Il turismo del vino italiano è gestito dalle donne e si diversifica nelle varie parti d’Italia sia nei servizi offerti che nel tipo di clientela. È soprattutto nel Centro-Sud che si cerca con creatività di diversificare le tipologie d’offerta mentre nel Nord Ovest c’è un turismo più ricco e di stranieri, ma solo il 18% dei visitatori spende più di 100 euro. Per le piccole e medie imprese l’attività enoturistica è fondamentale e pesa per il 14% e il 12% sul fatturato totale.
Il Covid ha segnato una forte battuta d’arresto, ma per la maggioranza dei sindaci dei territori enoturistici italiani la situazione pre-pandemica è alle porte. L’idea generale è che torneremo presto ai grandi numeri del 2019 (erano 14 milioni le visite, 2,5 miliardi di euro il giro d’affari; fonte XVII Rapporto Città del Vino) e questo risultato, secondo il 57% dei sindaci delle Città del Vino, si realizzerà a livello nazionale entro il 2022; per i più “pessimisti”, invece, dovremo attendere il 2023.
Nel frattempo il turismo del vino è stato costretto a riposizionarsi, ma appropriandosi di nuovi valori e stili, orientato sempre più verso gli spazi aperti, la comunicazione in social network, la formula di esperienza a tutto tondo: la cantina, il vino, l’ambiente, il paesaggio, il borgo, la piazza, la ristorazione, l’offerta culturale e di tempo libero. In una parola: il territorio.
Queste le principali novità scaturite dalla nuova indagine dell’Osservatorio nazionale “Città del Vino”, presentato oggi a Vinitaly e promosso da Città del Vino, da Associazione Nazionale Le Donne del Vino e Associazione La Puglia in Più. A intervenire nello Spazio Mipaaf, il ministro per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Stefano Patuanelli; Donatella Cinelli Colombini, presidente dell’Associazione Donne del Vino; il Senatore Dario Stéfano, primo a legiferare sull’accoglienza turistica in cantina, e Angelo Radica, presidente dell’Associazione Nazionale Città del Vino, nonché sindaco di Tollo (Chieti). Ha moderato la giornalista Lara Loreti, IlGusto (La Repubblica, La Stampa).
Il questionario e l’analisi sono stati curati da Nomisma – Wine Monitor, maggior centro di ricerca italiano sul wine business, sotto la guida di Denis Pantini. Le rilevazioni sono state effettuate tra fine gennaio e febbraio 2022 su 92 Comuni italiani e 150 aziende con metodo Cawi. Vediamo nel dettaglio i punti salienti.
L’ENOTURISMO VISTO DALLE CITTÀ DEL VINO
Secondo i Comuni la pandemia ha determinato performance peggiori (35%) e decisamente peggiori (30%) rispetto al 2019, ma per 6 Comuni su 10 il turismo del vino tornerà presto a una situazione pre-pandemia, percepita come temporanea. E per oltre la metà (57%) questo avverrà nel 2022; per il 29% invece bisognerà attendere il 2023. Questa la visione per il proprio Comune, in ambito nazionale invece le proiezioni degli intervistati sono meno ottimistiche: 49% contro 33%. Per i sindaci delle Città del Vino è strategico avere un piano di promozione e comunicazione (91% delle risposte), fondi a sostegno dei Comuni (86%) e delle aziende vitivinicole (84%), fino ad arrivare a incentivi fiscali per l’enoturista (62%); un modo intelligente e nuovo, questo, per sostenere un fenomeno che può dare ancora tanto al Paese, ai territori, all’impresa e al lavoro.
CHI È IL NUOVO ENOTURISTA?
Il nuovo enoturismo è decisamente esperienziale, abbinando il vino alle altre risorse del territorio (79%), è digitalizzato (77%), predilige l’aria aperta (73%), ma è di breve durata (71%) e di prossimità (67%); però anche molto internazionale (66%), aperto alle generazioni (59%) e sempre più al femminile (57%). Il nuovo enoturista è un giovane sotto i 35 anni (60%), con un livello di istruzione inequivocabilmente alto (95%), anche per il reddito superiore (84%). E ancora: in prevalenza un cittadino (75%) che fa vacanze enoturistiche di breve durata (71%) e di prossimità (67%). È tuttavia un turismo del vino più di breve che di lunga durata, più di prossimità che di largo raggio, ancora molto internazionale ma sempre più apprezzato dagli italiani, aperto e trasversale alle generazioni. Un turismo del vino per tutte le età – dai giovani in su – e soprattutto sempre più al femminile, nella domanda come nell’offerta.
