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Mer. Ago 14th, 2024

È una nuova tendenza mondiale e Bologna ne fa parte, ma non è proprio un bel primato. Lo sanno i bolognesi, che sono diventati insofferenti come i veneziani, e lo scrive il New York Times in questi giorni, trattando il tema del cosiddetto ‘overtourism’, ovvero del “sovraffollamento turistico” e definendo la nostra città “a tourist hell”, un “inferno turistico”. Che segue la tradizione di alcune città italiane, Venezia, Firenze e Milano in testa (Roma dopo tutto è più grande) e di quelle europee come Barcellona, Amsterdam, Parigi.

C’è anche una intensa letteratura sul concetto di ‘overtourism’, che sostanzialmente descrive destinazioni in cui “host o ospiti, gente del posto o visitatori, ritengono che ci siano troppi visitatori e che la qualità della vita nella zona o la qualità dell’esperienza sia peggiorata in modo inaccettabile”.

È l’opposto del turismo responsabile “che consiste nell’usare il turismo per creare posti migliori in cui vivere e posti migliori da visitare”. Ed è incredibile – scrive Ilrestodelcarlino – che Bologna ci sia cascata dentro, pare voler sottolineare la giornalista Ilaria Maria Sala, che per il New York Times ha ripercorso in punta di penna, con un affresco davvero efficace dedicato in particolar modo alla mortadella, la metamorfosi accaduta all’ombra delle Due Torri negli ultimi dieci anni.

Basta dare un’occhiata all’illustrazione di Ismael Picardi che correda l’articolo, per capire come i bolognesi vedono ormai il loro centro: del resto anche Sala vive a Bologna ed è per questo che ha una memoria di cosa fosse prima del cambio di rotta e di economia, prima dell’avvento della ‘City of Food’ e delle relative facilitazioni turistiche, la sua Bologna. Che in inglese, ahinoi, sta a indicare in tutto il mondo proprio la mortadella.

Nomen omen, è proprio il caso di dire. “Le compagnie aeree low cost, i noleggi a breve termine e i social media hanno cambiato tutto – scrive la giornalista –. In questi giorni Bologna è sulla buona strada per diventare città turistica in piena regola”, nel senso di una di quelle principali da evitare. “Alcuni degli effetti di ciò sono stati tipici – prosegue – come i proprietari immobiliari che hanno convertito gli appartamenti in affitti a breve termine, che hanno aumentato i canoni e inviato gli studenti più lontano dall’università e nelle città più piccole della periferia. Ma un risultato è stato molto particolare per Bologna: il consumo di quantità di mortadella. Sconvolgente, da fermare il cuore”.

Tutto questo, tra le stradine del centro storico prese d’assalto da tavolini e grupponi di turisti (anche la visita turistica ha subito una metamorfosi, da una decina di persone condotte da una guida ad almeno una trentina, come si può ben osservare in questi giorni tra piazza Maggiore e il Pavaglione), lo si sa bene e lo si è anche benedetto all’inizio. I bolognesi, tutto sommato, si sono chiesti spesso, negli ultimi trent’anni, perché qui non si vedevano tutti i turisti che c’erano altrove, nonostante le bellezze della Dotta.

Poi è successo ed è iniziata la malinconia. “Il centro è cambiato completamente – afferma Sala -. Nelle strade attorno alla storica piazza principale c’erano molte vecchie cartolerie: una delle preferite vendeva penne stilografiche, inchiostri di ogni colore e tutti i quaderni rilegati a mano che si possano sognare. Era lì da quando ricordo, ma recentemente è stato trasformato in una “Antica macelleria di salumi”.

Morale, conclude l’articolo del New York Times , la città che dal XIII secolo è conosciuta come ‘La Dotta’, ‘La Turrita’ e ‘La Grassa’ sembra aver fatto piazza pulita delle sue prime due caratteristiche: “Per secoli ‘La Dotta, ‘La Turrita’ e ‘La Grassa’ erano in perfetta armonia – scrive il quotidiano –. Ora gli studenti sono stati sradicati (dal centro; ndr) e la torre (Garisenda; ndr) ha seri problemi. ‘La Grassa’ regna sovrana”.

Sindaco Lepore: “Sul New York Times un insulto. Bologna dipinta come un mangificio di mortadella”

Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, non ci sta e – sempre sul resto del Carlino – ha risposto per le rime con una lettera: “Di solito evito di replicare ai luoghi comuni su Bologna, ma questa volta non posso esimermi giacché a parlarne è il giornale più letto al mondo, il New York Times. L’articolo è a firma di tale Maria Sala, una giornalista che afferma di essere nata sotto le due torri, ma vive all’estero e scrive da Hong Kong. Come Sindaco voglio esprimere la mia più forte indignazione nei confronti di chi insulta la nostra città dipingendola come un mangificio di mortadella e anche per questo ho deciso di scrivere direttamente al prestigioso giornale americano evidenziando il danno di immagine prodotto nei nostri confronti”.

“L’articolo è un ‘guest essay’”
“In verità, l’articolo è un ‘guest essay’, quindi non rappresenta editorialmente le opinioni del New York Times – continua Lepore – e questa giornalista non lavora per il New York Times. Sono pezzi ospitati dalla testata per presentare una ‘diversità di opinioni’ che magari contraddice quella editoriale. Ogni anno, lo stesso giornale pubblica un numero sempre maggiore di propri articoli che al contrario elogiano Bologna e l’Emilia-Romagna, proprio per la loro bellezza e accoglienza. I visitatori internazionali, specie gli americani, sono innamorati di noi e questo è un fatto”.

 Ilaria Maria Sala: “Lepore indignato per il mio articolo sul New York Times? Screditarmi così non è una buona idea”

L’articolo pubblicato dal New York Times sugli effetti negativi del turismo a Bologna sta facendo discutere. Il sindaco Matteo Lepore ha parlato di ‘danno di immagine per Bologna e ha difeso l’operato dell’amministrazione sugli affitti brevi e sulla ristorazione, dato che l’autrice dell’articolo, la bolognese Ilaria Maria Sala, aveva scritto che in città si pensa solo a vendere mortadella ai turisti. Arriva la lettera di risposta della giornalista, pubblicata sul Corriere di Bologna: “Nel mio articolo non ho chiamato in causa Palazzo d’Accursio – scrive Sala – ma visto che lei, sindaco, si sente chiamato in causa direttamente, mi lasci cogliere l’occasione per farle una domanda: che cosa fa l’amministrazione di Bologna per governare l’overtourism? E’ davvero lamentevole che il rappresentante di una carica istituzionale prestigiosa come la sua voglia scrivere una lettera piccata, frettolosa e incapace di affrontare gli argomenti di cui ho scritto – aggiunge Sala – Ancora più lamentevole è voler far finta di non vedere quanto il centro città sia svilito dall’essere stato tramutato in quello che è oggi, o di sorvolare su quanto difficile sia trovare alloggio in città per chi è studente, o per chi lavora a redditi bassi, ritrovandosi a condividere casa in situazioni lontane dall’ideale. Conto sul fatto che lei conosca la storia della luna e del dito che la indica. Lei non risponde in merito al mio pezzo e scredita anche il valore del mio scritto”, scrive Ilaria Maria Sala.

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