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Mer. Dic 25th, 2024

Trasformare l’anidride carbonica assorbita dalle piante in un prodotto vero e proprio vendibile sul mercato, al pari della frutta e della verdura, nell’ottica di un’agricoltura sempre più sostenibile e al tempo stesso capace di generare un nuovo importante indotto economico per i produttori.

È questa l’idea alla base di Control Carbon, progetto promosso da Conserve Italia e co-finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale 2014-20 (PSR), che lo scorso 26 giugno si è concluso dopo quasi due anni di ricerca e sperimentazioni.

Sviluppato in collaborazione con l’Università di Genova, l’Università degli Studi di Milano, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e Tetis Institute Srl, il progetto fornisce una strumentazione che consente alle aziende agricole che adottano le cosiddette pratiche di Carbon farming di calcolare l’assorbimento di anidride carbonica da parte di alcune colture (mais dolce, pomodoro da industria, pere), generando “crediti” scambiabili sul mercato volontario dei crediti di carbonio, valorizzando gli sforzi del settore agricolo.

“L’iniziativa pilota che abbiamo portato avanti in questi mesi ha riguardato alcune coltivazioni tipiche del territorio emiliano-romagnolo, in particolare il mais dolce, coltura strategica per le sue capacità di assorbimento di CO2, ma anche il pomodoro da industria e gli alberi da frutto – spiega Pietro Crudele dell’Ufficio Ambiente e Certificazioni di Conserve Italia, nonché referente del progetto -. L’ottimizzazione degli input di natura antropica, unita all’adozione di buone pratiche nella gestione degli impianti, può permettere di neutralizzare il bilancio delle emissioni di gas serra, rendendo queste colture sostenibili dal punto di vista dell’impatto ambientale. In quest’ottica, il sequestro di carbonio nel suolo gioca un ruolo molto importante ed è da qui che prende le mosse Control Carbon, un progetto che vuole trasformare l’anidride carbonica in un prodotto vero e proprio, che genera reddito al pari di frutta e verdura”.

“Con questo progetto gli agricoltori, che rappresentano la base sociale delle cooperative a noi associate, possono finalmente diventare protagonisti attivi della sostenibilità continuando a svolgere il loro lavoro, ossia la coltivazione della terra con pratiche agronomiche virtuose e sempre più attente alla riduzione dell’impatto ambientale – afferma Pier Paolo Rosetti, direttore generale di Conserve Italia -. Ora, grazie a un tool che quantifica la capacità di stoccaggio delle varie produzioni e la relativa quantità di crediti spendibili in un mercato quotato, siamo nelle condizioni di proporre una nuova opportunità per ottenere nuove fonti di reddito facendo al tempo stesso il bene del Pianeta”.

Il progetto Control Carbon


Le cosiddette pratiche di Carbon Farming, oltre ad arricchire il terreno di carbonio, aiutano a migliorare la fertilità e la biodiversità del suolo. Tra queste, l’uso di colture di copertura (come ad esempio le cover crops), il passaggio da lavorazioni del terreno convenzionali a lavorazioni conservative, l’aumento delle rotazioni colturali, l’uso di compost o di letame solido e l’agro-silvicoltura, sono solo alcune delle pratiche che si utilizzano in campo agricolo. Il “sequestro di carbonio” nei suoli risulta infatti efficace solo quando viene abbinato a pratiche di agricoltura rigenerativa. E l’accumulo annuale di carbonio nel terreno può variare a seconda del luogo, del clima e di come i suoli vengono gestiti.

Partendo da queste premesse, il progetto Control Carbon è riuscito a creare una metodologia di monitoraggio e verifica dell’assorbimento di carbonio delle varie colture attraverso un tool che consente di generare crediti di carbonio, strumenti finanziari che rappresentano una tonnellata di CO2 non emessa o rimossa dall’atmosfera scambiabili nel mercato volontario del carbonio. Per ottenerli, però, le rimozioni nette calcolate tramite la metodologia sviluppata nel progetto devono seguire una procedura di certificazione secondo uno specifico protocollo. “Il nostro intento è valorizzare gli investimenti che gli agricoltori stanno facendo a favore di un’agricoltura sempre più sostenibile – spiega la prof.ssa Adriana Del Borghi, pro-rettrice alla Sostenibilità dell’Università di Genova e CEO di Tetis Institute Srl -. Vogliamo mettere la scienza al loro servizio per sottolineare il ruolo fondamentale che rivestono in qualità di assorbitori di anidride carbonica. Progetti come questo sono importantissimi, perché consentono di ottenere le informazioni e i dati per giocare d’anticipo rispetto alle regole del mercato che saranno fissate dall’Europa nei prossimi 2 o 3 anni”.

Fondamentale anche il lavoro svolto dall’Università degli Studi di Milano sotto la guida della dott.ssa Livia Paleari, ricercatrice del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’UNIMI, che ha utilizzato i dati raccolti con la tecnologia del CNR di Bologna, la torre di Eddy Covariance, per mettere a punto dei modelli di simulazione che permettono di analizzare gli ipotetici scenari. Sperimentazioni che hanno avuto luogo nel corso dell’ultimo anno nel pereto della CAB Massari, azienda socia di cooperative aderenti a Conserve Italia, dove sono stati installati sensori, stazioni meteo e altri dispositivi necessari per l’analisi del carbonio sequestrato. “Tramite questo strumento – sottolinea la dott.ssa Livia Paleari – abbiamo valutato come e quanto le pratiche gestionali incidono sulla capacità delle colture di sequestrare il carbonio, così da poter selezionare la migliore soluzione possibile in termini di assorbimento: capire quali sono le migliori pratiche ci consente di salvaguardare e migliorare la produttività, aumentando al tempo stesso la capacità del terreno di sequestrare carbonio”.

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