L’industria olivicola italiana sta affrontando una crisi strutturale. Negli ultimi 15 anni, il Paese ha perso oltre il 30% del raccolto e il 38% della produzione di olio d’oliva, mentre la superficie coltivata è diminuita solo del 3%. Tra le cause principali ci sono condizioni climatiche avverse, la frammentazione produttiva – con il 40% delle aziende che possiede meno di due ettari di oliveto – e la volatilità dei prezzi. Di fronte a una concorrenza sempre più agguerrita da parte di Spagna, Turchia, Tunisia e Grecia, è fondamentale un cambio di strategia per non perdere ulteriori quote di mercato.
La necessità di una strategia nazionale unitaria
Al convegno “Olio di oliva: dalla tradizione al futuro”, organizzato da Confagricoltura e Unapol a Roma, il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti ha sottolineato l’importanza di un’azione politica coordinata: “Se l’impresa è orientata al mercato, serve grande professionalità, altrimenti l’Italia perderà questa partita. I Paesi del Mediterraneo hanno adottato politiche mirate che li hanno portati a crescere esponenzialmente. Non possiamo permetterci di rimanere fermi”.
Il sottosegretario al Masaf, Patrizio La Pietra, ha annunciato la prossima convocazione del Tavolo Olio, con l’obiettivo di creare un’unica interprofessione che coinvolga tutti gli attori della filiera, definendo linee guida operative per rafforzare il settore.
Un oliveto vecchio e poco produttivo
Uno dei principali problemi dell’olivicoltura italiana è l’età avanzata degli impianti: il 61% delle piante ha più di 50 anni e il 49% presenta una densità inferiore a 140 piante per ettaro. Solo l’1,5% degli oliveti supera le 400 piante per ettaro. Questo significa che il comparto ha bisogno di un profondo rinnovamento, con investimenti mirati all’ammodernamento degli impianti e alla diffusione di modelli produttivi più efficienti, come quelli ad alta densità.
Valorizzazione e formazione: il futuro passa dalla conoscenza
Un altro nodo cruciale è la valorizzazione del prodotto. L’olio d’oliva italiano è spesso sottovalutato dai consumatori, che nelle scelte d’acquisto si affidano prevalentemente al prezzo. È necessario investire in formazione, partendo dalle scuole e dalla ristorazione, per far conoscere il valore dell’olio extravergine d’oliva e garantire un giusto riconoscimento economico ai produttori.
Tommaso Loiodice, presidente di Unapol, ha ribadito l’impegno a collaborare con Confagricoltura per affrontare le criticità del settore: “L’eccessiva frammentazione delle aziende e la necessità di garantire un valore equo all’olio italiano sono sfide che richiedono visione e cooperazione. Innovazione e tecnologie sono le chiavi per rilanciare un comparto storico ma bisognoso di rinnovamento”.
Un settore strategico per l’economia italiana
L’olivicoltura non è solo un settore agricolo, ma un asset strategico per l’intero Paese, con impatti su economia, salute, turismo e formazione. È quindi fondamentale che i ministeri coinvolti lavorino in sinergia per adottare politiche efficaci che valorizzino il ruolo dell’olio d’oliva italiano, sia a livello nazionale che internazionale.
Nonostante le sfide, il mercato globale offre ancora opportunità per gli oli d’oliva di qualità. L’Italia ha un know-how unico che deve essere sfruttato al meglio, senza più rimandare le azioni necessarie a rilanciare il settore.