“Filiera Italia in 5 anni ha raggiunto obiettivi molto al di sopra delle previsioni, all’inizio è partita con 10 aziende importanti della trasformazione, oggi le aziende direttamente associate sono 110 per un valore complessivo di fatturato agroalimentare di oltre 70 miliardi di euro”.
A fare un bilancio dell’attività di Filiera, nata da una costola di Coldiretti che annovera oltre cento imprese dell’industria agroalimentare italiana simbolo del Made in Italy e le principali catene distributive, è l’amministratore delegato Luigi Scordamaglia conversando con l’Adnkronos a pochi giorni dal cda che ha ammesso nuove imprese e dunque ha ampliato la rappresentanza con alcuni marchi importanti come Crai, le principali imprese della logistica come Bartolini e il gruppo Samag, Ponti (aceto), gruppo Martini ed altri.
“Filiera associa aziende che cercano sinergie economiche, di investimenti sociali e ambientali perché condividono la visione di chi pensa che la competitività si possa avere solo consolidando e rendendo competitiva l’intera filiera soprattutto in un contesto globale come quello attuale” spiega Scordamaglia che precisa come tra queste 110 aziende ci sono anche partner strategici come Eni, Enel e Intesa Sanpaolo che hanno capito che attraverso sviluppi di progetti trasversali sulla filiera agroalimentare si crea valore al Paese.
L’obiettivo nei 5 anni “e ci siamo riusciti” era arrivare in Italia a fare rappresentanza economica, con contratti di filiera ma anche politica negli appuntamenti nazionali ed internazionali di riferimento. Ma non solo argomenta il manager “ha lo scopo principale di promuovere e difendere nel mondo dal falso e dall’Italian sounding i prodotti appartenenti al modello agroalimentare italiano quale sistema unico e integrato, sostenibile e ad alto contenuto di efficienza ed innovazione”. “I prossimi 2 anni saranno dedicati a realizzare obiettivi analoghi a Bruxelles, perché tutto il baricentro si è spostato lì e abbiamo visto come sia efficace muoversi con tutte le altre filiere europee. Proprio in Europa è in atto un ripensamento della rappresentanza – spiega il numero uno di Filiera Italia – perché il sistema che vedeva da un lato Copa Cogeca e dall’altro Food and Drink Europe oggi di fatto in mano solo a tre multinazionali quali Unilever, Nestlè, Pepsi non può funzionare, non possono essere loro a decidere il futuro dell’agricoltura, della Pac o dell’agricoltura rigenerativa, o addirittura di come deve essere costruito il reddito degli agricoltori”.
“Noi andiamo come filiera in Europa perché vogliamo la centralità della produzione agricola che si muova alla pari e non sia sottoposta alle grandi multinazionali e lo faremo attraverso ‘Eat Europe’, ‘Farm Europe’, insomma una serie di strumenti che abbiamo creato a Bruxelles”. Del resto proprio a livello europeo ora si attiveranno le prossime sfide a cominciare dal packaging il cui Trilogo inizierà nella seconda metà di gennaio. Ed inoltre, “abbiamo la sfida della direttiva sul Ripristino della Natura che vede nell’agricoltura il nemico Numero uno, e quella che ottusamente i belgi hanno tirato fuori per la Presidenza di gennaio sul ritorno della loro proposta del Nutriscore.
Quindi, Filiera Italia si prepara a seguire una duplice strategia a Bruxelles, da un lato fare alleanze con tutti i Paesi che hanno la nostra stessa visione innovativa con ‘Eat Europe’ e dall’altra, mettere insieme tutte le forze italiane, non solo della cooperazione, della distribuzione, ecc, ma anche i sindacati con i quali, come è già stato sul packaging in Parlamento Ue vogliamo continuare a fare battaglie che hanno ricadute su tutti”.