Il turismo enogastronomico sta per affrontare il punto di svolta dell’intelligenza artificiale generativa che avrà, in un futuro più o meno immediato, applicazioni notevoli non solo da parte delle aziende che operano in quest’ambito per le finalità interne, come quelle legate al marketing e al proprio gestionale, ma anche nell’esperienza offerta ai turisti. Ad affermarlo è Roberta Garibaldi, docente di Tourism Management all’Università di Bergamo e presidente dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, analizzando i dati di una ricerca dalla quale emergono le stesse aspettative dei viaggiatori del Belpaese.
Intelligenza Artificiale e turismo enogastronomico: la ricerca
Nonostante il grande dibattito in corso, l’utilizzo dell’AI generativa è ancora contenuto. Il 10,1% fa già uso di chatbot basati sull’intelligenza artificiale per richiedere assistenza e/o informazioni su prodotti e servizi di varia natura, il 9,1% per quelli prettamente turistici; naturalmente la percentuale più alta riguarda i giovanissimi (18,4% e 12% nella fascia di età 18-24 anni) mentre a livello geografico è il Sud Italia con le isole a far da traino (con l’11,4% e l’11,5%) e il fanalino di coda, fatto abbastanza sorprendente, è il Nord Ovest (l’8,3% e 7,4%).
Quanto alle aspettative, le più alte sono legate al contributo dell’AI per l’ottimizzazione dei percorsi durante i propri viaggi e in particolare per la riduzione dell’impatto ambientale (35,9%, picco al Sud con quasi il 40% delle risposte affermative) e all’individuazione tramite chatbot delle esperienze turistiche enogastronomiche più sostenibili (34,5%). Al terzo posto troviamo l’uso finalizzato alla semplificazione delle prenotazioni (32,7%) e a seguire tutto il tema, tra i più interessanti da sviluppare con il ricorso all’AI generativa, della personalizzazione delle esperienze.
Ed è interessante analizzare il giudizio, da parte del turista intervistato, sul rapporto costi/benefici a livello sociale dell’AI. La maggioranza è convinta che gli sviluppi e le applicazioni nascondano più rischi che reali vantaggi per le persone: ad affermarlo è quasi la metà del campione, 47,9%, e la percentuale più elevata – anche in questo caso era piuttosto prevedibile – riguarda gli over 35 anni, mentre nella fascia 18-24 anni scende al di sotto del 37%. Un 30,5% delle risposte è invece orientato verso la neutralità, e solo il 21,5% è in totale disaccordo rispetto al fatto che gli svantaggi possano superare i vantaggi. L’aspetto che più preoccupa è la possibile disumanizzazione che può derivare dal ricorso massiccio all’AI e a seguire c’è l’aspetto del taglio dei posti di lavoro; tuttavia, il fatto che al terzo posto ci sia il “non mi fido” lascia presumere che questo scetticismo o contrarietà sia destinato a rientrare almeno parzialmente a breve o medio termine. A favore dell’AI, nella visione del turista, giocano la velocizzazione dei processi e in generale il concetto di progresso e innovazione.
“Dal lato dell’offerta, il turismo enogastronomico vive – come nella gran parte delle imprese turistiche – questi cambiamenti con curiosità, ma anche con paura, spesso legata al fatto che non si conoscono le potenzialità e gli strumenti”, afferma Roberta Garibaldi. “Tipicamente, nel mondo agroalimentare la digitalizzazione è più bassa, e questo scoraggia l’approfondimento degli strumenti. In più, essendo un settore fortemente legato al territorio, alle immersioni sensoriali e alle relazioni, la tecnologia viene vista come un’antagonista che in qualche modo limita questo tipo di esperienza e riduce il valore. La curiosità è dovuta al fatto che gli strumenti, diversamente dal passato, sono ora accessibili e alla portata di tutti e c’è una forte spinta del mercato. Chiaramente sono necessarie la conoscenza degli strumenti, l’esperienza e la conoscenza profonda del proprio lavoro e la creatività per capire da dove iniziare e come usare al meglio delle loro potenzialità questi stessi strumenti”.
Oggi gli ambiti di applicazione dell’AI generativa sono sempre più numerosi. Pensiamo, ad esempio, all’agricoltura di precisione, dove questa tecnologia supporta il processo di acquisizione dati necessario per prendere decisioni finalizzate ad un’ottimizzazione delle produzioni e alla riduzione dell’impatto ambientale. Nel mondo dell’ospitalità, l’AI viene già largamente utilizzata nei reparti di marketing, comunicazione, sales per la creazione dei contenuti, per trovare idee per il proprio piano editoriale, per fare bozze di menù o listini, save the date di eventi, con possibilità di notevole incremento per la gestione della reputazione e delle vendite.
Nuovi spazi si apriranno nella gestione delle relazioni con il cliente finale e le imprese. C’è un grande potenziale inesplorato per tutto ciò che riguarda la customer relations – specialmente comunicazione digitale multilingua ed assistenza clienti. Questo vale per le esperienze prenotabili, per la personalizzazione, per la prenotazione di degustazioni ed esperienze. La prospettiva è quella di arrivare all’impiego di chatbot, avatar, sommelier virtuali o robot camerieri, con alcuni casi già applicati nelle aziende del food & beverage. In ambito B2B, l’AI andrà a potenziare gli strumenti di marketing intelligence, dando la possibilità di interrogare i dati in modo dialogato e gestire i differenti strumenti di comunicazione e vendita in modo più efficace.
“Questo processo, se ben governato, ci permetterà in futuro di comprendere quali sono gli spazi di utilizzo dell’AI e quali sono le caratteristiche distintive, uniche e irriproducibili della risorsa umana, che rimarrà comunque centrale. Ciò, tuttavia, richiede molta conoscenza degli strumenti e una strategia per capire cosa proporre e come misurare le performance. Da qui cambiano anche le skills richieste dalla professione: l’hospitality manager diventa anche trainer di un assistente AI”, conclude Roberta Garibaldi.