Un gesto quotidiano, apparentemente semplice e a volte dato per scontato, può nascondere un significato profondo. Quante volte ci capita di offrire un caffè o di riceverlo in dono da chi incontriamo ogni giorno? Moltissime, perché per gli italiani il caffè rappresenta un segno tangibile di attenzione verso gli altri. Secondo l’indagine “Se è italiano… si sente! – Gli Italiani e il Caffè” condotta da AstraRicerche per il Consorzio Promozione Caffè, il 91,2% degli intervistati considera questo gesto una dimostrazione di gentilezza. Non sorprende, quindi, che il caffè sia diventato anche un simbolo di solidarietà grazie alla tradizione del “caffè sospeso”, nata a Napoli e ormai diffusa in tutto il mondo. Una tradizione che, dal 2010, viene celebrata ogni 10 dicembre grazie alla Rete del Caffè Sospeso e altre associazioni.
“Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due: uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo”, così Luciano De Crescenzo descriveva questa usanza nata a Napoli durante la Seconda Guerra Mondiale. In quegli anni difficili, non tutti potevano permettersi un caffè al bar. Chi aveva la possibilità economica ne pagava uno in più, lasciandolo “in sospeso” per chi non poteva permetterselo. Bastava chiedere se ci fosse un “caffè sospeso” per ricevere una tazza calda, un piccolo conforto che alleviava per un istante le difficoltà del tempo.
Ancora oggi, nei bar di Napoli, in particolare quelli storici, si possono contare fino a cinquanta caffè sospesi al giorno per locale. Ma questa tradizione non è più solo napoletana. Si è diffusa in tutta Italia e nel mondo, con il “suspended coffee” negli Stati Uniti e Regno Unito, il “cafè pendiente” in Spagna e Argentina, il “cafè suspendu” in Belgio e persino l’“Uppskjuten” in Svezia. La generosità alla base del caffè sospeso ha ispirato anche altre iniziative, dando vita a un’economia solidale: pane, pizza, carrelli della spesa, biglietti per il cinema o il teatro, libri e persino farmaci e visite mediche “sospesi” sono diventati realtà grazie a questo modello altruistico. Il meccanismo è sempre lo stesso: si consuma per sé, ma si paga per aiutare qualcun altro in difficoltà.
La data del 10 dicembre non è casuale: è il giorno scelto dall’ONU per celebrare la Giornata Mondiale dei Diritti Umani, un’occasione per riflettere sull’importanza di gesti semplici come offrire un caffè a chi ne ha bisogno. Perché il caffè non è solo una bevanda: è un simbolo di conforto, un momento di sollievo e, soprattutto, un atto di cura verso l’altro. Offrirlo è un gesto disinteressato che scalda il cuore e invita le persone a riunirsi, superando barriere e differenze.
“Offrire un caffè è un gesto semplice, che nella frenesia della vita quotidiana può sembrare quasi banale, ma che racchiude attenzione, affetto e cura verso gli altri. Non è un caso che questa tradizione sia nata a Napoli, una città generosa dove il caffè è un rito che unisce le persone”, afferma Michele Monzini, presidente del Consorzio Promozione Caffè. “Regalando un caffè a chi ne ha bisogno, possiamo fare la differenza per chi vive un momento difficile, mostrando che la generosità è uno dei valori più forti della nostra cultura.”
Da oltre 30 anni, il Consorzio Promozione Caffè riunisce le principali aziende del settore, promuovendo la cultura del caffè e il suo ruolo come simbolo di solidarietà e condivisione.