I TERRITORI TOP FIVE IN ITALIA
I territori top five sono nell’ordine: Toscana, Piemonte, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Guidano la classifica del sud, al sesto e settimo posto, la Sicilia e la Puglia. Invece i principali fattori di attrattività sono di contesto: la cultura e l’arte, il paesaggio, a seguire la qualità e la notorietà dei vini, la capacità di accogliere gli stranieri e la varietà dei territori.
FORMAZIONE, VARIETÀ DELL’OFFERTA, SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
Invece nella relazione con la filiera sono ritenute molto utili la formazione del personale, i corsi di accoglienza e degustazione, ma anche i servizi commerciali e di marketing per lo sviluppo dell’enoturismo, i corsi di lingue straniere e sulle competenze digitali. Sulla governance i punti di forza espressi dalle Città del Vino sono: la varietà di vitigni e vini (97%), i paesaggi e la bellezza dei territori (96%), la varietà e la qualità gastronomica (95%) e i contesti storico-artistici (90%). Sono da migliorare, tuttavia, la formazione del personale enoturistico in ambito informatico (92%), l’organizzazione dei servizi turistici (85%), la capacità di accogliere gli enoturisti stranieri (77%).
Per i sindaci delle Città del Vino i fattori chiave per il rilancio enoturistico nel 2022 sono la gestione della sostenibilità ambientale, economica e sociale (93%), la tutela del paesaggio rurale (91%), l’accessibilità dei territori – strade, parcheggi, servizi per disabili – (89%), la connettività capillare a banda larga (80%) e la pianificazione territoriale e urbanistica (75%); che sono poi i settori di maggior impegno delle Città del Vino per migliorare la loro attrattività.
LE DONNE E IL TURISMO DEL VINO
La presenza delle donne nelle imprese del vino si concentra nel marketing e comunicazione dove sono l’80% degli addetti, nell’enoturismo e nelle altre attività turistiche dove sono rispettivamente il 76-75% degli occupati. Prevalgono leggermente anche nel commerciale (51%) mentre nel vigneto e in cantina la loro quota crolla al 14%. Possiamo dire quindi che il gentil sesso trasforma il vino tricolore in euro. Nella fase post Covid le donne crescono anche fra i visitatori delle cantine benché non come i millennials che hanno fatto un autentico boom. La maggior presenza di enoturisti donne ha determinato persino la nascita di proposte ad hoc che sono concentrate a Sud (58%) e nelle grandi cantine (77%).
NON ESISTE UN ENOTURISMO ITALIANO MA MOLTI MODELLI DI ENOTURISMO
Attualmente la wine hospitality si concretizza, nel 99% dei casi, dalla degustazione a cui si associano la vendita diretta (96%) e la visita guidata degli impianti produttivi (94%).
Fra le cantine, c’è una percentuale del 33-40% che offre anche pasti, pernottamenti o altre attività di tipo agrituristico, anche organizzate in soggiorni a tema. Meno del 20% del totale ha cercato di organizzare qualcosa di davvero particolare come un corso di cucina oppure una esperienza di vendemmia. Le più restie a implementare l’offerta enoturistica “basic” con elementi accessori sono le cantine del Nord Ovest mentre le più strutturate sono nel centro Italia dove la visita con assaggio è spesso arricchita dall’offerta di prodotti tipici, trekking, escursioni ai centri d’arte nei dintorni, corsi di cucina e benessere.
