“La parola chiave nel settore del vino è qualità, aspetto che si incrocia proprio con gli esiti dell’ultimo rapporto del Censis: la socialità. I giovani vivono il rapporto con il vino non come modalità di evasione, com’era fino a qualche anno fa, ma come strumento per divertirsi e stare bene insieme.Esattamente ciò che gli americani, in generale gli stranieri, invidiano quando da noi: il ‘buon vivere’ che c’è in Italia”. Lo ha detto il ministro del turismo Massimo Garavaglia, intervenendo oggi al Vinitaly alla presentazione del rapporto Enpaia/Censis sui giovani e il vino.
Per vincere la sfida della promozione, ha sottolineato Garavaglia ripreso da Ansa, “servono però qualità ed organizzazione.
Quest’anno, per la prima volta su 6 edizioni, ospitiamo ad Alba l’evento mondiale sull’enoturismo. Questo è il massimo della promozione. Ci hanno dovuto mettere 6 anni quelli di Wto – l’organizzazione mondiale del Turismo – per venire in Italia. Come mai ? Bastava chiedere. Non è che se non lo chiedi gli altri vengono qui”.
E’ stato presentato oggi, in occasione del Vinitaly, il Rapporto Enpaia-Censis sul tema: “Responsabile e di qualità: il rapporto dei Giovanni col vino”. Rapporto i cui punti fondamentali sono il rapporto responsabile e maturo stabilito tra giovani e vino, l’attenzione per la qualità e per il piacere senza eccessi, italianità e sostenibilità come criteri e valori di scelta.
Su Primaonline le highlights del Rapporto Enpaia-Censis “Responsabile e di qualità: il rapporto dei Giovanni col vino
Un’abitudine responsabile consolidata nel tempo
Nel lungo periodo esiste una relativa stabilità della quota di italiani che beve vino: erano il 58% nel
1993, sono il 55,5% nel 2020. Nello stesso arco di tempo la quota di giovani che beve vino è salita dal 48,7% al 53,2%, mentre quella che beve più di mezzo litro al giorno è scesa in picchiata dal 3,9% a meno dell’1%. Tra i
giovani che consumano vino, il 70,9% lo fa raramente, il 10,4% uno o due bicchieri al giorno e il 17,3% solo stagionalmente. I numeri dicono che il consumo di vino è un invariante delle abitudini, componente significativo
della buona dieta guidato dalla ricerca della qualità e dal suo ruolo di moltiplicatore della buona relazionalità. La risultante di tutto ciò è un rapporto responsabile e maturo.
La qualità come stella polare
Il 79,9% dei giovani con età compresa tra 18 e 34 anni afferma che nel rapporto con il vino vale la logica: meglio meno,
ma di qualità. Non solo: il 70,4% di giovani dichiara: “Mi piace bere vino, ma senza eccessi”, che richiama l’idea di un alimento che dà piacere e contribuisce in diverso modo al benessere soggettivo, non di un catalizzatore
sempre e solo di pulsioni di sregolatezza.
I criteri di scelta dei vini buoni
L’italianità come criterio di scelta è richiamato dal 79,3% dei giovani, perché è percepito come garanzia di
qualità. Il riferimento alle certificazioni Dop (85,9%) o Igp (85,2%) mostra come i giovani siano molto attenti al nesso tra vini e territori, cosa che segnala la riscoperta nelle culture del consumo giovanili della tipicità localistica, che
sembrava destinata a sparire. E invece la tipicità locale di saperi e sapori, proiezione anche della biodiversità del nostro territorio, è una bussola importante nelle scelte dei consumatori giovani: il 94,9% di essi dichiara di
acquistare, spesso o di tanto in tanto, prodotti tipici dei territori del nostro Paese. Il marchio del prodotto, invece, conta per il 36,1% dei giovani.
Tracciabile e sostenibile, ok
Alta è la valutazione che i giovani danno della tracciabilità dei prodotti, vino incluso: il 92% dei giovani è pronto a pagare qualche euro in più sul prezzo base per i prodotti di cui riescono a conoscere biografia e connotati. Poi, il 56,8% dei giovani è ben orientato verso vini biologici e apprezza aziende agricole attente alla sostenibilità ambientale.