WMF2024.

Questa rivelazione non significa però che “la SEO è morta” o che i siti piccoli debbano rassegnarsi all’impossibilità di competere contro i “colossi”: secondo Di Biasi, infatti, ci sono alcuni modi per far emergere contenuti ottimi che però non sono “ben visti” dall’algoritmo di Google, partendo però dal cambiare approccio alla SEO e smettere di concentrarsi “sulle keyword e sull’illusione della long tail” per analizzare i dati relativi a tutto l’intento di ricerca che ci ruota intorno.

In concreto, bisogna iniziare a lavorare al rafforzamento della autorevolezza del dominio, che oggi è il principale fattore di ranking, utilizzando tutti i canali a disposizione: SEO, ma anche attività off-site come Link Building, pubblicità, Digital PR, Eventi, Social, Libri e qualsiasi altra soluzione utile ad aumentare l’autorevolezza del brand. Inoltre, non basta scrivere contenuti di qualità, ma servono contenuti superlativi per superare i grandi competitor, e quindi diventa fondamentale utilizzare gli strumenti giusti che possono supportare questo sforzo, come l’assistente editoriale di SEOZoom.

E sempre grazie a SEOZoom è possibile anche trovare uno spiraglio per farsi largo dal predominio ingombrante dei competitor in TOP 3. Secondo Ivano Di Biasi, la soluzione è individuare tutti i cluster di keyword dove i competitor principali hanno una percentuale di Traffic Share al di sotto del 20%, dove quindi hanno lasciato spazio, e quindi produrre contenuti mirati per guadagnare traffico organico e raggiungere l’agognata meta del 45,46%.

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