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Mar. Nov 5th, 2024

Siamo tutti food influencer e food blogger o c’è altro dietro la mania di fotografare quello che ci ritroviamo nel piatto?

Si ordina un piatto al ristorante, arriva finalmente al tavolo ed è così invitante che, prima di assaggiarlo, si decide di scattargli una foto e pubblicarla sul proprio profilo: una tendenza che ormai si verifica sempre più spesso, al punto da essersi trasformata quasi in un rito, e da aver fatto raggiungere all’hashtag #food su Instagram più di trecento milioni di risultati, mentre #foodporn lo segue a ruota con oltre trecento milioni di scatti. E’ quanto scrive Harper Bazaar.

E così, se prima era solo il ramo del food marketing a interessarsene, ora la condivisione online del cibo è diventata globale, popolare, tanto da chiedersi cosa spinga a immortalare le pietanze che si mangiano, quando si è dall’altra parte dello schermo, a guardare foto su foto con l’acquolina in bocca.

Una prima risposta, la più semplice, potrebbe consistere nel fatto che l’atto di mangiare porta con sé un piacere e un’immediatezza facili da veicolare anche online: basta la giusta luce, una combinazione di colori sgargianti e la sensazione che il piatto sia stato appena servito per rendere irresistibile il pasto, anche agli occhi di chi non lo assaggerà dal vivo. Messa ‘in posa’ per natura, ma preparata con ingredienti che per lo più sono reperibili nella vita quotidiana, una specialità culinaria è d’altronde sempre unica nel suo genere, perché cambia l’estro di chi l’ha preparata, proprio come cambiano le sue esperienze e le sue preferenze in fatto di dosi e varianti alternative. Di conseguenza, la pizza margherita – che sbaraglia la concorrenza con le sue sessanta milioni di citazioni su Instagram e ben ventidue miliardi di visualizzazioni su TikTok – avrà sempre qualcosa di diverso rispetto a quella fotografata dai propri contatti, il che la rende ancora più invitante da mostrare a chi ci segue.

Ma non è tutto: già nel 2012 lo studio condotto da Jeannine F. Delwiche, docente presso il dipartimento di Food Science della Ohio State University, ha dimostrato che gli stimoli visuali alterano la percezione del gusto, dell’odore e del sapore, risultando da soli “sufficienti a stimolare il desiderio per quel determinato cibo”, come spiega Il Giornale del Cibo, per via del fatto che i livelli di grelina – l’ormone che regola il nostro senso della fame – si alzano notevolmente anche solo dopo aver dato un’occhiata al piatto di qualcun altro. Negli anni seguenti, il dipartimento di Food marketing della St. Joseph’s University di Philadelphia e della School of Business Administration dell’Università di San Diego hanno poi dimostrato che lo stesso effetto si registra se, anziché trovarci davanti al cibo vero e proprio, si fissa una foto in cui è il protagonista, come accade sui social network.

Ecco spiegato il successo di creme, impasti soffici e salse pronte a sciogliersi di fronte ai propri occhi: certe pietanze si fanno “mangiare con gli occhi” e stimolano la propria immaginazione olfattiva e gustativa, trasformando l’appetito in un’esperienza sinestetica, che interessa ognuno dei cinque sensi. Un’esperienza che non si può riassumere con il mero bisogno di far sapere alla propria cerchia di conoscenze dove ci si trova e cosa si sta facendo, o di vantarsi del ristorante in cui si è scelto di prenotare. A spiegarlo bene è la dottoressa Daniela Bavestrello, che su Starbene.it sottolinea: “Il cibo rappresenta un aspetto del nostro modo di essere: siamo ciò che mangiamo, ma anche ciò che prepariamo. Mentre i nostri selfie spesso sono legati a un bisogno narcisistico, le istantanee del cibo che prepariamo esprimono la nostra creatività. Mostrano agli altri una competenza personale”. E “anche quando si pubblicano piatti cucinati da altri e consumati fuori casa lo si fa solitamente non per cercare un riconoscimento sociale, ma per condividere l’abilità di chi li ha preparati”.

Una moda che quindi, in fondo, non è altro che lo specchio della personalità, e che attraverso un semplice clic dice molto del modo in cui stiamo non solo su internet, ma anche e soprattutto nel mondo.

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