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Lun. Mar 31st, 2025

Nel poemetto settecentesco Il Giorno, Giuseppe Parini descrive il risveglio di un giovane nobile, al quale un premuroso valletto propone la degustazione di bevande esotiche. Adagiato su un soffice letto di piume, il giovane, sopraffatto da un’ipocondria passeggera, sceglie infine la “nettarea bevanda” per risollevare lo spirito: il caffè.

Questa bevanda, oggi tra le più consumate al mondo, ha origini in Etiopia e possiede note proprietà energizzanti. Secondo una leggenda, Maometto, debilitato, riacquistò le forze dopo aver bevuto un infuso nero offertogli dall’Arcangelo Gabriele. Il suo effetto stimolante è dovuto alla caffeina, un alcaloide che, una volta assorbito nel sangue, raggiunge il cervello e limita l’azione di un ormone responsabile della sonnolenza.

Oltre a questa ben nota proprietà, recenti studi hanno evidenziato un’interessante correlazione tra il consumo di caffè e il microbiota intestinale. Una ricerca condotta da un team internazionale di scienziati, guidato dal professor Paolo Manghi dell’Università di Trento e pubblicata sulla rivista Nature, ha monitorato il consumo quotidiano di caffè di oltre 20.000 persone, analizzando il loro DNA fecale.

I ricercatori hanno scoperto che l’assunzione regolare di caffè favorisce lo sviluppo di un particolare microrganismo, il Lawsonibacter asaccharolyticus. Questo batterio, isolato per la prima volta nel 2018 dalle feci di una donna giapponese durante studi sui microbi benefici, è considerato un indicatore di una buona fermentazione intestinale. Favorisce infatti il corretto assorbimento dei nutrienti e produce butirrato, un composto che fornisce energia alle cellule della mucosa intestinale, stimolandone la rigenerazione e inibendo la proliferazione di cellule cancerose. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Microbiology Society.

Per verificare il legame tra caffè e questo batterio, i ricercatori hanno condotto esperimenti in vitro, coltivando il Lawsonibacter asaccharolyticus in presenza di diverse varianti di caffè, incluso quello decaffeinato, preparato con moka o in versione istantanea. In tutti i casi, l’aggiunta della bevanda ha accelerato la crescita del batterio.

Le analisi dal vivo hanno confermato che il Lawsonibacter asaccharolyticus è diffuso nell’intestino delle persone che vivono in Paesi dove il caffè è abitualmente consumato, mentre risulta scarso o assente in coloro che prediligono altre bevande. Questo rafforza l’idea che il microbiota intestinale giochi un ruolo nel metabolismo del caffè e nei suoi effetti sulla salute.

I benefici della bevanda derivano principalmente dai suoi polifenoli, potenti antiossidanti che contrastano i radicali liberi, contribuendo alla prevenzione di malattie cardiovascolari, del cancro e di patologie legate all’invecchiamento. Tuttavia, poiché la crescita del Lawsonibacter asaccharolyticus non è direttamente legata alla caffeina, è importante prestare attenzione a un consumo eccessivo di quest’ultima. La caffeina, infatti, è presente non solo nel caffè, ma anche in bibite energetiche e a base di cola, integratori alimentari, dolci e gelati.

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