I buoni pasto rappresentano un importante supporto per molti lavoratori, integrando il reddito mensile e consentendo l’acquisto di beni e servizi alimentari presso negozi convenzionati.
Disponibili sia in formato elettronico che cartaceo, questi strumenti sono regolamentati con precise condizioni d’uso, tra cui una data di scadenza e un limite di utilizzo di massimo 8 buoni alla volta.
Oltre a essere apprezzati dai lavoratori, i buoni pasto sono vantaggiosi anche per i datori di lavoro, grazie alle agevolazioni fiscali previste. Tuttavia, il sistema attuale presenta diverse criticità, che negli ultimi anni hanno evidenziato la necessità di una riforma strutturale. Tra le proposte in discussione, spicca l’introduzione di un tetto massimo alle commissioni di incasso per gli esercenti, fissato al 5% del valore nominale del buono, come previsto da un emendamento al DDL Concorrenza.
Un sistema in difficoltà
Il funzionamento dei buoni pasto è sempre più oggetto di critiche per le difficoltà che lavoratori ed esercenti incontrano nell’utilizzarli o accettarli. Altroconsumo sottolinea come i problemi di accettazione siano in crescita, causando disagi significativi per i cittadini, che considerano questi buoni una risorsa fondamentale.
Come funziona il mercato dei buoni pasto
Il sistema coinvolge quattro principali attori:
- I datori di lavoro, che forniscono i buoni come alternativa alla mensa aziendale, godendo di benefici fiscali.
- Le società emittenti, responsabili della produzione dei buoni e della stipula delle convenzioni con gli esercenti.
- Gli esercenti, che accettano i buoni per il pagamento di beni e servizi, ma devono sostenere commissioni elevate per riscuoterne il valore.
- I lavoratori, che ricevono i buoni e desiderano utilizzarli per acquisti alimentari secondo le proprie necessità.
Nonostante questa struttura, il sistema è squilibrato. Le società emittenti spesso offrono ai datori di lavoro sconti elevati, fino al 20% sul valore nominale dei buoni, recuperando poi queste somme tramite commissioni elevate imposte agli esercenti. Tali commissioni possono raggiungere il 20%, spingendo molti negozi a rifiutare i buoni pasto e creando difficoltà per i lavoratori.
La necessità di una riforma
Altroconsumo evidenzia come il sistema attuale favorisca principalmente le società emittenti, penalizzando esercenti e lavoratori. Per questo, propone una riforma radicale che preveda l’integrazione diretta del valore dei buoni pasto nella busta paga dei lavoratori. La petizione lanciata in tal senso ha già raccolto oltre 46mila firme.
Una misura correttiva immediata
In attesa di una riforma più ampia, è necessario introdurre un correttivo urgente: fissare un tetto massimo alle commissioni di incasso per gli esercenti, che attualmente superano in media l’11%, con punte del 20%. Altroconsumo sostiene un emendamento al DDL Concorrenza, in discussione in Parlamento, che propone di limitare queste commissioni al 5% del valore nominale del buono, in linea con quanto già avviene per i buoni pasto del settore pubblico.
Estendere questa regola anche al settore privato, che rappresenta oltre il 60% del mercato dei buoni pasto in Italia, sarebbe un passo fondamentale per garantire equità tra lavoratori pubblici e privati, oltre a rendere il sistema più sostenibile per esercenti e consumatori.