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Sab. Apr 12th, 2025

Dal Vinitaly in corso a Verona arriva un messaggio forte e chiaro: è tempo di superare dogmi e pregiudizi sui vini dealcolati, un segmento che offre potenzialità enormi per i produttori e per i soci agricoltori.

Il mercato è in rapida evoluzione e si aprono nuove prospettive, soprattutto verso le fasce più giovani di consumatori e sui mercati esteri come Germania, Stati Uniti, Regno Unito, oltre ai paesi dove l’alcol è vietato per motivi religiosi. I vini senza alcol si stanno rivelando una leva chiave per l’internazionalizzazione e per intercettare nuovi stili di consumo più attenti alla salute e alla moderazione.

Dal Vinitaly 2025 in corso a Verona arriva la conferma: i vini dealcolati costituiscono una enorme opportunità di mercato, specie per l’export. Quella che oggi è una piccolissima nicchia (lo 0,1% del mercato interno), può diventare in breve tempo un mezzo per sostenere in modo importante il reddito dei soci agricoltori, primo e vero obiettivo di ogni struttura cooperativa.

Nascondersi dietro ai purismi non cambierà i dati degli ultimi decenni: il vino vive una fase critica. Anche in Emilia-Romagna, negli ultimi anni, abbiamo visto un calo degli ettari coltivati e del numero di aziende. Per mantenere una prospettiva di crescita, occorre guardare all’estero e alle nuove fasce di consumatori, specie i giovani. L’alternativa è chiudersi in un recinto sempre più piccolo, fatto di vini bianchi – che ormai rappresentano i due terzi del consumo – e consumi elitari.

I dazi americani sono solo l’ultimo di una serie di elementi negativi che nel giro di pochissimo tempo hanno stravolto il quadro in cui operano le aziende. Guerre, costi energetici, inflazione, ridotta capacità di spesa delle famiglie, inasprimento del codice della strada voluto dal governo. Ma c’è anche un cambiamento tangibile negli stili di vita e nei gusti. Si cercano meno calorie, bevande più fresche – anche su questo incide il cambiamento climatico – e contenuti “salutistici”.

Non a caso a Vinitaly 2025 la categoria dei “no-lo” è per la prima volta protagonista nella sezione “mixology”, oltre che in convegni e analisi di mercato.

Il nuovo mercato ha molte facce.  Il consumo di vini “alcol free” nel mondo, vede fare la parte del leone alla Germania, con il 25% del consumo, seguita dagli Usa, con il 22%, e dal Regno Unito, con il 12%. Enormi prospettive ci sono nei Paesi nei quali l’alcol è proibito per motivi religiosi. Il mondo del vino cooperativo – Terre Cevico in prima fila, con i suoi 71 milioni di export – sta lavorando anche su una gamma di vino a 8 gradi, “low alcol”, commercializzato in lattine.

A chi chiede perché, finora, il processo di dealcolazione sia stato svolto in Germania, è facile rispondere: in Italia, la lavorazione è stata autorizzata solo a gennaio, con un apposito decreto. Per mettere in piedi uno stabilimento servono tempo e investimenti ingenti, nell’ordine di 4-5 milioni di euro.

Dubbi sulla sicurezza? Non ce ne sono. La produzione avviene esclusivamente con metodi rigidi, controllati e riconosciuti dall’Unione Europea. È vietato aggiungere zucchero, aromi e acqua. È consentito recuperare e riutilizzare gli aromi naturali persi durante il processo, purchè in un circuito chiuso.

Per la prima volta le aziende italiane hanno finalmente la possibilità di sperimentare direttamente.

Non guardiamo a questo nuovo segmento con diffidenza, bensì con la volontà di conquistare queste fette di mercato.

Senza dogmi o dannosi pregiudizi.

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