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Il vino pregiato come bene rifugio. Investire in bottiglie rare per avere buoni rendimenti, nessun tassa sulle plusvalenze e ritorni elevati

Una buona bottiglia di vino. Non solo per una cena speciale, ma anche come investimento. E mentre la finanza tradizionale attraversa tempi difficili e l’inflazione cresce ecco che rispunta la vecchia amata terra, e i suoi prodotti. E allora il vino, che non solo migliora con il tempo (se ben conservato) ma acquista valore. Nuovo bene rifugio, tema non nuovo, ma che si apre sempre di più verso un mercato di neofiti, che nelle bottiglie «preziose» trovano il giusto mix tra passione e investimento. «In passato investire sul vino era associato all’esclusività – ci racconta Edoardo Maria Lamacchia, ceo della startup eWibe -. Ma quello che prima era un mercato per esperti e addetti ai lavori oggi può essere una sfida per tutti». Già, perché quasi nessun prodotto ha performance simili.



Ecco quanto riporta il Corriere.it.

Se guardiamo gli ultimi 30 anni, il vino di alta qualità (parliamo solo di quello, bottiglie oltre i 100 euro con media generale sui 500) – in media – ha fatto registrare crescite del 10% annuo, quasi il 20%, in certi casi, se consideriamo solo gli ultimi anni. «È un ritorno alla fisicità dei beni – spiega Lamacchia -. E non ha limiti e problematiche di altri asset. Ha ritorni elevati. Ha una plusvalenza netta, senza imposte. È un bene tangibile, al contrario di altri prodotti, come le criptovalute ad esempio, ed è un modo per diversificare il proprio portafoglio». Del resto se Warren Buffett consiglia di investire «l’1% della propia ricchezza in vini» qualcosa vorrà dire.

E allora? «Il nuovo valore aggiunto è non solo guardare ai numeri ma usare questa possibilità per esplorare un modello diverso e scoprire un nuovo universo». Conoscere, capire le sfaccettature del settore e del prodotto e poi, anche guadagnarci. Ma non solo. È un mercato che sta crescendo moltissimo e coinvolge sempre più giovani e donne, non solo grandi investitori. Si apre alla scoperta. «C’è anche chi, ad esempio, compra sei bottiglie pregiate, dopo un po’ ne rivende quattro e ne tiene due per lui praticamente gratis. E beve un ottimo vino, che forse prima non si sarebbe permesso. È un po’ il senso della nostra operazione – aggiunge Lamacchia- , un mix tra investimento e passione, che ognuno declina come crede. È, il nostro, un approccio più aperto, che vuole coinvolgere sempre più persone. E cerchiamo di guidare chi ci segue in questo percorso, che ha delle insidie. Innanzi tutto non etutti hanno accesso ad sufficienti informazioni sui vini, poi ci sono i rischi legati alla conservazione e anche alla contraffazione e infine c’è il tema del mercato, per acquistarlo e venderlo». Un tema che eWibe sta affrontando anche grazie al nuovo progetto dell’Osservatorio, che ha l’obiettivo di fotografare con cadenza mensile le principali tendenze da investimento grazie ai nuovi indici eWib (attraverso l’algoritmo che analizza tutte le informazioni relative alle etichette più rappresentative del mercato dei vini da investimento Italia-Francia), a news e insight sul mercato dei vini pregiati.

Poi c’è sempre il mondo dei broker per chi ha esigenze diverse. Con i vini italiani che diventano sempre più forti, rispetto ai tradizionali vini francesi che dominano: un trend costante, grazie anche a maggiori riconoscimenti e con il vantaggio di avere prezzi di accesso più bassi. «Bisogna guardare a vini che hanno una prospettiva – spiega Mattia Tabacco, Head of buying and Rare manager di Oeno group, leader del settore fine wine -, moltissimi italiani “emergenti” ma con grandi potenzialità e buonissimi. E affidarsi a esperti del settore». La dinamica che accompagna questo mercato «in realtà è semplice». Partiamo dal prodotto. «I fine wines hanno la peculiarità di migliorare con il tempo – spiega Tabacco -. E le produzioni sono relativamente limitate. Se li guardiamo nel tempo, arriveremo a un momento, dopo qualche anno, in cui la disponibilità sarà per forza ridotta, quel l vino quindi sarà più raro, ma anche più buono e più costoso». Naturalmente serve capire su quali vini orientarsi, acquistarli a un buon prezzo e conservarli nel modo giusto (per questo molte società forniscono un servizio si stoccaggio in condizioni ottimali).

