Estratto dell’articolo di Roberto Pavanello per “La Stampa”
Alessandro Borghese è da anni per Sky una macchina d’ascolti. Non tutti i suoi programmi hanno centrato l’obiettivo, ma quelli che lo hanno fatto sono diventati veri e propri asset: su tutti l’ormai mitico 4 Ristoranti, che domenica 17 dicembre torna con la nuova stagione su Sky e in streaming su Now. Questa volta lo chef imprenditore ha messo alla prova un drappello di ristoratori dell’Oltrepò Pavese, di Ravenna, della Sardegna, di Gorizia, Lucca, Milano e Mantova, con due puntate anche in terra straniera: in Costa Azzurra e a Lisbona.
Borghese, come si comportano i cuochi italiani fuori dal nostro Paese?
«Noi italiani fuori dall’Italia diamo il meglio perché siamo coesi. I ristoratori si conoscono tra di loro e sono sempre pronti a darsi una mano, tutto il contrario che nel nostro Paese. All’estero l’italiano è patriota».
Come mai 4 Ristoranti non stanca il pubblico?
«Perché è uno specchietto sulla nostra quotidianità ed è educativo sul piano turistico: io cerco di andare anche in località meno battute. E poi il cibo ci unisce tutti, siamo l’unica popolazione che a pranzo chiede che si mangia la sera. È un programma che puoi vedere più volte e piace ai bambini. Ormai mi fermano più bimbi che adulti: danno i voti a mamma e papà… Nemmeno noi ci stanchiamo di farlo».
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La scorsa è stata un’estate di scontrini contestati e ci sono state inchieste sugli alti prezzi del turismo in Italia. Che idea si è fatto?
«Noi non abbiamo il senso della fidelizzazione, dobbiamo spennare il cliente quando arriva e se poi non torna chi se ne importa. Se ti porto un piattino in più perché devi dividere la pasta con tua mamma, con il bambino, non posso fartelo pagare. Certo che se al mio ristorante si siedono in quattro e ordinano una cacio e pepe e una bottiglia d’acqua, ci vado a parlare io. C’è un limite. Ora anche io ho deciso di virare sui menù degustazione».
Le piace il ministero del Made in Italy?
«Sono stato a cucinare a Washington per il governo perché stiamo cercando di far diventare la cucina italiana patrimonio dell’Unesco, c’è quella messicana e non la nostra, mi sembra ridicolo. Guardate i francesi come si sanno tutelare bene, noi non sappiamo fare squadra. Ci sono catene di ristoranti in tutto il mondo con chef tipo Gordon Ramsey, nominatemi il nome di un cuoco italiano che ha una catena rinomata nel mondo: zero. Jamie Oliver è diventato il guru della cucina italiana e manco sa cucinare».
Esiste una differenza in cucina tra donne e uomini?
«La donna è più sensibile e lavora tanto e bene. Quando mi dicono che ho una mano femminile in cucina sono molto contento. Io ho tantissime quote rosa nei miei ristoranti, sono più ordinate e metodiche. L’ambiente troppo testosteronico non piace, metto tante donne in cucina perché creano un ambiente più sereno e gli uomini sono meno str…i».
Lei ha due figlie, Arizona di 11 anni e Alexandra di 8, è preoccupato del mondo in cui stanno crescendo?
«Per un padre di femmine è un periodo di grandi riflessioni. Guardo al futuro con un piccolo di preoccupazione per quando diventeranno adolescenti. Penso che tanti dei problemi nella nostra società nascano dall’educazione in famiglia. Mi interrogo su questo mondo in cui tanta centralità hanno i social e rifletto su come ero io da giovane. Vedo nei ragazzi una fragilità nei confronti della vita, del rifiuto. Con mia moglie ci chiediamo tutti i giorni qual è la strada da percorrere. I miei hanno fatto degli errori con me e noi li faremo con le nostre figlie».