Anoressia, bulimia, binge eating. Malattie che in Italia continuano a crescere e colpiscono ragazze e ragazzi sempre più giovani, addirittura bambini minori di 10 anni. Perché? Che ruolo hanno Internet e social nell’epidemia di disturbi del comportamento alimentare (Dca) o meglio di Dna, disturbi della nutrizione e dell’alimentazione? In occasione della Giornata nazionale del fiocchetto lilla che si celebra oggi, 15 marzo, dedica un approfondimento a questo tema ‘Dottore, ma è vero che…?’, il portale anti-fake news della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), con l’aiuto di Laura Dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta fondatrice e direttrice della Rete Dca dell’Umbria.
“Oltre a influire negativamente sulla qualità della vita, i Dna mettono a rischio la salute perché sono collegati a problematiche di tipo medico, fino alla morte”, avvertono gli esperti che fanno una premessa: “I disturbi dell’alimentazione sono legati a fattori di rischio diversi. Sono cioè multifattoriali, con cause da ricercare in ambito biologico, psicologico e socioculturale”. In quest’ultimo capitolo si inseriscono anche i social network. In altre parole, “Instagram e TikTok, per citare i più diffusi tra i giovani, non sono la causa di anoressia, bulimia, binge eating – precisano i medici – ma costituiscono un importante fattore di rischio”.
Un pericolo sempre più insidioso, considerando che “negli ultimi anni, e specialmente dopo la pandemia da Covid-19 e la diffusione della didattica a distanza, è aumentato molto il tempo che gli adolescenti trascorrono utilizzando i dispositivi digitali” e consultando digital media che, in quanto tali, “aumentano la capacità di diffusione di comportamenti e tendenze rischiose”, spiega Dalla Ragione. “Food è la parola più cercata nel web – sottolinea – e non sempre è correlata ad abitudini sane. Aumentano inoltre i fit-influencer che, senza competenze specifiche, propongono modelli irraggiungibili e stili di vita inadatti per gli adolescenti”.
“Un gran numero di ricerche – ricordano i dottori anti-bufale – sta analizzando la correlazione tra l’utilizzo dei social e le scelte e abitudini alimentari, con particolare attenzione ai primi segnali dello sviluppo dei disturbi alimentari. Non sono ancora chiari i meccanismi di influenza, ma è provato che l’uso problematico degli schermi è associato al rischio di aumentare di peso (tramite abbuffate incontrollate, il binge eating), di sviluppare una cattiva percezione del corpo, di un abbassamento dell’autostima”. Questo perché “il tempo trascorso davanti agli schermi digitali, senza il controllo degli adulti, espone i ragazzi a ogni tipo di informazione e a immagini spesso difficili da interpretare. La visione continua di foto e video su tali argomenti, poi, è ‘notata’ dall’algoritmo delle piattaforme che proporrà nuovi post simili, alimentando e amplificando un circolo vizioso dal quale è complicato uscire. Cresce così l’insoddisfazione verso il proprio corpo e si ricorre a regimi alimentari fai-da-te o suggeriti dagli influencer, dunque non da medici, pediatri, nutrizionisti. Il rischio è che un’alimentazione squilibrata, troppo scarsa o troppo abbondante, sfoci in comportamenti pericolosi e complessi da trattare”.
Le dinamiche descritte coinvolgono “soprattutto la popolazione femminile, ma non sono esclusi i giovani maschi. L’età tipica della comparsa di questi disturbi è compresa tra i 12 e i 25 anni”, però “di recente questa soglia si sta abbassando” sempre di più. “Chi si occupa di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione – conferma Dalla Ragione – ha già notato che i Dna colpiscono anche i bambini sotto i 10 anni di età. Sappiamo che passano molte ore al giorno sui social, spesso in full immersion per tutta la notte, indifesi a fronte di una visione continua di immagini e di informazioni su come perdere peso. Del resto, a quell’età, le bambine non conoscono ancora il loro corpo sviluppato e si formeranno un’immagine disfunzionale, spaventata, dei cambiamenti che vivranno”.
Ma ci sono social più pericolosi di altri? “E’ molto difficile dare una risposta – chiariscono i medici – perché i dati sugli accessi, sul tempo e sulle modalità di frequentazione delle piattaforme più popolari non sono pubblici. Per esempio, oggi sono ancora molto limitati gli studi su TikTok, il social più recente, ma di maggior diffusione tra i giovanissimi”.
Ci si può proteggere? E’ possibile difendere i nostri figli? “Gli esperti di adolescenti e Dna, in linea con le principali istituzioni pediatriche internazionali, sono convinti che la prevenzione delle prime manifestazioni sia possibile ed è un compito che spetta alle famiglie e alla scuola”, rispondono i dottori anti-fake. Ma “non si tratta solo di sorvegliare e censurare – precisa Dalla Ragione – Proibire l’accesso al web, sequestrare gli smartphone sono azioni aggirabili. Prevenzione vuol dire essere attenti all’impatto emotivo degli schermi digitali su minori. Nelle scuole, soprattutto – suggerisce la psichiatra – sarebbero necessari percorsi strutturati di alfabetizzazione digitale per studenti e famiglie, perché anche i genitori sono spesso dipendenti dai social”.
“Il primo riferimento – ammoniscono gli esperti ripresi da Adnkronos – è sempre il pediatra o il medico di medicina generale che potranno, se occorre, indirizzare i genitori verso i servizi specializzati in Dna. In Italia esiste una rete di centri per il trattamento e la cura di questi disturbi; sebbene siano tanti, oltre 150, la loro diffusione è però irregolare e molte regioni sono tuttora sprovviste di strutture dedicate. Sulla piattaforma Disturbi alimentari dell’Istituto superiore di sanità, tuttavia, è disponibile un motore di ricerca che indica in tempo reale il centro o l’associazione più vicina e le modalità di contatto”. Chiedere aiuto è il primo passo da compiere per imboccare la strada della guarigione.