A NORD OVEST GLI ENOTURISTI RICCHI E STRANIERI, AL SUD LE ESPERIENZE ENOTURISTICHE PREMIUM
La forbice fra aree d’Italia dove l’accoglienza in cantina è più diversificata e quelle dove si esprime su modelli ripetitivi, anche se forse con standard eccellenti, rischia di aggravarsi nel futuro. Infatti nel Nord si registra una scarsa propensione a uscire dallo schema visita + assaggio e vendita (42% nel Nord Est e 47% nel Nord Ovest) mentre il 62% delle cantine del Sud progetta di aumentare il numero delle esperienze che offre. Nel 77% delle grandi cantine vengono organizzate attività ad hoc per i turisti stranieri, circostanza prevedibile vista la loro maggiore presenza nei mercati esteri. La maggior presenza di turisti stranieri la scopriamo nel Nord Ovest (45%) o nel Sud e isole (29%); al centro dominano gli italiani di altre regioni (45%) e al Sud l’enoturismo è più regionale (32%). Le top 5 nazionalità per il turismo straniero vede la Germania prima, seguita da Svizzera, Paesi Bassi, Belgio e Austria. Pesa, su questo risultato, la crisi del turismo statunitense in Toscana, circostanza che ha privato la regione capofila del turismo del vino italiano, della sua tradizionale clientela alto spendente. Questo spiega anche perché l’analisi del valore medio degli scontrini delle cantine veda in testa il “Piemonte e dintorni” e il centro Italia solo in seconda posizione seguito dal Nord Est.
SOLO IL 18% DEI VISITATORI SPENDE IN CANTINA OLTRE 100 EURO
Va comunque detto che l’acquisto medio degli enoturisti è nella fascia 50-100 euro e solo il 18% dei visitatori spende più di 100 euro. Tenendo presente questa circostanza risulta sorprendente come le esperienze “premium” a prezzo più alto, che costituiscono la vera novità post covid, siano maggiormente presenti fra le offerte del centro e del Sud Italia (42%) invece che nel Nord Ovest (24%). Le animazioni enoiche più costose e elaborate vengono organizzate soprattutto delle cantine più grandi (62%) mentre sono poco presenti fra le attività delle piccole imprese (32%).
In linea generale, la segmentazione delle proposte enoturistiche – per prezzo e impegno organizzativo – è costruita dalle imprese del vino in base a logiche diverse: a nord si basa sulla capacità di spesa dei clienti, al centro, più correttamente, sulla motivazione di viaggio. Scelta che mostra un lodevole attitudine “customer oriented”. L’enoturismo appare più destagionalizzato nel Nord Ovest – probabilmente anche grazie all’abbinamento con il tartufo mentre scendendo verso Sud sembra più concentrato sui mesi estivi. Comunque solo l’8% delle cantine italiane è aperta tutto l’anno.
«Avere una cabina di regia nazionale è fondamentale e i tempi sono maturi per costituirla e rilanciare con una visione d’insieme il turismo del vino, un settore che può decollare con la fine della pandemia assicurando benessere, lavoro, socialità, qualità della vita e dell’ambiente – dichiara il presidente di Città del Vino, Angelo Radica -. Chiediamo dunque al Ministro di accogliere la nostra richiesta di istituire al più presto una squadra di esperti, uomini e donne, dei settori pubblico e privato, scientifico e aziendale, capace di sviluppare al meglio le potenzialità enoturistiche del nostro Paese».
«Raccogliamo l’invito delle Città del Vino al ministro Patuanelli di usare l’indagine come elemento fondante della cabina di regia nazionale dell’enoturismo – dichiara Donatella Cinelli Colombini, presidente delle Donne del Vino – Vorremmo un centro che studi, indirizzi e promuova quello che appare un settore nuovo e performante del business agricolo. Le nostre imprenditrici agricole vogliono far parte di questa squadra per portare idee e valore»
«I dati della presente ricerca ci restituiscono il sempre più evidente protagonismo che l’enoturismo va assumendo anche nel nostro Paese – dice il senatore Dario Stefàno – a cui si associa un’evidenza tanto nuova e interessante data dalla capacità di questa tipologia di turismo di essere una straordinaria leva per la parità di genere in ambito salariale. In modo quasi paradossale, infatti, proprio in quel settore primario da sempre retaggio e appannaggio maschile, il presente studio conferma la crescita della presenza femminile soprattutto nella parte relativa al commercio e alla promozione che porta a significativi risultati in ambito di “gender pay gap”. A valle di questo studio, è sempre più evidente la necessità di continuare ad avere dati come questi al fine di meglio accompagnare il processo di sviluppo di un fenomeno che, nonostante la crisi da Covid 19, è chiamato a crescere, e che giusto nel 2019 vedeva conferito al nostro Paese l’ambito riconoscimento – a livello globale – di meta preferita per gli enoturisti».