Quasi due italiani su tre (64%) hanno fatto la spesa almeno una volta nel 2024 in un mercato contadino, con la vendita diretta dall’agricoltore che rappresenta la prima garanzia sulla sostenibilità di quanto si porta in tavola. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti su dati Noto Sondaggi diffusa in occasione della Giornata della gastronomia sostenibile che si festeggia il 18 giugno.
Fare la spesa a chilometri zero in filiere corte – spiega Coldiretti – con l’acquisto di prodotti locali taglia del 60% lo spreco alimentare rispetto ai sistemi alimentari tradizionali, secondo una analisi della Coldiretti sulla base dello studio Ispra. Ma la vendita diretta dal contadino consente anche di abbattere le migliaia di chilometri che frutta e verdura stranieri percorrono in media prima di giungere sulle tavole, tutelando così l’ambiente con la riduzione delle emissioni in atmosfera dovute alla combustione di benzina e gasolio.
Un’opportunità resa possibile – ricorda la Coldiretti – dalla presenza in Italia della più estesa rete organizzata di mercati contadini con 15mila agricoltori coinvolti in circa 1.200 farmers market di Campagna Amica. I mercati dei contadini non sono solo un luogo di commercio, ma negli anni sono diventati dei veri e propri “laboratori”, centri di divulgazione del prodotto e, attraverso il contatto stretto con i consumatori, hanno favorito la diffusione di una corretta cultura alimentare fondata su qualità, sicurezza, legame col territorio e rispetto dei principi della Dieta Mediterranea, oggi messa a rischio dalla diffusione di sistemi ingannevoli come il Nutriscore che bocciano le eccellenze del made in Italy a tavola.
I mercati contadini rappresentano la vetrina di un’agricoltura italiana che è oggi la più green d’Europa con 5450 specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni censite dalle Regioni, 325 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, la leadership nel biologico con circa 86mila aziende agricole biologiche e una percentuale di appena lo 0,5% di prodotti agroalimentari nazionali con residui chimici irregolari, 5 volte in meno dei prodotti di importazione, il cui tasso di non conformità in media è pari a 2,6% secondo elaborazioni Coldiretti su dati Efsa.