La passione degli italiani per il caffè supera anche l’aumento del costo della tazzina al bar. E’ la bevanda che da secoli riempie la nostra quotidianità con il suo aroma inconfondibile. “Si stima che, in un anno, una persona adulta consumi, da sola, circa un chilo e mezzo di caffè da cui ricava un gran quantitativo di composti, tra i quali primeggia la caffeina nota per i suoi effetti sulla vigilanza e l’energia. Una tazzina di caffè espresso ne contiene in media 80 mg, contro i 120 mg medi di una tazzina di caffè preparato con la moka e i 5 mg di un decaffeinato”.
A fare il punto per l’Adnkronos Salute, in occasione della Giornata internazionale del caffè, è Mauro Minelli, medico esperto di immunologia della nutrizione e docente dell’Università Lum (Libera Università Mediterranea). Per Minelli, “1-2 tazzine di caffè al giorno è la quantità giornaliera promossa” all’interno dell’alimentazione.
L’esperto passa in rassegna i pro e i contro del caffè analizzando gli effetti di questa bevanda sul nostro organismo. “La caffeina è un alcaloide in grado di facilitare la liberazione e dunque la biodisponibilità di importanti neurotrasmettitori come l’adrenalina, ciò che rende più energico e vivace il consumatore che abbia sorseggiato un buon caffè. E’ stato pure osservato – prosegue Minelli – che la caffeina è in grado di inibire la secrezione di mediatori dell’infiammazione, effetto che si fa sentire soprattutto sulle cellule del colon. Altri potenziali benefìci della caffeina sarebbero quelli di contrastare la crescita cellulare nei tumori, per quanto sull’argomento tanto ci sia ancora da conoscere ed approfondire in ragione dell’alta variabilità delle evidenze al momento disponibili”.
Tra gli altri componenti del caffè spiccano i polifenoli, “tra i quali merita una menzione particolare l’acido caffeico che ha mostrato effetti neuroprotettivi potendo avere un ruolo nella prevenzione di patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson”, osserva il medico.
“Certamente non mancano gli effetti rischiosi del caffè, considerando che questa bevanda può provocare assuefazione e aggravare eventuali malattie cardiovascolari già in atto – ricorda Minelli – Un’attenzione particolare all’eccessivo consumo di caffè va posta pure in gravidanza, nel corso della quale un’assunzione di caffè sopra le righe potrebbe portare ad un ritardo della crescita intrauterina del feto. Nel novero delle controindicazioni, altro elemento importante da considerare sono le possibili interferenze tra caffè e farmaci, un po’ perché la caffeina condivide con diversi medicamenti gli stessi percorsi metabolici e un po’ perché molti antinfiammatori, antinfluenzali e antidolorifici contengono caffeina. Per tali ragioni sarà sempre il caso di modulare l’assunzione del caffè, escludendone categoricamente l’uso per fare scendere giù l’eventuale pastiglia, potendo la caffeina condizionare l’azione farmacologica di più principi attivi amplificando l’attività di alcuni o riducendola per altri”.
Inoltre, “è importante ricordare che il caffè induce una maggiore secrezione di succhi gastrici tutt’altro che benefici in chi dovesse soffrire gastrite o di reflusso gastroesofageo. Emergono, dunque, effetti del caffè sul tratto gastroenterico, ciò che riduce le complessive capacità dell’organismo di poter fruire appieno delle virtù dell’infuso di caffè non adeguatamente ‘gestito’ dal sistema preposto al suo assorbimento e alla sua trasformazione. D’altro canto, come per qualsiasi altro cibo o bevanda – osserva l’immunologo – il tratto gastrointestinale è pur sempre il primo sistema corporeo ad entrare in contatto con il caffè, potendo da quest’ultimo ricevere effetti locali tanto immediati quanto ritardati, che studi recenti associano all’azione del microbiota intestinale”.
“Sembra, infatti – precisa l’esperto – che sia quest’ultimo a fare da intermediario, visto che proprio dall’azione dei composti bioattivi del caffè sui batteri della microflora potrebbero scaturire conseguenze sulla salute umana. In effetti, secondo una serie di studi in tal senso già pubblicati e condotti anche sull’uomo, l’abitudine del caffè sembra associarsi a rimaneggiamenti qualitative e quantitativi nella composizione del microbiota, a loro volta in grado di esplicitarsi con effetti locali e sistemici. Dunque – chiosa Minelli – le influenze del caffè sul microbiota intestinale possono avere importanti implicazioni per la salute umana. In particolare, secondo alcune osservazioni, il caffè potrebbe svolgere, verosimilmente attraverso una selezione di batteri ‘buoni’ (Faecalibacterium, Lactobacillus, Akkermansia e Bifidobacterium), un ruolo protettivo contro alcune malattie come il diabete di tipo 2 e la steatosi epatica non alcolica”.
“E poi c’è la genetica, anzi la ‘nutrigenetica’, ossia quella scienza che permette di capire se la variabilità di risposta delle persone al cibo abbia una base genetica e, in caso affermativo, applicare analisi specifiche per predire la risposta ai singoli alimenti”, continua Minelli.
“La caffeina – chiarisce – è metabolizzata nel fegato, da un particolare enzima indicato con la sigla CYP 1A2 che mostra, tra gli individui, un’ampia variabilità della propria attività. Sicché un’anomalia strutturale di questo enzima, determinata da una singola mutazione nel gene che lo produce, ne altera l’attività con conseguente compromissione del metabolismo della caffeina. Ci saranno, così, individui, definiti metabolizzatori lenti, che difficilmente riescono ad assumere una seconda tazza di caffè al giorno, differentemente dai metabolizzatori rapidi, molto meno soggetti ai disturbi cardiovascolari indotti dalla caffeina ed in grado di bere giornalmente diverse tazze di caffè, addirittura traendone, secondo alcuni autori, un benefico effetto sulla salute”, conclude l’esperto.