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Ven. Dic 27th, 2024
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Sette italiani su dieci dicono sì alle denominazioni “meat sounding” dei prodotti a base vegetale, nonostante sia ancora in via di perfezionamento la legge che le vieta nel nostro Paese. Piacciono quindi ai consumatori gli hamburger di legumi, lo spezzatino di seitan o le bistecche di soia, la bresaola vegana e tutti gli altri nomi di prodotti plant based che richiamano la carne, secondo quanto rileva un sondaggio condotto da YouGov e commissionato dal Good Food Institute Europe (GFI Europe).

Il sondaggio evidenzia infatti che il 69% dei consumatori italiani intervistati ritiene appropriate le denominazioni che richiamano la carne per i prodotti a base vegetale e il 68% crede che le aziende debbano essere libere di utilizzare questi nomi per le alternative vegetali ai prodotti di origine animale. Solo il 21% ritiene che l’utilizzo di queste definizioni possa creare confusione nel consumatore ed è favorevole al divieto.

La questione Meat Sounding è ancora ferma sui tavoli della polica, dopo che il governo italiano ha emanato la legge 172/2023 che, oltre a vietare la produzione di carne coltivata, mette un veto alle denominazioni richiamanti la carne nei prodotti vegetali. Una norma che, oltre a confondere ulteriormente il consumatore, rischia di danneggiare i produttori, costretti a rivedere tutta la loro politica di marketing se la misura fosse attuata.

“La legge sarà probabilmente inapplicabile perché non tiene conto del sistema normativo europeo e del principio di libera circolazione delle merci tra i paesi membri, uno dei pilastri su cui si fonda l’Unione. Come spesso avviene, i consumatori sono più avanti della politica indicando a questa la strada da seguire. È ora però che i decisori ascoltino seriamente i cittadini”. A parlare è Massimo Santinelli, fondatore di Biolab, una delle prime aziende italiane specializzate nella produzione di alimenti biologici a base vegetale. “Chiediamo alla politica italiana di rivedere le sue posizioni in tema di meat sounding, che stanno tenendo le aziende nel limbo da mesi. Del resto si tratta di pozioni antiquate, non in linea con le attuali propensioni di consumo e che non fanno fare all’Italia una bella figura sulla scena europea e internazionale”.

Tutto questo in un contesto che vede il settore dei prodotti plant based in forte crescita, visto che rappresenta oggi in Italia un mercato da 681 milioni di euro, con un aumento delle vendite del 21% tra il 2020 e il 2022. Cifre che fanno guadagnare al nostro paese il titolo di terzo mercato più grande d’Europa. I consumatori italiani sembrano infatti sempre più convinti della necessità di diminuire il consumo di carne e di prodotti animali.

A confermarlo è lo stesso sondaggio GFI secondo il quale il 70% degli intervistati è convinto che il consumo di carne in Italia sia troppo elevato e il 60% pianifica di mangiare meno carne o non mangiarne affatto nei prossimi due anni. Dati che confermano il trend rilevato dal Centro Alimenti e Nutrizione del CREA nel 2023, secondo cui la metà degli italiani ha ridotto il consumo di carne, e dallo studio Smart Protein, che colloca i consumatori italiani ai primi posti in Europa per consumo e gradimento delle proteine vegetali. Lo stesso studio evidenzia un alto livello di fiducia nei prodotti plant-based riguardo alla sicurezza alimentare (66%), accuratezza dell’etichettatura (64%) e e affidabilità (63%).

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