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«Dopo un certo tempo, in base al mercato, noi proponiamo percorsi per la vendita: all’alta ristorazione, ai collezionisti o ad altri investitori – continua Tabacco -. Non è un obbligo, naturalmente, il proprietario decide cosa fare. Anche di berlo, spesso». Su cosa puntare? «Il vino è un arte. E questo mercato è anche un divertimento, forse come nessun altro. Oltre alle etichette classiche e ai territori noti, si deve puntare molto sulla scoperta. Ci sono ottimi vini, penso a tanti italiani, molto performanti e con grandi potenzialità, anche in termini di investimento. Un lavoro che sta andando molto avanti, con la riscoperta di prodotti e territori. Per questo gli esperti sono fondamentali. Bisogna essere umili e fidarsi di chi fa questo lavoro, come quando si vuol comprare un’opera d’arte».

Qualche consiglio, quindi? «Chi si avvicina a questi investimenti, ha bisogno di avere molte informazioni, di avere i canali di acquisto e vendita, di avere la garanzia sul prodotto e la sicurezza, sia delle transazioni che della gestione, stoccaggio compreso – spiega Federico Foscarin, Senior Portfolio manager di Oeno -. Per questo società come la nostra cercano di coprire tutte queste esigenze. Sul tema della contraffazione, ad esempio, noi abbiamo un’unità antifrode interna che analizza e certifica le bottiglie. Perché questo settore non è esente da truffe». E sulla gestione del portafoglio? «I fine wines sono un modo per diversificare i propri investimenti – aggiunge – . Ogni cliente ha esigenze diverse, ma in generale è meglio puntare su bottiglie diverse, con performance diverse. E non pensare al tutto e ora. Il vino ha bisogno di tempo. È un bene, tangibile, innanzi tutto, ma lento e inesorabile. Serve considerarlo nel medio o lungo periodo». Per tutte le tasche? «Sì, certo. si può partire anche con investimenti ridotti. e poi dipende da cosa si vuole fare. Anche se, se si vuole veramente investire, nella nostra esperienza vediamo che si va oltre i 5.000 euro. Per avere un buon investimento si deve pensare intorno ai 10.000».

E che sia un mondo da esplorare e provare lo conferma anche Roberto Anesi, sommelier , ristoratore e wine writer, miglior sommelier Ais 2017, Master of Wine appena entrato come socio nel gruppoInCellar(la startup di vino da investimento, fondata nel 2021, di Alessandro Pavan, Caterina Boschetti e Massimiliano Zeni): «Il vino è un ottimo investimento – conferma – con grandi prestazioni nel tempo. Un modo per diversificare il proprio portafoglio, e che ha grandi prospettive». Cosa scegliere? «I grandi nomi e i grandi territori, garantiscono sicuramente rendimenti costanti – sottolinea -. Poi si deve guardare anche a vini diversi e territori e mercati che stanno rinascendo, con forti tradizioni, che adesso si ripropongono, in Italia, ma non solo. Ad esempio la Germania. Ed è qui che entrano in gioco gli esperti, a cui affidarsi. Perché conoscono i vini, i mercati e i potenziali. Prima c’erano poche etichette su cui puntare, che sono sempre una garanzia, adesso le aziende sono tante. E si possono tentare cose nuove. Affidandosi a consulenti». Cosa guardare? «Una buona bottiglia può migliorare nel tempo e nel prezzo – aggiunge Anesi – . Può essere un investimento o anche alimentare il pacere del bere bene. Posso, in un breve o medio periodo, rivendere parte del mio investimento per bere molto bene praticamente gratis. È un piacere, ma anche un segnale di quanto sia forte il potenziale del vino. Che ancora non è entrato nel mercato del lusso, ma potrebbe essere a breve un bene come un Rolex o una Ferrari, che si rivaluta in un tempo minimo». Un vino o territorio da considerare con attenzione? «Tutto il mondo delle bollicine, champagne o grandi spumanti italiani. A lungo si è detto che sono vini da consumare subito. Ma non è così. sono vini a tutti gli effetti, che nel tempo possono migliorare, al di là di quanto si pensa. Si devono considerare alcuni aspetti fondamentali: i territori, le annate e l conservazione. Vale per tutti i vini da investimento. Ma le bollicine sono un vero mercato da esplorare e su cui puntare».

Cosa guardare quindi per investire? Cantina e area geografica, recensioni internazionali e trend di prezzo. Ma serve esplorare e puntare, soprattutto se si sta iniziando, su vini meno noti ma con buone prospettive, concordano gli esperti. Un lavoro che spesso non si può fare da soli (anche perché i rischi sono elevati). Gran parte delle piattaforme del settore forniscono per questo consulenze specifiche. Ma le potenzialità sono tante. E comunque, vale sempre la massima di Gianni Agnelli: «Il vino è sempre un ottimo investimento. Male che vada lo bevo».

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TM

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